Responsabilita patrimoniale e garanzie del credito. Garanzie personali atipiche
Le novità di maggior rilievo nel settore delle garanzie contrattuali del credito traggono origine dall’evoluzione giurisprudenziale nel settore delle garanzie personali atipiche, in particolare da alcuni interventi della Suprema Corte, nei quali viene in vario modo affrontata la questione relativa alla qualificazione giuridica di figure negoziali elaborate dall’autonomia privata. Il tema, evidentemente funzionale alla selezione della disciplina applicabile, si manifesta, in particolare, all’interno di pronunce aventi ad oggetto: le modalità di individuazione dei contratti autonomi di garanzia, la validità delle garanzie rilasciate da società assicuratrici e la natura giuridica delle lettere di patronage.
I recenti interventi giurisprudenziali L’evoluzione giurisprudenziale nel settore delle garanzie contrattuali del credito è caratterizzata da alcuni interventi della Suprema Corte, nei quali viene in vario modo affrontata la questione relativa alla qualificazione giuridica delle garanzie personali atipiche. Il tema, evidentemente funzionale alla selezione della disciplina applicabile, si manifesta, in particolare, all’interno di pronunce aventi ad oggetto: le modalità di individuazione dei contratti autonomi di garanzia, la validità delle garanzie rilasciate da società assicuratrici e la natura giuridica delle lettere di patronage.
Alcune recentissime sentenze della Corte di cassazione intervengono nuovamente sul diverso modo di atteggiarsi dei contratti autonomi di garanzia rispetto alla fideiussione, avendo riguardo per un verso al profilo strettamente funzionale, per altro verso al ruolo esercitato dalle cd. clausole di pagamento. In ordine al primo aspetto viene in evidenza l’affermazione secondo cui il contratto autonomo di garanzia «è volto a trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, dipendente o meno dall’inadempimento del debitore», laddove la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, mira a tutelare «l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale»1. Ne consegue, in tale prospettiva, che l’obbligazione del garante autonomo debba ritenersi «qualitativamente diversa» rispetto all’obbligazione di prestazione del garantito, essendo volta a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. D’altro canto, il tema delle clausole di pagamento viene in considerazione ove si afferma in modo diretto2, o indiretto3, il principio di diritto secondo cui l’inserimento in un contratto di garanzia di una clausola «a semplice richiesta» o «senza eccezioni» vale di per sé a trasformare il negozio in un contratto autonomo di garanzia, essendo incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza la fideiussione. Le soluzioni adottate nelle sentenze in esame si collocano in modo esplicito nell’alveo tracciato da una importante pronuncia resa l’anno precedente dalla Cassazione a Sezioni Unite4, sulla quale, dunque, appare opportuno soffermarsi brevemente anche in questa sede5. L’intervento delle Sezioni Unite, caratterizzato da una motivazione ampia e complessa, trae origine dall’esigenza di dare soluzione a una questione, l’individuazione della natura giuridica della polizza fideiussoria, in passato fonte di contrasto fra le sezioni semplici. La sentenza, ancor prima di indicare i (quattro) motivi di ricorso, individua l’oggetto dell’intervento delle Sezioni Unite, nel definitivo chiarimento dei «tratti differenziali, sul piano morfologico, funzionale e interpretativo, tra le fattispecie della fideiussione e del contratto autonomo di garanzia». In tale contesto particolare rilevanza assume, come emerge dalla giurisprudenza successiva, l’esame della questione dell’idoneità o sufficienza delle clausole di pagamento «a prima domanda» o «senza eccezioni» a trasformare un contratto di fideiussione (pur atipico) in un Garantievertrag. Le numerose pronunce intervenute in questa materia consentono di rilevare un orientamento, prevalente, in base al quale si esclude che il ricorso a clausole di questo tipo possa determinare automaticamente la qualificazione del contratto in termini di garanzia autonoma. In sostanza il carattere autonomo della garanzia dovrebbe essere desunto non già dall’utilizzazione pura e semplice della clausola, bensì dall’interpretazione del testo contrattuale, più precisamente dalla relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e quella di garanzia. Un diverso, minoritario, orientamento attribuisce una sorta di rilevanza automatica alle clausole in esame, nel senso che la presenza di tali previsioni negoziali rende, di per sé, autonoma la garanzia. Le Sezioni Unite, sebbene in un obiter dictum, fanno proprio il secondo indirizzo sulla base di un’auspicata esigenza di prevedibilità ex ante delle decisioni giudiziarie relative alle controversie aventi ad oggetto contratti in vario modo riconducibili alle cd. garanzie autonome. Al termine di questa ampia e variegata ricostruzione degli elementi in vario modo collegati al rapporto fra accessorietà e autonomia delle obbligazioni di garanzia si colloca l’esame della questione specifica sottoposta alle Sezioni Unite, vale a dire il contrasto di giurisprudenza sulla natura giuridica delle polizze fideiussorie prestate a garanzia dell’appaltatore e sulla disciplina ad esse applicabile. Superate le riserve formulate da dottrina e giurisprudenza favorevoli all’equiparazione alla convenzione fideiussoria, il Supremo Collegio aderisce all’orientamento (minoritario) secondo cui la polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore assurge a garanzia atipica assimilabile quoad effecta alle garanzie autonome, con la conseguenza che al garante rimane preclusa la possibilità di invocare il meccanismo, ritenuto tipicamente fideiussorio, previsto dall’art. 1957 c.c.
