Responsabilità precontrattuale
Con la sentenza n. 5 del 4.5.2018 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ampliato l’area della responsabilità precontrattuale delle stazioni appaltanti per violazione dei doveri di correttezza e di buona fede, avendo l’Alto Consesso escluso che detta responsabilità possa considerarsi circoscritta alla sola fase della scelta del contraente. Le stazioni appaltanti devono dunque rispondere dei danni derivati da qualunque loro comportamento scorretto tenuto nel corso dell’intera procedura di affidamento, sia prima, sia dopo l’aggiudicazione e a prescindere da quest’ultima. È facilmente prevedibile che i riferiti principi, seppur enunciati con riguardo al public procurement, si propaghino a tutto l’ambito dell’attività amministrativa procedimentalizzata.
Il tema della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, da tempo, è al centro del dibattito giuridico. Il riconoscimento in via giurisprudenziale della risarcibilità della lesione dell’interesse legittimo1 consentì di superare in via definitiva le ricostruzioni teoriche, ancora prevalenti fino alla metà del secolo scorso2, che individuavano nell’esercizio della discrezionalità amministrativa, immanente nelle gare per l’affidamento di contratti pubblici, un insormontabile ostacolo alla possibilità di chiamare le pubbliche amministrazioni a rispondere della loro eventuale culpa in contrahendo. Fu così che si pervenne al risultato di ammettere che pure le stazioni appaltanti, nell’ambito dei procedimenti di evidenza pubblica, potessero incorrere in responsabilità precontrattuale, anche in presenza di provvedimenti (di aggiudicazione o di ritiro di affidamenti) pienamente legittimi. A partire dal 2008 le Sezioni Unite della Corte di cassazione3 configurarono chiaramente la responsabilità precontrattuale della p.a. come responsabilità da comportamento illecito per violazione dei doveri di correttezza e di buona fede su di essa gravanti, a prescindere dalla legittimità dei provvedimenti adottati.
Se, dunque, da anni non si nutrono più dubbi circa la possibilità di condannare le stazioni appaltanti al risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale rimane controversa la questione relativa all’individuazione dell’atto a partire dal quale detta responsabilità sia giuridicamente configurabile.
In giurisprudenza si contrappongono due tesi. Secondo una prima ricostruzione4, ispirata a un’interpretazione restrittiva dell’art. 1337 c.c., la responsabilità precontrattuale della p.a. sarebbe da collegarsi alla violazione delle regole di condotta tipiche della fase delle trattative; sicché detta responsabilità non potrebbe venire in rilievo prima dell’individuazione del contraente, ossia non anteriormente all’aggiudicazione, giacché soltanto l’aggiudicazione farebbe sorgere, nel concorrente, un legittimo affidamento ‒ meritevole, se violato, di tutela risarcitoria ‒ fondato sulla ragionevole aspettativa di stipulare il contratto messo a gara (per cui, prima dell’aggiudicazione, le imprese partecipanti vanterebbero unicamente interessi legittimi, di natura procedimentale). Secondo la tesi contraria, affermatasi a decorrere dal 20125, le stazioni appalti potrebbero rispondere in via precontrattuale anche per condotte poste in essere prima dell’aggiudicazione e a prescindere da questa, atteso che, nel caso dell’evidenza pubblica, la fase civilistica delle trattative non sarebbe estranea all’alveo procedimentale e che i doveri di correttezza comportamentale della p.a. presiederebbero a ogni snodo delle relative procedure.
Così delineate le coordinate del contrasto giurisprudenziale che l’Adunanza Plenaria è stata chiamata a risolvere, occorre ora approfondirne i plurimi risvolti.
Un raggruppamento di imprese, escluso da una gara per l’affidamento del servizio di ristorazione nelle aziende sanitarie e ospedaliere calabresi, ottenne dal tAR il risarcimento, a titolo di responsabilità precontrattuale, del pregiudizio derivato dal ritiro in autotutela degli atti della procedura, disposto dalla stazione appaltante a seguito dell’accertamento giurisdizionale dell’illegittimità dell’esclusione. In secondo grado il Consiglio di Stato respinse in parte l’appello e, con separata ordinanza6, chiese all’Adunanza Plenaria: a) se la responsabilità precontrattuale delle stazioni appaltanti sia configurabile anche prima dell’aggiudicazione; b) se, in caso affermativo, detta responsabilità riguardi soltanto il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando oppure se essa si estenda a qualsiasi comportamento attinente alla procedura di gara, anche successivo al bando.
