RHEA (῾Ρέα, omerico ῾Ρείη; Rhea)
Divinità del più antico ciclo cosmologico e mitologico ellenico, figlia di Urano e di Gea, moglie di Kronos, madre di Zeus, Posidone, Ade, Hera, Hestia, Demetra, identificata in età tarda con la dea frigia Cibele (v.).
L'antichissima dea-madre cretese, secondo il Picard, potrebbe essere una prefigurazione della greca R., così come lo Zeus cretese, al quale è attribuito un ciclo di leggende che non hanno nulla a che vedere con lo Zeus olimpico, serberebbe un ricordo del dio maschile che aveva parte in sottordine nel rituale minoico, prima che gli indoeuropei imponessero alla Grecia il tipo dello Zeus olimpico. Sempre a queste interferenze di tradizioni egee si dovrebbe l'attribuzione a R. del leone, come madre dello Zeus cretese, giacché a Cnosso e nell'àdyton di Delfi sono stati trovati rhytà a testa leonina, usati per le libagioni sacre in onore di Rhea.
Nella più antica tradizione mitica greca (la Teogonia esiodea) si narra come, per sottrarre Zeus alla sorte di esser divorato dal padre Kronos, poco prima del parto R. si recasse a Creta, a Lyktos, e quivi desse alla luce il bambino; la nonna Gea lo nasconde in una caverna del monte Aigaion e poi reca a Kronos una pietra avvolta in fasce, in sostituzione del figlio. Nelle versioni più tarde il mito subisce alcune varianti: secondo Apollodoro R. partorisce Zeus nella grotta del monte Dikte, lo consegna lei stessa ai Cureti affinché lo allevino, ed è la diretta esecutrice del tranello. Secondo Callimaco (Inno a Zeus), Zeus nasce in Arcadia, sul Monte Lykaios, indi viene affidato da R. alla ninfa Nede che lo porta a Cnosso presso i Cureti. In conclusione va notato che, sebbene elementi preellenici stiano probabilmente alla base della figura di R., questa è già sentita dai più antichi poeti come prettamente greca, giacché va a Creta come a un luogo d'asilo e niente indica la sua provenienza da quella regione.
Una decisa influenza orientale riappare in età tarda, quando, specialmente nella tradizione orfica, essa è identificata con la frigia Cibele, il cui culto orgiastico si diffonde soprattutto in età ellenistica e romana: in questo stesso periodo i Cureti vengono assimilati ai Coribanti, mentre lo Zeus fanciullo trova un parallelo nella figura di Attis.
Pausania menziona un antichissimo tempio dedicato a Kronos e a R. nel peribolo dell'Olympieion, ad Atene; nello stesso scrittore troviamo la notizia di un rilievo arcaico su un altare di Tegea rappresentante R. e Zeus (viii, 47, 3) e di una statua isolata di R., porgente la pietra, scolpita da Prassitele nel tempio di Hera Telèia a Platea (ix, 2, 7). Entrambe queste opere sono perdute, e le altre raffiguranti di preferenza l'ἀπάτη, l'inganno di R., sono piuttosto tarde.
La prima testimonianza figurativa è offerta da pitture vascolari greche della prima metà del V sec. a. C. Un cratere ateniese a figure rosse, proveniente dalla Sicllia, ora al Louvre, mostra su un lato la scena della tecnofagia di Kronos, vecchio barbuto con himàtion pieghettato che si appoggia ad un alto scettro: di fronte a lui è R., in piedi, con una lunga tunica e un himàtion, i capelli trattenuti da tre nastri incrociati, e tende al marito la pietra fasciata; la seguono due donne, una delle quali è stata riconosciuta per Adrasteia. Sull'altra faccia Kronos riappare nella stessa positura, mentre R. sembra sottrarsi alla sua vista, volgendo la testa verso una dea alata, Iride o una Nike (benché i componenti di questa seconda scena siano identificabili di per sé, il significato generale rimane oscuro). Rappresentazione quasi identica in una pelìke a figure rosse da Rodi, attribuita al Pittore di Nausikaa (460-450 a. C.), ora al Metropolitan Museum: R. è stante, con un piede poggiato sulla roccia e tende la pietra fasciata al vecchio Kronos che tiene uno scettro. In età ellenistica, alla scena della sostituzione dell'infante, che si ispira fedelmente alla versione tradizionale della più antica poesia greca, si sostituisce un'immagine di R. in cui si fanno evidenti i legami con Cibele: così su monete delle città frigie di Apamea e Laodicea (III sec. d. C.) R. appare con Zeus fanciullo, circondata dai Coribanti; in un altro esemplare di Caracalla R. è la giovane donna inginocchiata che solleva il bambino con le due mani, mentre un dio montano (forse la personificazione del Monte Kadmos ove in queste più tarde versioni sarebbe nato Zeus) e una donna accorrente con veste svolazzante e braccia protese (Adrasteia?) sono gli altri protagonisti della scena.