Alcune recentissime sentenze della Corte di cassazione sono intervenute sul tema della validità delle garanzie prestate da società di assicurazione, affermando la nullità, ai sensi dell’art. 1418, co. 1, c.c., della garanzia fideiussoria rilasciata da una società di assicurazione in violazione del combinato disposto dell’art. 130 r.d. 4.1.1925, n. 63 (secondo cui «È vietato ad ogni impresa di assicurazione, di riassicurazione, di capitalizzazione, di risparmio di fare operazioni estranee all’esercizio delle dette industrie») e dell’art. 5, co. 2, l. 10.6.1978, n. 295 (secondo cui «Le società e gli istituti di cui al precedente comma, le società che si costituiscono in Italia e che hanno per oggetto l’esercizio sul territorio della Repubblica delle assicurazioni contro i danni debbono limitare l’oggetto sociale all’esercizio dell’attività assicurativa, riassicurativa e di capitalizzazione e delle operazioni connesse a tali attività, con esclusione di qualsiasi altra attività commerciale»)6.
La giurisprudenza è intervenuta di recente sul tema con una sentenza di merito, nella quale, muovendo dalla ormai tradizionale distinzione fra lettere di patronage deboli e lettere di patronage forti, e dall’esigenza di inquadramento delle seconde sulla base dell’effettiva volontà delle parti, si è affermata l’esistenza di un’obbligazione di fare in capo al patronnant, escludendo dunque le diverse qualificazioni in termini di promessa del fatto del terzo, di mandato di credito o di fideiussione7. Quest’ultima soluzione, invece, viene in considerazione nell’ambito di una pronuncia di poco precedente della Suprema Corte8, che si segnala per un’interessante presa di posizione in ordine alla portata dell’art. 1938 c.c., norma attraverso la quale nel 1992 veniva introdotta la previsione dell’importo massimo garantito nelle fideiussioni prestate per un’obbligazione futura. La disposizione è stata ritenuta direttamente applicabile alla lettera di patronage, avendo il giudice di merito ricondotto la fattispecie negoziale in esame alla figura tipica della fideiussione. Nel suo iter argomentativo, tuttavia, la Suprema Corte ha provveduto ad ampliare la portata della norma citata, che introdurrebbe «un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanzie personali atipiche e tra queste quelle di patronage».
Gli interventi giurisprudenziali in esame si inseriscono all’interno di uno scenario complesso che affonda le sue radici nella sostanziale incompatibilità dei profili strutturali e funzionali delle garanzie personali previste dal codice civile con gli obiettivi perseguiti dagli operatori economici. Negli ultimi decenni del secolo scorso, infatti, si assiste alla fioritura di garanzie contrattuali destinate a coprire con modalità diverse rispetto alle garanzie tradizionali una serie di rischi normalmente connessi allo svolgimento di alcune attività economiche. In tale contesto si collocano i tentativi della dottrina di individuare una causa giustificativa dell’obbligo assunto dal garante e la ricerca, non priva di contraddizioni, di soluzioni giurisprudenziali idonee a rendere ragione delle soluzioni adottate dalle parti senza obliterare i «paletti» fissati dall’ordinamento giuridico. I principi di diritto affermati nei recenti provvedimenti giurisprudenziali affrontano nuovamente il tema delle modalità di qualificazione delle garanzie personali elaborate dall’autonomia privata e quello della disciplina ad esse applicabile9.
