RESTAURAZIONE
. Col nome di restaurazione i pubblicisti e gli storici francesi designarono l'epoca del ristabilimento sul trono di Francia del ramo primogenito dei Borboni, dopo la tormenta rivoluzionaria e napoleonica. Dalla storia di Francia il vocabolo passò a comprendere tutto il periodo di storia europea, che va dal 1815 al 1830 e che è caratterizzato dalla lotta tra le vecchie monarchie restaurate e le nuove idee di libertà e di nazionalità. Ma oggi, spento l'interesse, spiccatamente ottocentesco, della polemica antilegittimista e anticlericale, il concetto di restaurazione tende di fatto nelle pagine degli storici a sciogliersi in quello di origini del mondo contemporaneo, perché nel periodo 1815-1830 sono da rinvenire i germi dei grandi contrasti ideali, politici e sociali che sono tuttora attuali.
Per intendere la restaurazione bisogna cominciare col dissociare la politica dalla filosofia politica di quell'età: una cosa furono Metternich, Luigi XVIII e il card. E. Consalvi; e un'altra J. de Maistre, A. de Bonald e Lamennais. La restaurazione non fu una mera reazione: salvo che nella Spagna, ove Ferdinando VII abolì la costituzione del 1812 e si mise a governare coi metodi cari al principe di Canosa, e in alcuni principati tedeschi come l'Assia e italiani come Modena, gli stati europei si ressero o col regime costituzionale o con quello dell'assolutismo settecentesco. Luigi XVIII s'infastidiva delle intemperanze degli ultra; Metternich obbligò re Ferdinando di Napoli a congedare il ministro Canosa nel 1822 per la sua politica reazionaria; Metternich stesso fece pressioni sulla Santa Sede per fare sconfessare nel 1825 come utopia da Medioevo la teoria del potere indiretto dei Papi sui sovrani temporali. Le societȧ segrete reazionarie, politiche come quella dei Calderari a Napoli o culturali come quella dell'Amicizia cattolica a Torino, furono perseguitate o sciolte. Ogni tentativo, - salvo l'ultimo, quello del principe J. de Polignac che segnò la fine della restaurazione, - di trasformare lo stato in uno stato-partito controrivoluzionario, fu respinto dalle monarchie legittimiste. La liquidazione delle velleità di anacronistici ritorni al passato degli ex-ordini privilegiati della nobiltà e del clero, proprio per opera di quegli istituti in cui maggiormente essi speravano, fu uno dei più notevoli risultati della restaurazione.
Ma l'opera positiva della restaurazione è altrove. I codici, il sistema amministrativo, frutto del moto secolare delle monarchie europee verso l'accentramento dei poteri e il livellamento delle classi, furono mantenuti. La Francia - a parte il breve episodio del terrore bianco - ricominciò la sua esperienza liberale, che servì di guida agli altri popoli; l'Italia ebbe al timone dei suoi stati uomini come E. Consalvi, Luigi de' Medici, V. Fossombroni, A. A. v. Neipperg, Prospero Balbo, ehe erano della scuola del dispotismo illuminato.
Gl'interessi creati dalla rivoluzione, gli acquisti cioè dei beni ecclesiastici e feudali, come aveva preconizzato un grande pubblicista, J. Mallet du Pan, furono garentiti, e, in questo campo, senza voler fare un bisticcio di parole, le monarchie legittime segnarono la liquidazione legittima del passato. I problemi della ricostruzione economico-finanziaria vennero affrontati in pieno in Francia da una bella schiera di amministratori, dal barone Louis e da L. E. Corvetto a J. Villèle, e il credito pubblico, già saldamente fondato nei paesi anglosassoni, da Pitt il Giovane in Inghilterra e da A. Hamilton negli Stati Uniti, si affermò anche nell'Europa continentale con l'onesta impeccabile adempienza dello stato ai suoi obblighi.
La pace tra le potenze venne mantenuta con abilità senza pari da diplomatici quali il Metternich e il Castlereagh.
Ma se la restaurazione assolse in alcuni paesi in modo superbo i compiti della ricostruzione, se compresse le vecchie forze morali dell'Europa anelanti a una controrivoluzione, essa disconobbe le nuove tendenze spirituali, le idee di libertà e di nazionalità. Età di diplomatici e di amministratori, la restaurazione non generò alcuna vigorosa tempra d'uomo di stato e fallì nella sua missione politica di fondere la vecchia con la nuova Europa. Per rendere più docili le nuove generazioni e amalgamarle con le vecchie, non si seppe pensare ad altro mezzo che all'educazione ecclesiastica e si commise l'errore di abbassare la Chiesa a instrumentum regni in un'età di delicatissima sensibilità etico-religiosa, con l'unico frutto di provocare per reazione la genesi del cattolicesimo liberale e d'insinuare con esso il nemico nella cittadella religiosa del passato.
