Responsabilita della Pubblica Amministrazione. Danno da ritardo
La giurisprudenza prosegue la propria opera di approfondimento dei problemi connessi al risarcimento del danno da ritardo nell’adozione di un provvedimento amministrativo, di recente espressamente disciplinato dal legislatore. Resta, comunque, aperta la questione della risarcibilità del cd. danno da mero ritardo – ossia in relazione al semplice mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo, e indipendentemente dalla spettanza del provvedimento richiesto – di recente riproposta dalle modifiche alla l. n. 241/1990 e dal Codice del processo amministrativo.
Nel corso del 2011, la giurisprudenza ha seguitato ad approfondire le problematiche connesse al risarcimento del danno determinato dal mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo: la questione, già da tempo oggetto di riflessione giurisprudenziale, è stata oggetto – come è noto – di espressa disciplina legislativa per opera dell’art. 2 bis, introdotto nella l. 7.8.1990, n. 241, dalla «novella » di cui alla l. 18.6.2009, n. 69. Più di recente, è stato anche il Codice del processo amministrativo (d.lgs. 2.7.2010, n. 104) a ricomprendere fra i danni risarcibili il «danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento» (art. 30, co. 4, c.p.a). Malgrado la ricca produzione giurisprudenziale, come si vedrà, resta tuttora aperta la principale questione che, fin dapprincipio, ha animato il dibattito in materia, e cioè quella della risarcibilità o meno del cd. «danno da ritardo mero», ossia del danno connesso alla semplice perdita di tempo e indipendente da ogni valutazione circa la spettanza o meno del provvedimento cui il privato aspirava. Sul tema, la discussione in dottrina e in giurisprudenza è stata riaperta proprio dalle recenti novità normative sopra richiamate, con le quali il legislatore sembra aver aperto al riconoscimento del tempo come «bene della vita» in sé autonomo, suscettibile di autonoma e indennizzabile lesione.
Nella più recente casistica giurisprudenziale, pur con interessanti spunti di riflessione, non è dato ancora rinvenire un’organica costruzione del danno da inosservanza del termine di conclusione del procedimento che sciolga il dubbio se si tratti di una species del danno aquiliano, riconducibile al modello generale ex art. 2043 c.c., o non piuttosto di una figura peculiare frutto di un’innovativa visione normativa dei rapporti tra p.a. e amministrati. In linea generale, fermo restando il rilievo che la posizione soggettiva azionata da chi lamenti l’omissione o il ritardo nell’emanazione di un provvedimento amministrativo a sé favorevole è certamente di interesse legittimo pretensivo (e, pertanto, è tale situazione giuridica a costituire oggetto della lesione di cui in ipotesi si chiede il ristoro), si rinviene in giurisprudenza una singolare compresenza tra l’affermazione che nella specie si tratterebbe di una fattispecie sui generis di natura del tutto specifica e peculiare e la ribadita validità, anche ai fini probatori, dei comuni principi in materia di danno extracontrattuale, con la conseguente necessità di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi e l’esclusione di ogni presunzione sulla base della mera inosservanza del termine procedimentale1. In tal modo, però, da un lato non si chiarisce in cosa consista l’evidenziata «peculiarità», e per altro verso restano irrisolti i principali profili di criticità suscitati dall’inquadramento della responsabilità in discorso nell’alveo dell’illecito aquiliano. Ed invero, da un pur rapido esame della giurisprudenza emerge con evidenza che la tendenza prevalente resta quella a ricondurre la responsabilità della p.a. da inosservanza («dolosa o colposa», come non casualmente recita il legislatore) del termine di conclusione del procedimento amministrativo allo schema dell’illecito extracontrattuale. Ciò è evidente, ad esempio, in una recente pronuncia nella quale, dopo aver ribadito che anche in questo caso occorre che sia provata la sussistenza dell’elemento della colpa dell’amministrazione, si esclude che questo ricorra – secondo i comuni principi in subiecta materia – nel caso in cui il ritardo sia stato causato in modo determinante da un’attività criminosa del funzionario incaricato, tale da far venir meno il nesso di immedesimazione organico tra questo e il soggetto