In merito alle questioni relative alla qualificazione delle garanzie personali atipiche, saranno ora trattate la portata delle clausole di pagamento e la natura giuridica delle polizze fideiussorie rilasciate a garanzia degli obblighi dell’appaltatore.
Come si è detto, le Sezioni Unite (sebbene in un obiter dictum) hanno affermato il principio, prontamente applicato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, secondo cui l’inserimento in un contratto di assicurazione fideiussoria di una clausola «a semplice richiesta» o «senza eccezioni» vale di per sé a trasformare la polizza in un contratto autonomo di garanzia, essendo incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza la fideiussione. La soluzione pone una serie di problemi, primo fra tutti quello di rendere impraticabile l’introduzione di queste clausole all’interno del contratto di fideiussione, pur in mancanza di preclusioni esplicite o desumibili in modo visibile dal sistema, in tal modo finendo per ridurre i margini di operatività dell’autonomia privata in un settore il cui sviluppo è strettamente collegato al ruolo esercitato dalle parti dell’operazione economica. Sul punto appare opportuna una breve osservazione al fine di rendere più facilmente comprensibili gli effetti derivanti dall’introduzione delle clausole in questione nelle diverse fattispecie di garanzia. Nei contratti autonomi di garanzia le clausole di pagamento a prima domanda concorrono a rendere insensibili le obbligazioni assunte dal garante rispetto a quelle che caratterizzano il rapporto fra debitore e creditore. Ne consegue che, fatte salve le ipotesi di escussione abusiva, il garante sarà tenuto a eseguire la prestazione sulla base della richiesta del creditore, spettando poi all’ordinante l’onere di agire verso il beneficiario per la restituzione delle prestazioni indebitamente conseguite dal garante. In modo differente si atteggia la posizione del garante nelle ipotesi in cui le clausole a prima domanda si inseriscono in una garanzia fideiussoria, in tal caso configurandosi un’ipotesi di inversione dell’onere della prova ovvero di solve et repete. In tal caso, infatti, il fideiussore, tenuto a eseguire prontamente la prestazione dedotta nel contratto di garanzia, potrà (e dovrà) agire nei confronti del beneficiario per chiedere la restituzione della somma indebitamente versata. Delicata appare altresì la problematica avente ad oggetto la rilevanza delle clausole di pagamento «senza eccezioni». Muovendo dal presupposto che caratteristica fondamentale del contratto autonomo di garanzia è la carenza dell’elemento dell’accessorietà, in giurisprudenza si era affermato che gli elementi idonei a differenziare tali contratti dalla fideiussione devono necessariamente essere esplicitati nel contratto con l’impiego di specifiche clausole idonee ad indicare l’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, ivi compresa l’estinzione del rapporto. Una prospettiva di questo tipo – che sembra venir meno per effetto degli automatismi introdotti dalle Sezioni Unite – induce a ritenere fondamentale l’analisi delle pattuizioni intercorse fra le parti, sicché il carattere autonomo della garanzia dovrebbe essere desunto dall’interpretazione del testo contrattuale, più precisamente dalla relazione delineata fra l’obbligazione principale e quella di garanzia. Un riscontro di quanto la soluzione adottata nella sentenza in commento finisca per essere eccessivamente rigida si coglie nella circostanza che la Corte abbia avvertito l’esigenza di far salve le diverse indicazioni che possano venire dal testo del contratto. Salvezza che, è appena il caso di sottolinearlo, non avrebbe alcuno spazio, né ragion d’essere sul piano giuridico se vi fossero indici normativi, soprattutto in tema di fideiussione, o preclusioni desumibili dal sistema, suscettibili di vanificare le soluzioni elaborate dall’autonomia privata.