La Plenaria ha risposto positivamente al primo interrogativo e, in relazione al secondo quesito, ha optato per la tesi estensiva, sviluppando un ragionamento decisorio molto articolato, di cui occorre dar conto in ragione dell’importanza dei principi enunciati.
L’argomentare dell’Adunanza Plenaria ha preso le mosse dalla ricostruzione in chiave critica e diacronica delle ragioni giustificatrici della previsione dei doveri di correttezza e di buona fede nella fase delle trattative. tale acuta analisi costituisce l’architrave logico-giuridico dell’intero impianto motivazionale che sorregge la decisione; invero, muovendo da tale premessa, in uno storica e assiologica, il Consiglio di Stato è pervenuto, in via di serrata consequenzialità, a una serie di approdi esegetici funzionali alla risposta ai quesiti sopra riferiti.
I giudici amministrativi hanno ricordato che la genesi teorica e la ratio ispiratrice dell’art. 1337 c.c. debbono essere ricercate nell’ambito del contesto valoriale condiviso all’epoca della redazione del codice civile e, segnatamente, nel principio della cd. solidarietà corporativa, secondo cui si sarebbe dovuta sempre agevolare la conclusione del contratto che avesse avuto un oggetto meritevole di tutela e, conseguentemente, si sarebbero dovute disincentivare le ingiustificate interruzioni delle trattative, onde consentire, nel superiore interesse economico nazionale, l’effettuazione dello scambio di utilità concordate tra le parti. In questa originaria prospettiva l’osservanza dei doveri di correttezza e di buona fede nella fase precontrattuale era, dunque, coerente con l’approccio produttivistico e dirigistico al quale era improntata la disciplina dei contratti: secondo tale iniziale impostazione, in altri termini, la responsabilità precontrattuale risultava configurabile soltanto in quelle ipotesi in cui lo scambio di utilità si fosse presentato come un esito probabile dell’avanzato stato delle trattative.
Sennonché, con l’entrata in vigore della Costituzione, mutò radicalmente il contenuto dei principi ricavabili dall’art. 1337 c.c., pur rimanendo inalterata la lettera della disposizione. Invero, con il tramonto dell’ideologia corporativista, la base costituzionale del dovere di correttezza nella fase precontrattuale fu ravvisata nel fondamentale canone di solidarietà sociale (art. 2 Cost.). Il generale dovere di solidarietà ha così condotto gli interpreti ad attribuire rilievo, non soltanto alle trattative come momento propedeutico all’effettuazione di uno scambio di utilità economica, ma al cd. contatto sociale qualificato in sé, ossia alla relazione venutasi instaurando tra i potenziali contraenti.
In questa differente visione la funzione del dovere di correttezza non è più solo quella di favorire la conclusione del contratto, ma soprattutto quella di tutelare la persona della controparte e la sua libertà di autodeterminarsi nelle scelte negoziali, senza subire interferenze altrui riconducibili a condotte sleali e scorrette. Siffatto collegamento giuridico tra il dovere di correttezza e la libertà di autodeterminazione della persona impedirebbe, pertanto, di confinare l’ambito applicativo del primo alla sola ipotesi della rottura di trattative già avanzate, poiché il dovere di correttezza costituirebbe una tutela immanente ad ogni relazione qualificata, fin dal suo sorgere, se idonea a generare affidamenti e aspettative meritevoli di tutela.