pubblico2. Tuttavia se si ritiene, con la dottrina ormai prevalente, che la modifica normativa del 2009 abbia comportato l’ormai espresso riconoscimento del tempo come «bene della vita» in sé suscettibile di autonoma valutazione e lesione3, ciò non può non avere conseguenze anche sull’inquadramento generale della responsabilità de qua, mettendo forse in crisi l’impostazione tradizionale finora seguita. Il tema è strettamente connesso a quello della risarcibilità del c.d. «danno da mero ritardo», su cui si tornerà al paragrafo seguente. Sul piano processuale, poi, particolarmente interessante è l’opinione talora espressa secondo cui il diritto al risarcimento del danno derivante dal ritardo con il quale l’amministrazione ha provveduto spetta solo ove i soggetti interessati abbiano reagito all’inerzia impugnando il silenzio-rifiuto, solo in caso di persistente inerzia a seguito di tale procedura potendo, infatti, configurarsi la lesione al bene della vita, risarcibile, alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede, nello svolgimento del rapporto qualificato e differenziato tra soggetto pubblico e privato4. Questa impostazione sembra configurare una sorta di parallelismo tra i presupposti per la risarcibilità del danno da ritardo e i presupposti, recentemente richiamati in un’importante pronuncia dell’Adunanza Plenaria5, per la fondatezza in generale della domanda risarcitoria da lesione di interessi legittimi: in tale circostanza – come è noto – l’art. 30, co. 3, c.p.a., laddove impone al giudice di tener conto ai fini dell’individuazione e quantificazione del danno risarcibile anche della condotta del danneggiato, ivi compresa la tempestiva attivazione degli «strumenti di tutela previsti», è stata interpretata come un richiamo a fondamentali canoni di correttezza e buona fede in virtù dei quali non può essere liquidato il danno, pur cagionato dall’illegittimo operato della p.a., che il privato avrebbe però potuto evitare (anche) con un’immediata iniziativa giurisdizionale. Orbene, se è vero che il richiamato art. 30, co. 3, c.p.a. costituisce un principio generale processuale in materia risarcitoria, risulta condivisibile l’indirizzo che attribuisce una qualche rilevanza, ai fini della risarcibilità del danno da ritardo nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, anche all’omesso tempestivo attivarsi dell’interessato con lo speciale rimedio processuale avverso l’inerzia della p.a.
Come si è accennato, all’indomani dell’introduzione dell’art. 2 bis nella l. n. 241/1990, la maggioranza dei commentatori ha ritenuto che il legislatore avesse inteso riconoscere espressamente la risarcibilità del mero interesse «procedimentale» al rispetto da parte della p.a. dei termini stabiliti per l’adozione dei provvedimenti amministrativi. In sostanza, sarebbe stato superato il consolidato orientamento – risalente a una famosa decisione del 2005 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato6 – che ammetteva la risarcibilità del danno da ritardo nei soli casi in cui emergesse, o per effetto della successiva azione dell’amministrazione o anche solo sulla base di un giudizio prognostico ex post, l’effettiva spettanza dell’atto richiesto dall’interessato. In questo modo, sarebbe stata data finalmente risposta al quesito, affacciato in dottrina fin dall’entrata in vigore dell’art. 2, l. n. 241/1990, se i termini massimi di durata del procedimento amministrativo da tale norma disciplinati avessero o meno natura perentoria, e quali fossero le conseguenze della loro inosservanza7. Minoritaria risulta l’opposta opinione, sostenuta anche con l’ausilio di argomenti storico-testuali, secondo cui la nuova disposizione. proprio per il suo carattere anodino rispetto al problema della risarcibilità del «danno da ritardo puro», non sarebbe idonea a indurre un mutamento degli ormai consolidati indirizzi giurisprudenziali in materia8. La questione non è di poco momento, implicando scelte di fondo in ordine alla natura stessa dei rapporti «procedimentali» fra p.a. e amministrati. Infatti, il riconoscimento della risarcibilità del danno «da mero ritardo», costruendo come giuridicamente differenziato e tutelabile in giudizio un interesse a contenuto formale (o procedimentale) legato al mero rispetto delle norme che fissano la durata del procedimento, porta fatalmente a ricondurre