Nella citata sentenza n. 3947/2010, le Sezioni Unite hanno altresì affermato che la polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore, non potendo surrogare l’adempimento specifico di dette obbligazioni (connotate dal carattere dell’insostituibilità) e avendo la funzione di assicurare, sic et simpliciter, il soddisfacimento dell’interesse economico del beneficiario, compromesso dall’inadempimento, assurge a garanzia atipica assimilabile quoad effecta alle garanzie autonome. Nei primi commenti la soluzione non è andata immune da critiche volte a sottolinearne il carattere eccessivamente riduttivo rispetto al modo di operare dell’autonomia privata, in particolare al modo di atteggiarsi delle polizze fideiussorie, tanto sul piano morfologico, quanto su quello funzionale. In relazione al primo aspetto, e per limitarci al settore degli appalti, occorre rilevare che le polizze fideiussorie sono utilizzabili per garantire obbligazioni di varia natura. Anche il confronto, sul piano morfologico, fra contratti autonomi di garanzia e fideiussione pone in evidenza uno scenario più articolato di quello tracciato dalla sentenza. È di palmare evidenza che l’obbligazione del fideiussore generalmente presenta un contenuto corrispondente a quello dell’obbligazione principale. Tuttavia, nulla esclude, quanto meno in astratto, che l’obbligazione del fideiussore possa garantire l’adempimento di una prestazione avente un contenuto diverso. D’altro canto, l’esame delle garanzie autonome pone in evidenza che il contenuto dell’obbligazione del garante, individuabile nel pagamento di una somma di denaro, non si atteggia sempre nello stesso modo rispetto a quello dell’obbligazione cui è tenuto l’ordinante. In tal senso le molteplici figure contrattuali pongono in evidenza un ampio elenco di situazioni nelle quali la prestazione garantita non ha carattere pecuniario, avendo ad oggetto un fare ovvero la consegna di cose determinate. In sostanza, il dato strutturale relativo al rapporto fra obbligazioni di garanzia e obbligazioni garantite non sembra costituire un elemento idoneo a tracciare una linea di confine netta fra garanzie accessorie e garanzie autonome o comunque a rappresentare un elemento identificativo delle garanzie autonome. Sul piano funzionale, vengono in considerazione i profili più direttamente collegati alla causa dei contratti autonomi di garanzia. Ai fini di un corretto inquadramento sul piano funzionale dei contratti autonomi di garanzia appare centrale il fenomeno dell’astrazione. Il ricorso a tale nozione in materia di contratti autonomi di garanzia trova giustificazione nella presenza delle citate clausole di pagamento, in particolare della clausola di inopponibilità delle eccezioni fondate sul rapporto da cui trae origine il credito garantito. Tali clausole non rilevano soltanto sul piano degli effetti intesi in senso stretto, ma determinano altresì le condizioni affinché in questi contratti l’astrazione divenga, paradossalmente, essa stessa causa del contratto. D’altro canto, è utile affermare, come opportunamente rilevano anche le Sezioni Unite, che tali contratti assolvono una funzione assimilabile a quella delle cauzioni, in quanto creano una disponibilità finanziaria in capo al creditore, il quale può chiedere di fare proprio il denaro offerto in garanzia chiedendone l’immediato pagamento al garante. In tal modo si finisce ancora una volta per richiamare il tema della natura e della portata delle clausole di pagamento utilizzate nell’ambito di questi contratti. Ne consegue che anche muovendo nella prospettiva funzionale trova conferma l’esigenza di analizzare le modalità attraverso le quali l’autonomia privata ha inteso conformare il regolamento della specifica figura di garanzia.
La nullità delle garanzie fideiussorie rilasciate da società di assicurazione viene pronunciata ai sensi dell’art. 1418, co. 1, c.c., per la violazione del combinato disposto dell’art. 130 r.d. 4.1.1925, n. 63 e dell’art. 5, co. 2, l. 10.6.1978, n. 295. La ratio dei divieti stabiliti nell’ambito di tale disciplina viene normalmente individuata nella volontà del legislatore di evitare che i capitali formati con i versamenti dei premi vengano impegnati in operazioni economiche alle quali non è applicabile il procedimento tecnico che è alla base della gestione assicurativa. In tale prospettiva è appena il caso di rilevare l’importanza assunta dalla qualificazione del contratto sottoscritto dalla compagnia assicuratrice, circostanza questa che, in considerazione delle diverse modalità di espressione dell’autonomia privata nella materia in questione, finisce per riproporre le problematiche esaminate in precedenza in tema di qualificazione delle garanzie personali atipiche. In una recente pronuncia, tuttavia, si è posto il problema del diverso tenore letterale delle citate disposizioni legislative; in particolare, traendo spunto da un motivo di ricorso nel quale si prospettavano esiti interpretativi differenti e non sovrapponibili alle citate disposizioni normative, è stata disposta mediante ordinanza interlocutoria la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite al fine di evitare un possibile contrasto di giudicati su questione che appare di particolare importanza10.