Il Consiglio di Stato ha precisato che l’intensità del grado di qualificazione del contatto sociale e, correlativamente, dei doveri di correttezza, aumenta in relazione a particolari status, professionali e pubblicistici, di una delle parti: questo è il caso delle professioni regolamentate e, soprattutto, di qualunque soggetto che eserciti una funzione amministrativa, i cui elevati standard comportamentali sono destinati a ingenerare affidamenti tutelabili in chiunque instauri una situazione relazionale qualificata e un contatto di carattere procedimentale con le p.a. Lo stringente collegamento esistente tra i richiamati principi costituzionali e la tutela della libertà di autodeterminazione negoziale non permetterebbe, pertanto, di concepire il dovere di correttezza delle stazioni appaltanti come circoscritto alle sole fasi delle procedure di affidamento successive all’aggiudicazione; al contrario, il dovere di correttezza si estenderebbe a ogni aspetto della relazione qualificata e, quindi, a tutte le fasi del procedimento, a nulla rilevando che si tratti di fasi successive all’aggiudicazione o anteriori all’adozione del bando. diversamente opinando, verrebbero a configurarsi, secondo il Consiglio di Stato, limiti alla responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione non previsti da alcuna norma e in contrasto con l’atipicità dell’illecito civile.
Il Consiglio di Stato non ha mancato di soggiungere che le p.a. sono sempre tenute al rispetto dei doveri di correttezza, lealtà e buona fede e non soltanto nell’ambito delle procedure di affidamento di contratti pubblici; detti doveri, difatti, connotano l’esercizio delle funzioni pubbliche e sono espressione di un canone comportamentale dalla vasta latitudine applicativa comprensiva di ogni forma procedimentalizzata di esercizio di poteri autoritativi7. La tutela degli affidamenti trova invero base legale, oltre che nei principi generali del diritto civile, anche nelle norme pubblicistiche, conformate ai principi di correttezza e di buona amministrazione scolpiti dal sopra citato art. 97 Cost.8
I due regimi, rispettivamente civilistico e pubblicistico, del dovere di correttezza dunque convivono senza sovrapporsi tra loro, risultando non a caso differenziati e autonomi gli esiti patologici della loro eventuale violazione. L’inosservanza delle norme pubblicistiche (regole di validità) può sfociare, infatti, nell’invalidità dell’atto e nel suo annullamento, mentre la violazione delle norme civilistiche (regole di responsabilità) può dar luogo a una condotta illecita (di cui l’adozione dell’atto è solo un frammento) e a un conseguente pregiudizio risarcibile, ma non necessariamente si traduce anche in un’illegittimità provvedimentale9.
Secondo la Plenaria, i rischi di maggiori oneri per la finanza pubblica, a fronte di un possibile incremento delle richieste risarcitorie, risulterebbero contenuti, stante l’imprescindibile e rigorosa verifica, in concreto, della ricorrenza degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale delle p.a., da individuarsi: a) nell’esistenza di un affidamento incolpevole, b) determinato da una condotta obiettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà, c) e soggettivamente imputabile a titolo di dolo o colpa; nonché d) nella prova, della quale è onerato il privato, della sussistenza del danno-evento e del danno-conseguenza e del nesso di causalità tra la condotta illecita e il pregiudizio subito.
Il dovere di correttezza ha inoltre carattere bilaterale, nel senso che il privato entrato in una relazione qualificata con la p.a. è a sua volta gravato, in ragione del medesimo fondamento solidaristico, di oneri di diligenza e leale collaborazione, di intensità diversamente graduabile in relazione alle specifiche circostanze dei casi concreti.
Sebbene la riferita soluzione del conflitto giurisprudenziale meriti apprezzamento, presentandosi coerente con l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1337 c.c. e con un modello avanzato di p.a., nondimeno la decisione della Plenaria non ha affrontato un punto rilevante.
Il Consiglio di Stato dichiaratamente non si è pronunciato, perché non era oggetto dei quesiti, sul tema della natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità precontrattuale. A tal proposito va, tuttavia, segnalato che la Corte di cassazione si è di recente occupata della questione, dando luogo, per effetto di alcune pronunce della prima sezione civile, a un importante revirement. In particolare, vanno ricordati i precedenti rappresentati da Cass., 12.07.2016, n. 1418810, poi seguita da Cass., 27.10.2017, n. 25644. In tali sentenze il Supremo Collegio, aderendo a un orientamento in passato minoritario11 (peraltro in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia12), ha affermato che la responsabilità precontrattuale ha natura contrattuale, avendo essa origine in un «contatto sociale qualificato» dal quale derivano, a carico delle parti, non soltanto obblighi di prestazione, ma anche reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c. Pur in mancanza di un’espressa presa di posizione sul punto, è del tutto evidente che la decisione della Plenaria poggia su un apparato argomentativo pienamente coerente con la sentenza della Cassazione n. 14188/2016 (anche menzionata nella motivazione), sicché deve ritenersi che pure il Consiglio di Stato abbia sposato la tesi secondo cui la responsabilità precontrattuale della p.a. non discenda tanto da una colpa, sia pur lieve, ma dalla violazione di un affidamento.
