Vedi RHESAPHA dell'anno: 1965 - 1996
RHESAPHA (Ruṣāpha, Raṣappa, Reṣef, ῾Ρησάϕα, Rhesapha)
Città della Siria del N, a S del Thapsakus a circa 35 km dall'Eufrate.
In passato, quando forse non era ancora stata raggiunta dalla steppa, R. era stata centro di notevole importanza. Negli elenchi di eponimi assiri Raṣappa appare come la capitale della provincia di Laq̄e; dalle menzioni bibliche (Isaia, 37, 12 = Il Re, 19, 12) apprendiamo che la strada del deserto dall'Eufrate a Palmira già esisteva in età tanto antica, e passava per Reṣef. Gli itinerarî romani mettono ῾Ρησάϕα come seconda stazione dopo Σοῦρα sulla grande via per Palmira e Damasco verso la Transgiordania e il Golfo di Aqaba e l'Egitto (Strada Diocleziana). Nel IV sec. d. C. la Notitia Dignitatum conta R. tra i 12 castelli maggiori soggetti al dux Synae et Euphratensis.
Un prestigio inatteso doveva venire alla città dal martirio del soldato cristiano Sergio. La sua Passio, giunta in due versioni leggermente discordanti, greca e latina, e che lo associa al martire Bacco - sepolto a Barbarisso, oggi Bāsil-Meskene -, ci informa di una memoria eretta fuori delle mura del castrum e di una successiva traslazione. La nuova chiesa, consacrata alla presenza di quindici vescovi, è probabilmente quella menzionata negli Atti del Concilio di Efeso (ed Schwarz, i, 4, 163, 185), eretta a proprie spese dal vescovo di Hierapolis, da cui R. dipendeva, pochi anni prima del Concilio. Doveva essere un piccolo edificio, se era costato 300 scudi d'oro. Ma già nel 434 circa R. si emancipava da Hierapolis, dandosi un proprio vescovo; nel 570 R. contava cinque suffraganee: Zenobias, Orisa, Erygene, Oragiza, Agrippias. Il culto di S. Sergio cresceva soppiantando antichi culti locali e trasformando R. in uno dei più venerati santuarî del mondo cristiano. Prima del 512, l'imperatore Anastasio otteneva per Costantinopoli il pollice di S. Sergio, e in compenso elevava R. al rango di metropoli dandole il nome ufficiale di Sergioupolis. È documentato soltanto presso Giorgio Kyprios il nome di Anastasioupolis. Di fronte alle minacce di Cosroe, Giustiniano muniva R. di mura - non necessariamente finite prima dell'assedio del 540 - costruiva nei pressi due grandi riserve d'acqua; inoltre donava al santuario di S. Sergio una croce preziosa, che in seguito fu rapita da Cosroe I e che Cosroe II dovette restituire, oltre a una seconda croce e a un ricchissimo ex voto (Euagr., iv, 28; vi, 21; Niceph. Callist., xviii, 21; Theophylact. Simoc., v, 13).
Fu questo il periodo di maggiore splendore di R., che doveva contare allora 5-6ooo abitanti. La città era ancora scarsamente abitata nel XII-XIII sec., ma un terremoto, verso la fine dell'VIII sec., ne aveva gravemente danneggiato gli edifici. Le mura diseguano un quadrangolo irregolare, sviluppando un perimetro di m 1447 circa. Specialmente dopo i rilievi e gli scavi del 1950-56, è possibile riconoscere le tracce della rete stradale e contrapporre a un sistema alquanto irregolare nella zona occidentale una chiara planimetria intorno alla cosiddetta "basilica A" ad E. Le mura presentano ai quattro angoli torrioni rotondi, dalla cortina sporgono torri alternatamente a pianta triangolare e a pianta quadrangolare, inframezzate ad altre torrette. La porta più importante e più ricca è quella a N, rivolta alla strada verso l'Eufrate, che con i suoi tre portali, le sei colonne che li inquadrano, sostenendo tre archi collegati in un sistema unico da due archetti, è un magnifico esempio di architettura giustinianea. Da questa porta una strada, messa in luce dagli scavi del 1956, porta a uno degli edifici principali della città, il cosiddetto martyrion. La costruzione consta di un rettangolo centrale formato da quattro pilastri a L angolari; tre lati del rettangolo sono aperti in esedre su colonne, il lato E è aperto in un grande arco. Questo sistema centrale è iscritto entro un deambulatorio il cui perimetro esterno segue l'andamento del corpo centrale, a E è posta l'abside, poligonale all'esterno, con tre finestre, fiancheggiata da due ambienti absidati le cui absidi sporgono all'esterno sotto forma di torri rettangolari, allineandosi sullo stesso piano dell'abside maggiore centrale. Gli scavi più recenti hanno messo in luce un fonte battesimale nell'absidiola N e il synthronon, con al centro la cattedra episcopale, nell'abside maggiore. Anziché di un martyrion, si tratta dunque della chiesa episcopale. L'edificio s'inquadra in un tipo assai interessante, che ha esempî a Seleucia di Pieria, ad Apamea e persino a Milano (S. Lorenzo). Il Monneret de Villard proponeva di riconoscerne il prototipo nella "Chiesa aurea" di Costantino ad Antiochia. I ricchissimi particolari architettonici indicano il IV sec. come data della costruzione; il nome di un Abraham, iscritto sul pulvino in una nicchia dell'angolo N-E, sopra un sarcofago, ha fatto pensare al vescovo Abraham ricordato nel 553. Altre tombe fan ritenere che qui fossero sepolti i vescovi di Rhesapha.