L’intervento della Suprema Corte nel quale si è affermata l’applicabilità (diretta) dell’art. 1938 c.c. (novellato) alle lettere di patronage, fa emergere anche nella giurisprudenza di legittimità il tema, già affrontato in quella di merito, della natura giuridica e della portata della norma codicistica avente ad oggetto la previsione di un limite massimo garantito nelle fideiussioni prestate per un’obbligazione futura. Secondo la ricostruzione operata (anche) dal giudice di legittimità la citata disposizione contiene un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanzie personali atipiche e tra queste per le lettere di patronage. La soluzione viene giustificata richiamando la genesi della novella legislativa, vale a dire la circostanza che la delimitazione dell’obbligazione futura «è stata introdotta dal legislatore italiano in adesione agli artt. 85 e 86 del trattato CEE, come chiarito dalla stessa Corte di Giustizia CEE con la sentenza 21 gennaio 1998 (nelle cause riunite C216/96 e 216/96)». Gli esiti cui perviene la giurisprudenza trovano conforto nella ricostruzione di quella parte della dottrina che, sottolineando la necessità di procedere anche in materie di questo tipo a un’interpretazione assiologicamente orientata, ritiene che i giudici supremi «hanno esteso a ragion veduta le maglie del novellato art. 1938 c.c. ben oltre gli angusti confini altrimenti imposti dalla tipologia contrattuale»11. In senso contrario altra parte della dottrina ritiene che la norma dell’art. 1938 c.c. non incontrerebbe nella lettera di patronage un terreno omogeneo a quello della garanzia fideiussoria. In tale prospettiva verrebbe in evidenza, da un lato, il diverso assetto strutturale delle due figure, posto che se la fideiussione ha nel debito garantito la ragione della sua sussistenza, il patronage invece «fa sorgere nel patronnant impegni che trovano nella solvibilità o nella adempienza del patronné occasione per la loro efficacia». D’altro canto, si dovrebbe considerare il diverso orizzonte sul quale si muovono le due figure: il clima nel quale è stata introdotta la novella del 1992 era quello del riordino del settore bancario caratterizzato da un elevato grado di opacità delle operazioni poste in essere con la clientela; nel patronage forte i rapporti fra i contraenti non sarebbero sempre asimmetrici, sicché il rispetto dell’ordine pubblico economico, cui fa riferimento la giurisprudenza in esame, finirebbe per confliggere «con l’idea che un patronage senza massimale sia nullo»12.
1 Così, Cass., 19.5.2011, n. 10998, in DeJure Giuffrè.
2 Cass., 19.5.2011, n. 10998, cit.
3 In tal senso Cass., 15.2.2011, n. 3678, in DeJure Giuffrè.
4 Cass., S.U., 18.2.2010, n. 3947, pubblicata, fra l’altro, in Contratti, 2010, 440, con nota di Lobuono, La natura giuridica della polizza fideiussoria: l’intervento delle Sezioni Unite; in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 904, con nota di Puppo, La polizza fideiussoria al vaglio delle Sezioni Unite. Tra autonomia e accessorietà delle garanzie; in Banca borsa tit. cred., 2010, II, 279, con nota di Barillà, Le Sezioni Unite e il Garantievertrag un quarto di secolo dopo: una pronuncia «storica» fa chiarezza sui differenti modelli di garanzie bancarie autonome.
5 Nella medesima prospettiva, qualche mese dopo Cass., 28.10.2010, n. 22107, in DeJure Giuffrè.
6 In tal senso viene in considerazione Cass., 6.5.2011, n. 10007, in DeJure Giuffrè; sul punto, v. già Cass., 14.10.2010, n. 21247, in DeJure Giuffrè.
7 Così App. Milano, 9.2.2011, in De- Jure Giuffrè; in tal senso, nella giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass., 25.9.2001, n. 11987, in Danno e resp., 2002, 640.
8 Cass., 26.1.2010, n. 1520, in Giur. it., 2010, 1618.
9 Per una ricostruzione della problematica: Macario, Garanzie personali, in Tratt. dir. civ. Sacco, 10, Torino, 2009, 411; Lobuono, I contratti di garanzia, in Tratt. dir. civ. C.N.N., Napoli, 2006, 107; Stella, Le garanzie del credito, in Tratt. dir. priv. Iudica-Zatti, Milano, 2010, 775.
10 Cass., 1.2.2011, n. 2346, in DeJure Giuffrè.
11 Calvo, Lettere di patronage e abuso: un intervento chiarificatore della Cassazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 719.
12 In tal senso, Costanza, Il patronage come la fidejussione di fronte all’art. 1938 c.c.?, nota a Trib. Pistoia, 31 luglio 2008, in Fallimento, 2008, 1309.