RIBOSOMA
In biologia cellulare si indicano come r. degli organuli citoplasmatici contenenti le ribonucleoproteine, la cui funzione principale è la traduzione degli RNA messaggeri (mRNA), copie complementari del DNA contenenti l'informazione genetica, in proteine. Al microscopio elettronico il r. appare una particella sferoidale di 23 nm, composta da due subunità, una grande e una piccola, contenenti una molecola di RNA (RNA ribosomiale: rRNA) e proteine.
Già nei primi anni Quaranta era ormai chiaro, mediante metodi chimici, enzimatici e di spettrofotometria, che buona parte del citoplasma della cellula aveva una componente basofila e tale proprietà fisico-chimica doveva ascriversi al contenuto di RNA. Solo nei primi anni Cinquanta con l'impiego di nuovi metodi di estrazione cellulare, come l'ultracentrifugazione su gradienti e soprattutto con lo sviluppo della microscopia elettronica è stato possibile stabilire che l'RNA è contenuto in particolari organuli citoplasmatici detti appunto ribosomi. I r. sono stati osservati per la prima volta al microscopio elettronico nel 1955 da G.E. Palade, che localizzò queste particelle o granuli elettrondensi sia attaccati alle membrane del reticolo endoplasmatico sia liberi nel citoplasma. Nel 1956 ulteriori indagini biochimiche, citologiche e ultrastrutturali misero in grado di confermare la presenza dei r., il loro contenuto di RNA e il loro ruolo nella sintesi proteica.
Per la loro funzione di ''traduttori'', i r. contengono un'uguale quantità di RNA e proteine. Inoltre, la loro localizzazione nel citoplasma delle cellule fornisce un'impalcatura fondamentale a tutte le strutture molecolari deputate alla sintesi proteica. Per es., il batterio Escherichia coli contiene circa 10.000 r., ciascuno dei quali di peso molecolare di circa 3 milioni: nei batteri essi rappresentano circa il 25% della massa totale; nelle cellule dei mammiferi si trovano circa 10 milioni di r. per cellula, di dimensione doppia rispetto a quelli dei procarioti. Le due subunità di cui sono composti i r. (sia quelli eucariotici sia quelli procariotici) differiscono fra loro per massa, forma, composizione chimica e funzioni. Le subunità e le molecole di rRNA sono comunemente misurate in unità Svedberg (corrispondenti alla misura del coefficiente di sedimentazione delle particelle dopo centrifugazione alle condizioni standard e in assenza di Mg++). Un r. di una cellula eucariote misura in totale 80 S; dopo dissociazione si ottiene una subunità piccola di 40 S e una grande di 60 S. Il r. dei procarioti risulta di 70 S corrispondenti a 30 S per la subunità piccola e 50 S per quella grande. I r. si riscontrano anche nei mitocondri e nei cloroplasti delle cellule eucariote e a loro spetta la trascrizione delle proteine codificate dal DNA contenuto nei rispettivi organuli. In questi casi, i r. sono più piccoli di quelli citoplasmatici e ricordano piuttosto quelli dei procarioti.
Nel citoplasma delle cellule eucariote i r. si possono trovare sia attaccati al reticolo endoplasmatico, sia liberi nel citoplasma (in realtà, molti di questi r. liberi sono ancorati a fibre del citoscheletro cellulare). Qualunque sia la loro localizzazione, queste due classi di r. hanno la stessa composizione proteica e lo stesso RNA ribosomiale (fig. 1). Esperimenti effettuati su r. isolati da lisati cellulari hanno inoltre dimostrato che entrambi i tipi di r. possono tradurre qualsiasi RNA messaggero. È quindi probabile che la maggior parte dell'informazione responsabile della distribuzione intracellulare delle proteine sia contenuta nella sequenza degli amminoacidi della stessa proteina. Le proteine citoplasmatiche vengono quindi trascritte dai r. liberi mentre le proteine di membrana e secretorie saranno trascritte dai r. attaccati al reticolo endoplasmatico. Durante la sintesi proteica sono numerosi i r. che si possono attaccare a un singolo RNA messaggero dando origine ai poliribosomi o polisomi. In questo modo un singolo mRNA può essere trascritto da molti r. nello stesso momento. L'mRNA si trova esattamente tra le due subunità ribosomiali, assicurando la protezione di 25÷40 nucleotidi dell'mRNA dall'azione degradativa delle ribonucleasi e degli altri enzimi proteolitici presenti nel citoplasma. Recentemente, questo spazio compreso tra le due subunità è stato identificato e caratterizzato come un vero e proprio ''tunnel''. Le due subunità delimitano i confini del tunnel all'interno del quale la proteina nascente si va formando per raggiungere l'uscita solo quando la sua struttura sarà ultimata, corretta, presentando la sequenza amminoacidica di segnale di uscita.