Quasi al centro della città, verso S, sorge la chiesa più antica di R., la "basilica B". È basilica a tre navate divise da colonne (10 per lato), cui in un secondo tempo furono aggiunti due portici sul lato S e sul lato O. Restauri risalgono alla fine dell'VIII sec. e anche al xii-xiii. È probabile che l'edificio sorgesse sul luogo della chiesa eretta dal vescovo Alessandro, ipotesi che scavi futuri potranno controllare. Molte indicazioni, specialmente l'intaglio dei capitelli, concorrono ad assegnare alla basilica una data fra il 480 e il 490. Molto interessante è la parte terminale E della basilica, che non presenta la chiara distribuzione che comparirà più tardi nella basilica A. L'abside, in cui si aprono tre finestre, sporge con perimetro semicircolare; ai suoi lati sono due ambienti, accessibili dalle navatelle e dalla stessa abside, che sono in comunicazione con altri due vani; quello a N sporgente dal corpo della chiesa, quello a S in parte raggiunto dal portico (che si deve datare, per i capitelli, allo stesso tempo della porta N e del cosiddetto martyrion).
Dall'ambiente che si affaccia sulla navatella S - pastoforo; quadrato, con resti di un secondo piano, cui si accedeva da una scala a chiocciola ricavata fra l'abside e questo vano - si accede a una seconda stanza a pianta quadrata delle stesse dimensioni con abside a E, che presenta nel pavimento uno spazio libero che doveva essere probabilmente occupato da un sarcofago. J. Kollwitz pensa al possibile sepolcro di un fondatore. L'ambiente più vicino all'abside a N è invece una cella tricora. Le sue pareti sono scandite da lesene con base di poco aggettante; il fregio, appena conservato, mostra tracce di decorazione in oro su bolo rosso; tessere di paste vitree ritrovate in quantità sul suolo dimostrano che l'ambiente era coperto da una vòlta mosaicata. Nell'abside E è notevole una lastra rettangolare con le tracce di quattro sostegni agli angoli e un canale scavato nel mezzo, in cui si deve riconoscere quanto resta di un sarcofago per reliquie di martiri, con il caratteristico impianto per l'"olio dei martiri". Nell'ambiente a N più esterno, cui si accede dalla cella tricora e che risulta costruito al di fuori del piano della chiesa, si trova un altro sarcofago per reliquie. Mentre la grande cella tricora doveva accogliere il corpo di S. Sergio, il Kollwitz suggerisce che il vano aggiunto potesse ospitare le reliquie di S. Bacco. Poiché la prima chiesa consacrata a entrambi i martiri è quella di Umm is-Surab (489), lo stesso Kollwitz ritiene che questa possa fornirci un terminus ante per la basilica B di R. - o, per lo meno, per l'aggiunta dell'ambiente all'estremo N. Con Sergio e Bacco era venerato nel VI sec. anche Leonzio, il cui nome appare per due volte in graffiti nel vano S. Infine si deve ricordare, al centro della navata, un ambone, con piattaforma circolare e due scale, l'una a E, l'altra a O.
