rettorico
Con valore di aggettivo è usato da D. per sottolineare il bel modo rettorico (Cv II VII 12), ossia l'artificio con cui nella prima canzone del Convivio aveva nascosto sotto la sofferenza che dà la vista della donna l'effettiva grazia che essa dona; analogamente in Vn XXV 7 e 10 si riferisce al colore rettorico che, con alcuna figura, è strumento di ogni poeta.
Negli altri casi r. è usato quale sostantivo per designare il cultore dell'arte r., il quale può essere oratore o scrittore.
A questa duplice funzione del r. D. si riferisce spiegando l'allegoria della stella di Venere, simbolo della Retorica (v.): dinanzi al viso de l'uditore lo rettorico parla ... da lettera, per la parte remota, si parla per lo rettorico (Cv II XIII 14). Ma r. è insieme anche il poeta, come appare in quel passo del Convivio, in cui si parla della fabrica del rettorico (III IV 3) in relazione con il componimento poetico, e a questo si attribuiscono le doti di ogni ‛ artificiosa ' composizione, in cui ogni parte è organicamente disposta in ordine al principale intento.
Propria del r. è considerata la ‛ disposizione ', in II XI 9 (l'ordine del sermone... si pertiene a li rettorici), dove egli è distinto dal grammatico e dal musico, mentre uno schema tipico dell'oratore, la ‛ dissimulazione ', viene attribuito al r. poco prima (XI 6). I teorici, i maestri dell'arte r., i ‛ dettatori ', sono i rettorici di I II 3 (non si concede per li rettorici alcuno di sé medesimo sanza necessaria cagione parlare).
Altre occorrenze: Cv II VI 6, III IX 2, IV VIII 10.