Con le repressioni poliziesche e militari e coi processi si crearono i martiri delle nuove idee, e del patriottismo liberale si fece quasi una religione. Finché riuscì a mantenere internamente solidale l'Europa assolutista, Metternich poté facilmente dominare il nemico, ma, nonostante la sua abilità, come non era possibile comprimere le forze morali della nuova Europa, così non era possibile negare gl'istintivi e naturali aneliti di espansione politica e commerciale delle altre grandi potenze, della Russia e dell'Inghilterra. Russia e Inghilterra, insorgendo contro il sistema d'immobilità internazionale del Metternich, permisero il trionfo dei principî di libertà e di nazionalità nell'America Meridionale, nel Portogallo, nella Grecia, mentre in Francia Carlo X, abbandonandosi al partito degli ultra, provocava la rivoluzione di luglio. Sebbene la rivoluzione di luglio non riuscisse a diffondere durevolmente la sua efficacia in tutta Europa, essa segna il termine della restaurazione: Metternich stesso ebbe allora la sensazione netta che si era al principio della fine e disse di voler morire con la vecchia Europa.
La storia della restaurazione non si esaurisce nelle opere degli amministratori e dei diplomatici, nelle congiure e nei processi. Nessuna età ebbe più drammatici contrasti ideali e molti di quei contrasti sono i nostri contrasti ideali. Si elaborarono da un lato i concetti di stato forte e di potenza, dall'altro quelli di libertà e di civiltà. La polemica politica, che in Francia e in Germania specialmente vantava campioni di prim'ordine nei due mondi avversi, assurse a una drammaticità cui non era mai giunta l'era dell'illuminismo.
Per ritrovare qualche cosa di simile bisogna risalire alle grandi polemiche religiose della Riforma e della Controriforma. L'esperienza della fecondità delle lotte ideali trovò la sua logica interna nella dialettica hegeliana. Nelle pagine dei grandi storici, dei Ranke e dei Guizot; negli studî di letterature straniere; nei congressi diplomatici, nelle società segrete a sfondo internazionale, l'Europa appariva quale veramente essa era: una nello stesso tempo e multanime. Di fronte all'Europa ufficiale assolutista sembrò drizzarsi allora la libera America, ma l'Inghilterra si oppose ad ogni intervento in America e contribuì a far fallire la conferenza panamericana di Panamá, genialmente concepita da S. Bolívar: si delineò allora uno dei tratti fondamentali più caratteristici dell'odierna politica estera inglese. Il liberismo e il socialismo, l'autoritarismo e il liberalismo, il nazionalismo e il radicalismo, tutti i movimenti politici ed economici moderni sorsero nella Restaurazione. Si affermò il concetto di civiltà come fede della nuova Europa. Si configurò in concetto di classe il concetto di borghesia per opera di Cl.-H. de Saint-Simon. Il Romanticismo diffuse una nuova visione del mondo e della vita. In gran parte, insomma, noi ci aggiriamo nel circolo dei problemi aperti dalla Restaurazione, ma insistere su questo punto significa anche dissolvere il concetto storico di Restaurazione, che si mostra impotente a comprendere implicitamente in sé tutto ciò, nel concetto più ampio di origini del mondo contemporaneo.
Bibl.: I migliori manuali sulla storia della Restaurazione sono quelli di L. Cahen, Les débuts du monte contemporain, 1789-1848, Parigi 1932, e di Grant e Temperley, Europe in the 19th Century, 1789-1914, Londra 1927. La migliore opera storico-scientifica è quella di A. Stern, Geschichte Europas seit den Verträgen vom 1815 bis zum frankfurter Frieden von 1871, I, i-iii, Stoccarda e Berlino, 2ª edizione 1913-19; cfr. anche Ch. Seignobos, Histoire politique de l'Europe contemporaine, 7ª ed., I, Parigi 1924-26; G. Weill, L'éveil des nationalités et le mouvement libéral (1815-48), Parigi 1930. Le più vigorose critiche alla Restaurazione dal punto di vista liberale e nazionale furono quelle di G. Gervinus, Geschichte des neunzehnten Jahrhunderts seit den wiener Verträgen, Lipsia 1855-56, della cui famosa introduzione, edita fin dal 1853, esiste una traduzione italiana (Torino 1854), e di H. Treitschke, Deutsche Geschichte im XIX. Jahrhundert, voll. 5, Lipsia 1886-95; cfr. anche B. Croce, Storia d'Europa nel secolo XIX, Bari 1932. Per l'opera di ricostruzione della Restaurazione, M. Marion, Histoire financière de la France depuis 1715, IV, Parigi 1925; Meuccio Ruini, Luigi Corvetto, Bari 1929; L. Blanch, Luigi de' Medici come uomo di stato ed amministratore, ed. N. Cortese, in Archivio stor. per le prov. nap., n. s., anno XI (1927), pp. 101-197.
La storia dell'opera diplomatica della Restaurazione è stata completamente rinnovata da C. K. Webster, The Congress of Vienna, Oxford 1919; id., The foreign policy of Castlereagh, Londra 1925; K. Waliszewski, Le règne d'Alexandre I, Parigi 1924; H. von Srbik, Metternich. Der Staatsmann und der Mensch, voll. 2, Monaco 1925; H. Temperley, The foreign policy of Canning, Londra 1925; Th. Schiemann, Geschichte Russlands unter Kaiser Nikolaus I., Berlino 1904-1908.