Notevole all'esterno la decorazione delle finestre ad arco delle navatelle con una cornice che, partendo da metà finestra, ne circonda la parte superiore per discendere ad incontrare, con una fascia orizzontale, la finestra successiva. Questa ancor sobria decorazione è un chiaro segno delle tendenze del 480-90 circa.
La basilica A, nell'angolo S-O della città, è l'edificio maggiore di Rhesapha. Inclusa entro un perimetro regolare di mura, consolidata da poderosi contrafforti dopo i terremoti, restaurata più volte e rimasta in uso sino ad età assai tarda, è forse la chiesa claustrale di R., così come la basilica B è il santuario del martire locale e la chiesa a pianta centrale è la cattedrale. Una fonte del VI sec. ricorda appunto un monastero fondato dal vescovo Giuseppe. Basilica a tre navate, divise da archi su pilastri cruciformi. Gli archi sono tre su ogni lato, e poiché sulla navata i pilastri salgono sino al tetto, dove dovevano sostenere le travi maggiori, la basilica è divisa in tre campate. Nel cleristorio tra una finestra e l'altra è collocata una colonna (sostenuta da una mensola), che doveva avere anch'essa la funzione di sorreggere il tetto. In un secondo tempo, per esigenze statiche, i grandi archi (tranne l'ultimo a N) tra la navata e le navatelle furono ridotti ciascuno in due archi più piccoli, addossando due colonne ai pilastri e collocando una terza colonna in mezzo. I fusti delle colonne provengono con ogni probabilità dal grande cortile a N della chiesa, e sono più alti dei pilastri. Un monumento assai notevole sorge al centro della navata: è il più complesso dei cosiddetti "amboni" siriaci a noi pervenuti. Una recinzione, con transenne e pilastrini - questi ultimi destinati a sostenere piuttosto lampade e icone anziché una copertura - include una zona rettangolare che, alzandosi man mano di varî gradini, culmina in un'esedra in cui è costruito un synthronon al cui centro è il posto per un piccolo trono. Altri banchi corrono lungo la recinzione, al centro sono i resti di un baldacchino e di un altare. È, secondo gli studî di Lassus e di Tchalenko, il luogo destinato alla liturgia della pre-messa, di cui altri esempi sono noti in Siria.
Il risalto plastico ricercato nelle membrature architettoniche, l'intaglio dei capitelli pongono questa costruzione in relazione con Qalat Sim῾an (v. antiochia) e con l'edificio a pianta centrale di R., consentendo una datazione intorno al 500.
Bibl.: V. Chapot, in Bull. Corr. Hell., XXVII, 1903, p. 280 ss.; F. Sarre-E. Herzfeld, Archäologische Reise im Euphrat- und Tigrisgebiet, Berlino, I, 1911, p. 136; II, 1920, p. i ss.; Honigmann, in Pauly-Wissowa, II A, 1923, c. 1684 ss., s. v. Sergiupolis; H. W. Beyer, Der Syrische Kirchenbau, Berlino 1925, p. 74-75; H. Spanner-S. Guyer, Ruṣafa: die Wallfahrtsadt des heiligen Sergios, Forschungen zur Islam. Kunst, hsggb. von F. Sarre, Berlino 1926; A. Musil, Palmyrena, New York 1928, pp. 155; 260; 299; H. Delehaye, Les origines du culte des Martyrs2, Parigi 1933, p. 210; A. M. Schneider, Liturgie und Kirchenbau in Syrien, in Nach. v. d. Akad. d. Wiss. in Göttingen, Gottinga 1949, p. 54 ss.; id., Bericht über eine Reise nach Syrien und Jordanien, ibid., Gottinga 1952, n. 4; J. Lassus, Sanctuaires Chrétiens de Syrie, Parigi 1947, p. 173; id., in Dict. d'Arch. Chrét., XV, 2. 1953, c. 1855 ss., s. v. Syrie; id., Ambons syriens, in Cahiers Arch., V, 1951, p. 75 ss.; J. Kollwitz, Die Grabungen in R., Herbst 1954, Herbst 1956, in Arch. Anz., 1957 (pubbl. 1958), p. 6-109; LXIX, 1954, p. 119-138; id., in Actes du Xe Congrès Int. d'Études Byz., Istanbul sept. 1955, Istanbul 1957, p. 141-144, tavv. XXV-XXVI; id., in Neue Deutsche Ausgrabungen, Berlino 1959; G. Tchalenko, Villages antiques de la Syrie du Nord, Parigi 1953-58.