REVULSIVOTERAPIA (dal lat. revellere "portar via" e dal gr. ϑεραπεία "cura")
È una pratica medica che consiste nel provocare un'irritazione cutanea accompagnata da iperemia o da infiammazione allo scopo di agire su organi profondi.
Tale metodo curativo, usato fino da antichissimo tempo con la concezione empirica che per suo mezzo si potessero scacciare dagli organi interni e fare affiorare alla superficie il sangue ristagnante nei visceri o gli umori cattivi, trova oggi la sua spiegazione nella concezione dei riflessi viscero-cutanei messi in evidenza da J. Mackenzie, secondo la quale ogni territorio cutaneo corrisponde a un territorio viscerale con il quale è legato da relazioni nervose simpatiche, cosicché uno stimolo portato sulla pelle, riflettendosi attraverso il midollo spinale su quel segmento viscerale che gli corrisponde metamericamente, può provocare in quest'ultimo delle reazioni vasomotorie più o meno intense capaci da sole di concorrere efficacemente alla guarigione di un processo patologico.
La pratica della revulsione cutanea può essere fatta con mezzi differenti: fisici e medicamentosi. Fra i primi sono da ricordare: il calore, l'acqua, l'elettricità. Fra i secondi sono compresi farmachi diversissimi: per non citare che i principali ricorderemo lo iodio, usato in soluzione alcoolica (tintura di iodio); la farina di senape, che serve sia per la confezione di empiastri, mescolandola con farina ordinaria o farina di lino e acqua, sia per la fabbricazione delle comuni carte senapate; l'olio di croton, revulsivo potentissimo, che provoca sulla pelle una flogosi intensa con formazione di pustole; la cantaride che rappresenta il componente fondamentale delle comuni paste vescicatorie. La tecnica della revulsivoterapia differisce, naturalmente, a seconda del mezzo utilizzato e dello scopo che si vuole raggiungere; come criterio generale lo stimolo sarà tanto più energico quanto più il processo è cronico e si è dimostrato resistente alle altre terapie. Le indicazioni sono numerosissime; tra le più frequenti ricorderemo l'uso delle punte di fuoco praticate col termocauterio lungo il rachide nella cura del morbo di Pott; le docciature sull'addome nella cura dell'atonia dello stomaco, delle congestioni epatiche, della stitichezza atonica; la faradizzazione lungo la faccia posteriore della coscia nel trattamento di vecchie ischialgie; le pennellazioni di tintura di iodio sulle articolazioni in casi di vecchi processi artrosinovitici; gli empiastri senapati sul torace nella cura della polmonite, della bronchite, degli attacchi anginosi; le pennellazioni di olio di croton sull'addome nella peritonite tubercolare; l'applicazione di vescicanti cantaridati sul torace nel trattamento della pleurite. I risultati di questa pratica terapeutica sono in genere buoni e ne consigliano un largo uso in medicina.