non poche, sul versante applicativo, sono le conseguenze del nuovo indirizzo esegetico. Il primo e principale effetto concerne il miglioramento della posizione processuale di coloro che intenderanno agire nei confronti delle stazioni appaltanti per il risarcimento del danno da violazione dei doveri di correttezza, posto che la responsabilità contrattuale si caratterizza, rispetto a quella aquiliana, per la prescrizione decennale della relativa azione, per l’inversione dell’onere della prova a vantaggio del danneggiato e per la più estesa area della risarcibilità. direttamente connesso a tale effetto è il prevedibile incremento del contenzioso in ragione del maggior numero di domande risarcitorie promosse nei confronti delle p.a. e, quale ulteriore conseguenza, l’altrettanto prevedibile incremento degli oneri finanziari pubblici dovuti a fronte di maggiori condanne al risarcimento dei danni, soprattutto qualora i giudici non dovessero applicare in modo rigoroso i criteri enunciati dalla Plenaria al fine di selezionare le domande di ristoro. Agevolmente pronosticabili sono, infine, due ulteriori conseguenze, rispettivamente una positiva e l’altra negativa, derivanti dall’estensione dell’area della responsabilità precontrattuale: da un lato, occorre attendersi un maggiore scrupolo nella predisposizione degli atti delle procedure di affidamento, onde assicurarne la rapida e legittima conclusione; dall’altro lato, è immaginabile che l’esercizio dei poteri di autotutela in materia contrattuale risulterà fortemente disincentivato.
1 Ad opera della celebre sentenza Cass., S.U., 22.7.1999, n. 500.
2 Cass., S.U., 12.7.1951, n. 1912. Sebbene già con la sentenza Cass., S.U., 12.7.1961, n. 1675 si riconobbe la responsabilità precontrattuale della p.a. quale corretto contraente, piuttosto che come corretto amministratore. tra i primi a sostenere tale posizione in dottrina, Nigro, M., L’amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato, in Foro it., 1961, I, 462 ss. Sul tema, di recente, Chiarella, M.R., La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione tra buona fede, efficienza e tutela dell’affidamento, in federalismi.it, 2016.
3 Cass., S.U., 12.5.2008, n. 11656.
4 Cons. St., 8.11.2017, n. 5146; Cons. St., 21.8.2014, n. 4272.
5 Cons. St., 25.7.2012, n. 4236; Cons. St., 7.11.2012, n. 5638, ma anche Cass., 3.7.2014, n. 15260.
6 Cons. St., ord., 24.11.2017, n. 515.
7 Al § 38 della motivazione della sentenza n. 5/2018.
8 Così anche Cons. St., 6.3.2018, n. 1457, citata anche dalla Plenaria (§ 37 della motivazione).
9 Ad esempio, nel caso del danno da mero ritardo nell’adozione di un provvedimento legittimo, ma tardivo.
10 La sentenza è stata fatta oggetto di molti commenti; tra i più recenti, Varanese, G., Sonderverbindung e responsabilità precontrattuale da contatto sociale, in Riv. dir. civ., 2018, 116.
11 Tra i molti precedenti, Cass., S.U., 26.6.2003, n. 10160 e Cass., 29.7.2011, n. 16735.
12 C. giust. Ue, 17.09.2002, Fonderie Officine Meccaniche Tacconi SpA c. Heinrich Wagner Sinto Maschinenfabrik GmbH (HWS), C-334/00, secondo cui la responsabilità precontrattuale non è di natura contrattuale.