riallineamento
Modifica della parità di cambio fra due valute. Si rende utile o necessario in un regime di cambi fissi in cui la banca centrale di un Paese si è impegnata (unilateralmente o previo accordo bilaterale o multilaterale) a mantenere un predeterminato livello del tasso di cambio nei confronti di un’altra moneta o di un paniere di valute, qualora variazioni delle condizioni economiche o politiche interne e/o internazionali (tipicamente variazioni significative della capacità competitiva del Paese e/o squilibri nella bilancia dei pagamenti) ne consiglino o rendano necessaria l’adozione.
L’Italia ha fatto spesso ricorso in passato a una strategia di svalutazioni competitive, ottenute riallineando la parità nei confronti delle valute forti, come il marco tedesco (e quelle a esso ancorate). In particolare, dopo la nascita, nel marzo del 1979, dell’ECU (➔), una moneta di conto composta da un paniere di valute europee che includeva anche il marco e la lira, alla cui base vi era un regime di cambi fluttuanti intorno a una parità centrale con una banda di oscillazione tollerata del 2,5% (6% per l’Italia), vi furono nel decennio successivo ben 12 r., 9 dei quali coinvolsero (anche) il marco o la lira, o ambedue. La lira, in particolare, si svalutò in due riprese nel 1981 (del 6% nel marzo e del 3% in ottobre), e poi nel 1982 (2,75%), nel 1983 (2,5%) e ancora nel 1985 (6%), rivalutandosi invece una sola volta, del 4%, nel 1990, in concomitanza con l’ingresso nella banda stretta (2,5%) di oscillazione. Il marco, invece, si rivalutò, solitario o insieme con altre valute, in ben 7 riprese (del 5,5% due volte, del 4,25%, del 3% due volte e del 2% altre due volte). Di conseguenza, la parità nominale fra lira e marco, attestata nel 1980 a 471,4 lire per marco, toccò quota 741,8 nel 1990. La crisi economico-finanziaria-istituzionale del 1992 determinò un’altra svalutazione del 7% della lira e poi, poco tempo dopo, l’uscita dal Sistema Monetario Europeo (➔ SME), con la decisione di lasciar fluttuare liberamente il cambio. Il rientro nello SME avvenne nel 1996, con la parità lira/marco a quota 990. Questa fu anche la base valutaria cui fu ancorato l’ingresso nell’euro, deciso nel 1998 e a cui l’Italia partecipò sin dall’inizio (2002). Dopo la scelta di aderire alla moneta unica europea non è più possibile fare ricorso alla leva della svalutazione competitiva.