reverse engineering
<rivë'ës enǧinìëriṅ> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Analisi, anche attraverso supporti informatici, delle forme e del comportamento di un oggetto, tecnico o biologico, allo scopo di studiarne il funzionamento e poterlo eventualmente riprodurre e migliorare, ricostruendone il progetto alla base. Il r. e. (o ingegneria inversa) è un processo che trasforma oggetti reali in modelli informatici per mezzo di sistemi di acquisizione di forme che sono in grado di riprodurre la geometria di un oggetto complesso con grande precisione. I campi di applicazione sono molteplici, e vanno dal design industriale alla conservazione dei beni culturali, dalle applicazioni chirugiche alla genetica e alle neuroscienze. In medicina, il r. e. permette di ottenere, a partire da un qualche tipo di immagine (radiografie, ecografie, RMN, ecc.) la ricostruzione di strutture anatomiche o biologiche (ossa, tessuti molli, ecc., e persino il volto dei pazienti). Con questi modelli virtuali vengono realizzate, per es., simulazioni e pianificazioni di interventi chirurgici. In genetica, attraverso il r. e. si cerca d'identificare le interazioni tra i geni, e quindi di decodificare complesse reti geniche, attraverso l’analisi di dati sperimentali relativi ai loro componenti, tipicamente i dati di espressione degli mRNA. Gli algoritmi di r. e. sono in grado di inferire correttamente le interazioni regolative tra geni, a condizione che vengano eseguiti gli esperimenti di perturbazione della rete richiesti. Lo studio delle reti di interazione proteiche è facilitato da tecnologie ad alta resa, quali il doppio ibrido, la spettrometria di massa e i chip di proteine analoghi ai microarray di acidi nucleici (v. ). Tecniche di r. e. sono anche applicate allo studio dei sistemi neuromorfi di emulazione dell’attività nervosa. Nel 2005, presso l’École polytechnique fédérale di Losanna, è stato avviato in collaborazione con l’IBM il Blue brain project che, utilizzando il supercomputer parallelo Blue gene, con 8192 processori, mira a realizzare una simulazione realistica di un tipico modulo corticale (decine di migliaia di neuroni), includendo nella simulazione il maggiore numero possibile di dettagli morfologici e biofisici. Una tale simulazione realistica potrà svolgere in qualche caso una funzione sostitutiva dell’esperimento, o più probabilmente facilitare la concezione di esperimenti mirati a chiarire specifici aspetti del funzionamento del cervello.