Come abbiamo visto, i maggiori costituenti dei r. sono RNA e proteine e sono presenti approssimativamente in eguale quantità. Le cariche positive delle proteine ribosomiali non sono sufficienti a bilanciare i numerosi residui fosfato-negativi dell'RNA e questo rende i r. chimicamente negativi, in grado di legare cationi ed evidenziabili quindi mediante coloranti basici. L'RNA ribosomiale rappresenta più dell'80% dell'RNA presente in una cellula.
Per quel che riguarda l'RNA contenuto nei r., questo varia a seconda che si tratti di procarioti o eucarioti. I r. dei procarioti contengono 3 molecole di RNA: una di 16 S nella subunità piccola, una di 23 S e una di 5 S nella subunità più grande. Negli eucarioti troviamo invece 4 RNA ribosomiali: 18 S nella subunità piccola, 28 S, 5,8 S e 5 S in quella grande. Gli rRNA di 28 S, 5,8 S e 18 S sono sintetizzati nel nucleolo e derivano da un'unica molecola precursore di RNA di 45 S e 14.000 nucleotidi che viene successivamente scissa nelle varie porzioni. La subunità 5 S invece è codificata da un gene presente nel nucleo. Le proteine ribosomiali, come vedremo, sono sintetizzate nel citoplasma e migrano successivamente, così come la subunità 5 S, nel nucleolo dove il r. viene montato insieme con le altre subunità; una volta completato, il r. raggiunge il citoplasma della cellula passando attraverso i pori nucleari.
La struttura primaria degli RNA delle subunità piccola e grande è rappresentata da sequenze nucleotidiche che, per molti organismi, sono ormai note e variano dai 950 ai 1800 nucleotidi. La struttura secondaria è rappresentata per il 70% da brevi tratti di doppia elica, dovuta alla complementarietà tra basi di due segmenti contigui. All'interno di tale struttura sono state identificate anche molte regioni a singolo filamento che, a volte, possono formare un anello o eliche (dette hair pin loop) dove le varie proteine ribosomiali si legano (fig. 2).
Mentre la struttura primaria differisce sensibilmente per sequenza nucleotidica tra specie e specie, l'analisi della struttura secondaria ha posto in evidenza che la lunghezza e la posizione di 40 eliche sono identiche o molto simili nei procarioti e negli eucarioti. Questi elementi, a loro volta, si raggruppano in particolari domini conferendo all'RNA ribosomiale una caratteristica struttura più complessa che viene detta ''terziaria''. All'interno di questa struttura, sono stati attualmente identificati almeno 3 domini principali che permettono il legame con gli enzimi della sintesi proteica. La maggior parte di queste informazioni (struttura primaria, secondaria e terziaria) riguarda per lo più la struttura dell'RNA ribosomiale della subunità piccola. Più complicata sembra essere la struttura della subunità grande, anche se la presenza di numerose omologie tra le varie specie mostra che questa porzione dell'unità ribosomiale è stata ampiamente conservata nel corso dell'evoluzione (fig. 3).
L'RNA ribosomiale, oltre a rappresentare la struttura principale del r., svolge un ruolo primario nella sintesi proteica. Anche in questo caso sono state identificate sequenze costanti ed essenziali. Nei procarioti, la posizione 3ª terminale dell'RNA 16 S della subunità piccola possiede una sequenza di basi detta sequenza Shine and Dalgarno, complementare e specifica per un sito di legame presente in molti RNA messaggeri. L'interazione tra questi due siti (rRNA e mRNA) rappresenta il segnale d'inizio della sintesi proteica. L'RNA 5 S della subunità grande possiede a sua volta una sequenza complementare al tetranucleotide TpsUCG presente in tutti i tRNA (RNA transfer) che permette l'interazione tRNA e ribosoma. Altre regioni ben conservate, che sono state identificate e spesso analizzate, sono quelle del sito di legame tra codone e anticodone; la regione con attività enzimatica peptidiltransferasi; i siti d'interazione con i fattori di allungamento EF-Tu ed EF-G e, infine, i siti d'interazione per specifici antibiotici.