detta responsabilità allo schema dell’illecito contrattuale, ovvero a quello del «contatto sociale qualificato», contraddicendo la consolidata elaborazione secondo cui la responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi ha natura extracontrattuale; soluzione peraltro preclusa dalla stessa novella del 2009 laddove, nel precisare il carattere quinquennale della prescrizione del diritto al risarcimento, rivela con tutta evidenza la scelta del legislatore di ricondurre la responsabilità de qua al modello aquiliano9. In linea generale, la giurisprudenza è stata ben più cauta nel valutare la portata «dirompente» delle segnalate novità normative. Infatti, a fronte di alcune sentenze nelle quali si prende apertamente posizione per la tesi secondo cui il legislatore avrebbe ormai definitivamente riconosciuto la risarcibilità del danno da inosservanza del termine di conclusione del procedimento anche laddove non risulti positivamente la spettanza del provvedimento richiesto10, se ne registrano anche parecchie in cui è riaffermata la perdurante validità degli insegnamenti della Plenaria11. Vi sono poi pronunce nelle quali, pur riecheggiandosi le posizioni dottrinarie secondo cui il legislatore avrebbe inteso riconoscere rilevanza al «fattore tempo» quale elemento anche patrimonialmente rilevante dell’azione amministrativa, non si è presa una posizione sul problema centrale della risarcibilità del danno conseguente al mero decorso del tempo12. Sul punto sembra ineludibile un nuovo intervento dell’Adunanza Plenaria, in sede di riesame dei principi a suo tempo enunciati alla luce della normativa sopravvenuta. In realtà, il tentativo giurisprudenziale di coniugare l’idea della risarcibilità di tale ultimo danno con la tradizionale natura extracontrattuale della responsabilità della p.a. è forse comprensibile, ma non sfugge a rilievi critici. Sul piano teorico, vi è stato chi ha rilevato che l’interpretazione «innovatrice» dell’art. 2 bis non comporta affatto in modo automatico l’inquadramento della responsabilità della p.a. per danno da ritardo come responsabilità contrattuale o da inadempimento: al contrario, essa si sposa benissimo con il richiamo all’art. 2043 c.c. in quanto, enucleando il tempo come «bene della vita» ex se meritevole di tutela, viene a delineare l’ipotesi della responsabilità della p.a. per ritardo come danno ingiusto perché non in iure, ovvero determinato a seguito dell’inosservanza dei termini prescritti dalla legge e condizione di legittimità dell’azione amministrativa13. Tuttavia, la costruzione del tempo come autonoma utilitas sembra comportare, come conseguenza, che l’illecito si consumi automaticamente allo spirare del termine nell’inerzia del soggetto pubblico. Ciò implica che il tempo non è in sé e per sé un «bene della vita», ma lo diviene per effetto della scelta del legislatore, espressa attraverso la previsione di termini massimi di durata dei procedimenti amministrativi, di assicurare una tutela alle posizioni dei cittadini implicati dall’azione della p.a.: ciò che equivale a dire che all’amministrazione incombe ex lege un obbligo di concludere il procedimento nei termini, alla cui violazione non può che corrispondere la lesione di una correlativa posizione soggettiva di quei privati, specificamente connessa alla loro posizione all’interno del procedimento. Alla luce di tali rilievi, il tentativo di coniugare la risarcibilità del danno da mero ritardo con il carattere extracontrattuale della responsabilità in oggetto si risolve in una sorta di fictio, che elude, senza risolverli, i segnalati problemi applicativi14. Ed è significativo che tra i fautori dell’ormai intervenuto riconoscimento della risarcibilità del «danno da ritardo puro» sia diffusa l’opinione per cui, sul piano probatorio, vi sarebbe una vera e propria presunzione di colpa in conseguenza della semplice inosservanza del termine procedimentale, sia pure superabile con una prova contraria da parte dell’amministrazione15; un’opinione, peraltro non condivisa neanche dalla più recente e «progressista» giurisprudenza in materia, che è però coerente molto più con un inquadramento della responsabilità in discorso nell’area dell’inadempimento contrattuale (o para-contrattuale), che non con i consolidati principi sulla responsabilità della p.a. ex art. 2043 c.c. da lesione di interesse legittimo.