Infine su uno dei piloni meridionali dell'altare di Pergamo (v.) R. è rappresentata in compagnia di Adrasteia (?) ed Efesto (?), in impetuoso movimento verso destra: è una figura dalle forme matronali e possenti, con un chitone sottile che nell'impeto della lotta le è scivolato dal braccio sinistro scoprendo la spalla e parte di un seno; il velo si gonfia dietro il suo capo mentre cavalca un leone ed estrae dal turcasso alle sue spalle una freccia per incoccarla nell'arco che doveva tenere nella mano sinistra: sopra il leone si libra l'aquila di Zeus che stringe fra gli artigli il fascio di fulmini.
In ambiente romano R. compare su due dei lati dell'ara capitolina, che mostra l'influsso dell'arte attica del IV sec., e in cui è stato visto appunto un riecheggiamento delle sculture prassiteliche ricordate da Pausania (v. sopra); il rilievo del lato anteriore mostra R. distesa a terra, pochi istanti prima del parto, con il gomito destro appoggiato alla roccia, i capelli scomposti, la parte inferiore del corpo e il capo velati; forse alla scena, che è mancante di una parte, presenziava Gea, secondo l'ipotesi dell'Overbeck. Il tipo di R. giacente, che non ci è noto per le rappresentazioni di analogo soggetto provenienti dalla Grecia, è stato probabilmente ispirato da quello, pure di età tarda, usato per Arianna (v.) addormentata a Nasso. Su un altro lato dell'ara è la consueta scena dell'inganno di R.: questa, col capo avvolto nel mantello è in piedi davanti a Kronos, assiso in trono, e gli presenta la pietra avvolta nelle fasce.
Per ultimo, una pittura scoperta nel 1865 in un sepolcreto fuori la Porta Laurentina, ad Ostia, ora al Museo Lateranense, mostra una scena in cui è stata vista la tecnofagia di Kronos; questi sarebbe il vecchio seduto, col capo velato, che pone la mano destra sul capo di un fanciullo ignudo mentre con la sinistra lo afferra per un braccio; la donna seduta accanto a lui è stata identificata con R., mentre in un'altra figura barbuta più arretrata e in una donna che si affretta da sinistra portando un oggetto informe, sono stati visti rispettivamente Urano (o un pedagogo) e la nutrice (oppure R. stessa recante la pietra, mentre l'altra donna seduta e col capo velato sarebbe in questo caso Gea). Da notare che lo Heydemann e lo Helbig pensavano a una scena di riconoscimento ripresa da qualche tragedia, perché le due figure virili sembrano portare l'ònkos, la maschera tragica; recentemente il Mayer è tornato all'idea del Visconti, che per primo pubblicò questa pittura: la quale è da considerarsi la copia (II sec. d. C.) di un eccellente originale pittorico greco illustrante il mito di R. e Kronos.
Monumenti considerati. - Cratere ateniese: E. Pottier, Vases antiques du Louvre, iii, Parigi 1922, n. G. 366, p. 236; A. B. Cook, Zeus, op. cit. in bibl., p. 930, fig. 775 a-b. Vaso del Metropolitan Museum: G. M. A. Richter, Red-Figured Athenian Vases in the Metropolitan Museum of Art, New Haven 1936, p. 100, n. 72, tavv. lxxv, clxxiii; A. B. Cook, op. cit. in bibl., p. 932, fig. 776. Monete frigie: J. Overbeck, op. cit. in bibl., p. 336, nn. 17-18; Atlas, tav. v, n. 6; F. Imhoof-Blumer, Antike Münzbilder, in Jahrbuch, iii, 1888, pp. 289-90, tav. ix, n. 18. Altare di Pergamo: J. Overbeck, Geschichte der Griechischen Plastik, ii, Lipsia 18944, p. 277; E. Schmidt, Der grosse Altar zu Pergamon, Lipsia 1962, p. 33, tavv. xxv, xxvi. Ara capitolina: E. Braun, Vorschule der Kunstmythologie, Gotha 1854, pp. 3-4, tavv. II-III; H. S. Jones, A Catalogue of the Ancient Sculptures in Rome. The Sculptures of the Museo Capitolino, Oxford 1912, p. 276, tav. lxvi; A. B. Cook, op. cit. in bibl., p. 934, fig. 778. Pittura ostiense: O. Benndorf-R. Schöne, Die antiken Bildwerke des Lateranensischen Museums, Lipsia 1867, pp. 400-01, n. 589; B. Nogara, Le nozze Aldobrandine... e le altre pitture murali antiche conservate nella Biblioteca Vaticana e nei Musei Pontifici, Milano 1907, pp. 70-1, tav. xlv a; A. B. Cook, op. cit. in bibl., p. 935, fig. 779.
Bibl.: F. G. Welcker, Griechische Götterlehre, II, Gottinga 1860, p. 216 ss.; J. Overbeck, Griechische Kunstmythologie, II, Lipsia 1871, passim; id., Geschichte der Griechischen Plastik, I4, Lipsia 1893, p. 499; A. Rapp, in Roscher, IV, 1909-15, c. 88-96; s. v.; cfr. anche M. Mayer, ibid., II, I, s. v. Kronos; A. B. Cook, Zeus, III, I, Cambridge 1940, pp. 927-35; Ch. Picard, Les Religions préhelleniques (Crète et Mycènes), Parigi 1948, p. 117-8.