La porzione ribosomiale meglio studiata è la subunità piccola (30 S). Questa porzione è coinvolta nelle fasi iniziali della trascrizione ed è, come si è detto, il sito dell'interazione codone-anticodone. Nel corso della sintesi proteica, tale subunità interagisce con l'mRNA, con il tRNA, con altri fattori che danno inizio alla trascrizione e, necessariamente, con la subunità grande (50 S). In virtù di queste caratteristiche, il r. può controllare e regolare la corretta sintesi proteica.
Passiamo ora a esaminare brevemente le proteine contenute nel ribosoma. La maggior parte delle informazioni sulla struttura di molte di queste proteine è stata ottenuta con la cristallografia a raggi X e con la risonanza magnetica nucleare (NMR) ad alta risoluzione. La subunità piccola 30 S dell'Escherichia coli oltre all'rRNA di 16 S, è composta da 21 differenti proteine ribosomiali (proteine r), definite in base alla loro dimensione decrescente da S1 a S21. Tali proteine formano un complesso a struttura tridimensionale tenuto insieme da legami non covalenti. Nella subunità più grande (50 S) ci sono invece 34 proteine (L1-L34). Tutte le proteine sono differenti tranne una che è presente in entrambe le subunità, cioè la S20 e la L26: in totale le proteine risultano, quindi, 54. Il loro peso molecolare varia da 7000 a 32.000 dalton, tranne per la S1 che pesa 65.000 dalton.
Grazie alle metodologie immunocitochimiche, siamo oggi in grado di ricostruire la distribuzione topografica delle varie proteine nelle rispettive subunità. Mediante sistemi di ultracentrifugazione su gradienti di cloruro di cesio, le proteine ribosomiali si dissociano dai r. che diventano inattivi. Le proteine possono essere quindi nuovamente reinserite nei r. che riprendono così la loro regolare attività. Modificando o eliminando una singola proteina è possibile identificarne la funzione. Per es., è stata identificata con tale metodo la proteina chiamata initial binding protein: la prima che si lega a un sito specifico dell'rRNA e senza la quale le altre proteine non possono legarsi. È stato osservato in Escherichia coli che la sintesi delle 54 proteine e dei tre rRNA si svolge attraverso un processo controllato molto accuratamente, in realtà, dalla cellula. È la cellula, infatti, che da un lato non deve eccedere nella neosintesi, dall'altro non deve registrare l'eventuale assenza di una o più proteine che altererebbe la funzione ribosomiale. Tale controllo avviene attivando e disattivando l'mRNA delle proteine ribosomiali. In Escherichia coli, appunto, questi mRNA sono policistronici, contengono cioè in un singolo mRNA l'informazione per molte proteine e la loro sintesi è finemente regolata mediante un meccanismo di regolazione autogenica. Lo sviluppo di nuove tecnologie di biologia molecolare e d'immunoelettromicroscopia ha permesso di localizzare alcune di queste proteine all'interno delle subunità del r. e, in particolare, la loro associazione con alcuni nucleotidi che formano i siti specifici dell'rRNA.
Per es., nell'Escherichia coliuno dei tre siti di legame per il tRNA durante la sintesi proteica è delimitato da specifiche proteine: la proteina S7 è il maggiore componente del sito P che lega il peptidil-tRNA durante l'allungamento e l'fMet-tRNA per l'inizio della sintesi proteica; questa posizione è delimitata, a sua volta, dalle proteine L5, L2, L16, L1, L33 e L27 nella subunità ribosomiale 50 S e dalle proteine S5, S7 e S9 nella subunità 30 S. Particolarmente degna di nota è la proteina L6, associata con l'rRNA 23 S in corrispondenza dei nucleotidi 2473-2481 e in grado di controllare il legame con l'acil-tRNA. Mutazioni e delezioni riguardanti questa proteina possono influire sulla resistenza all'antibiotico gentamicina. Recenti scoperte hanno messo in luce che la proteina S17 è posta alla base della subunità 30 S in associazione con le altre proteine ribosomiali S8 e S15, e sembra essere responsabile della formazione e della struttura della subunità di 30 S.
Bibl.: Ph. Siekevitz, P.C. Zamecnik, in Journal of cell biology, 91/3,2 (dicembre 1981), pp. 53-65; B. Alberts, D. Bay, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, J.D. Roberts, Biologia molecolare della cellula, Bologna 1992.