1 Cfr. Cons.St., sez. IV, 4.5.2011, n. 2675, in Foro amm. – Cons.St., 2011, 5, 1507.
2 Cfr. Cons.St., sez. IV, 2.3.2011, n. 1335, in Vita not., 2011, 1, 334.
3 In tal senso, Caranta, Le controversie risarcitorie, in Caranta, Il nuovo processo amministrativo, Bologna, 2010, 650; Di Nitto, La tutela del tempo nei rapporti tra i privati e le pubbliche amministrazioni, in La legge n. 69/2009 e la pubblica amministrazione, in Giorn. dir. amm., 2009, 1133; Caringella, Ancora una riforma del procedimento amministrativo, in Caringella-Protto, Il nuovo procedimento amministrativo: commento organico alla legge 18 giugno 2009, n. 69, di modifica della L. n. 241/1990, Roma, 2009, 22; Vacca, Ontologia della situazione giuridica soggettiva sottesa all’azione di risarcimento del danno conseguente all’inadempimento da parte della Pubblica Amministrazione dell’obbligo di esercitare il potere amministrativo (alla luce della legge 18 giugno 2009 n. 69), in www.lexitalia.it (luglio-agosto 2009); D’ancona, Il termine di conclusione del procedimento amministrativo nell’ordinamento italiano. Riflessioni alla luce delle novità introdotte dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, in www.giustamm.it (settembre 2009).
4 TAR Lombardia, Milano, sez. I, 12.1.2011, n. 35, in Foro amm. - TAR, 2011, 1, 13.
5 Cfr. Cons.St., A.P. 23.3.2011, n. 3, in Foro amm. – Cons.St., 2011, 3, 826.
6 Cons.St., A.P., 15.9.2005, n. 7, in Resp. civ. prev., 2006, 1636.
7 In tema, cfr. Scoca, Il termine come garanzia nel procedimento amministrativo, in www.giustamm.it (settembre 2005).
8 In tal senso, cfr. Toschei, Obiettivo tempestività e certezza dell’azione, in Guida dir., nr. 27/2009, 49; Greco, La riforma della legge 241/90, con particolare riguardo alla legge 69/2009: in particolare, le novità sui termini di conclusione del procedimento e la nuova disciplina della conferenza dei servizi, in www.giustizia-amministrativa.it (novembre 2009).
9 Cfr. Volpe, Danno da ritardo, natura dell’azione risarcitoria e spunti generali sulla responsabilità civile per lesione dell’interesse legittimo dell’Amministrazione, in www.lexitalia.it (maggio 2009).
10 Cfr. Cons. St., sez. V, 21.3.2011, n. 1739, in Dir. giust., 12 aprile 2011; C.g.a. 4.11.2010, n. 1368, in Foro amm. – Cons.St., 2010, 11, 2499; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 2.5.2011, n. 1111, in Foro amm. - TAR, 2011, 5; TAR Toscana, sez. II, 18.2.2011, n. 341, in Guida dir., 2011, 11, 95.
11 Cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 5.3.2011, n. 309, in Foro amm. - TAR, 2011, 3, 993; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 12.1.2011, n. 35, in Foro amm. - TAR, 2011, 1, 13.
12 Cfr. Cons. St., sez. V, 28.2.2011, n. 1271, in Resp. civ. prev., 2011, 4, 961 ss. (in relazione a fattispecie nella quale, in effetti, il problema non si poneva perché il provvedimento richiesto era stato in fatto emesso a seguito di ricorso giurisdizionale avverso il silenzio-inadempimento dell’amministrazione).
13 Cfr. Zerman, Il risarcimento del danno da ritardo: l’art. 2 bis della legge 241/1990 introdotto dalla legge 69/2009, in www.giustizia-amministrativa.it (luglio 2009).
14 Cfr. Greco, La riforma della legge 241/90, con particolare riguardo alla legge 69/2009: in particolare, le novità sui termini di conclusione del procedimento e la nuova disciplina della conferenza dei servizi, in www.giustiziaamministrativa. it (novembre 2009).
15 Cfr. Quinto, Problemi vecchi e nuovi del risarcimento del danno da ritardo: commento ad una sentenza del Tar Lombardia, in Foro amm. - TAR, 2011, 1, 16 ss.; Caringella, Ancora una riforma del procedimento amministrativo, in Caringella-Protto, Il nuovo procedimento amministrativo: commento organico alla legge 18 giugno 2009, n. 69, di modifica della L. n. 241/1990, Roma, 2009.