ricapitalizzazione
Operazione mediante la quale si realizza un aumento effettivo del capitale sociale di un’impresa. Può servire sia a dotare l’attività di nuovi mezzi patrimoniali necessari per le esigenze aziendali sia a riequilibrare il rapporto fra mezzi propri (capitale netto) e mezzi di terzi (debiti), sostituendo, almeno parzialmente, i primi ai secondi. Per avere una r., l’aumento di capitale deve essere realizzato mettendo a disposizione risorse nuove e non semplicemente con la trasformazione in capitale sociale di riserve o utili non distribuiti già inseriti nel capitale netto dell’impresa. Queste possono essere conferimenti di denaro o di beni materiali (immobili, macchinari, attrezzatura, brevetti, crediti ecc.). Nel secondo caso il valore del conferimento deve essere certificato da una perizia di stima rilasciata da esperti qualificati.
Nelle società per azioni, l’aumento di capitale avviene con emissione di nuovi titoli la cui sottoscrizione, salvo diversa delibera degli organi sociali, è riservata ai vecchi azionisti. A essi è concesso il diritto di opzione, ovvero di sottoscrivere nuove azioni in una proporzione tale, rispetto a quelle già possedute, da non alterare la propria quota di proprietà del capitale dell’impresa. Nelle società quotate in borsa, nel periodo che intercorre fra l’approvazione dell’aumento e il termine ultimo per l’esercizio del diritto di opzione, si crea un mercato (parallelo a quello delle azioni della società) su tali diritti. Essi sono appetibili quando il prezzo di sottoscrizione delle nuove azioni è considerato inferiore al loro valore atteso di mercato dopo la realizzazione dell’aumento di capitale. Non è necessario che il prezzo di sottoscrizione di una nuova azione coincida con il valore nominale dell’azione, anzi spesso il primo è significativamente superiore, sia per effetto dell’accumulazione di riserve esplicite od occulte sia per tenere conto dei riflessi sul prezzo delle prospettive di un’elevata redditività futura dell’impresa.
In Italia si ritiene che parte della bassa produttività che ha caratterizzato gli anni 2000 sia da addebitare anche alla carenza di dotazioni di capitale da parte di molte imprese, in particolare quelle piccole e medie. Per ovviare a questo inconveniente, si sono spesso varati provvedimenti di incentivazione al rafforzamento patrimoniale con l’introduzione di sgravi fiscali; in particolare, la l. 102/2009 consente di detrarre per 5 anni dagli utili di esercizio delle società italiane di persone o di capitali una somma pari al 3% degli aumenti di capitale sottoscritti (prima del 5 febbraio 2010) da persone fisiche entro un massimo di 500.000 euro.
Dopo la crisi del 2007, ha assunto un ruolo centrale anche la questione della r. del sistema bancario. Si è ritenuto che molte banche e società finanziarie europee e statunitensi avessero esagerato nell’utilizzo della leva finanziaria, e che ciò le rendesse molto vulnerabili aumentandone, oltre i limiti di tollerabilità, la probabilità di insolvenza. Di qui le richieste ultimative rivolte a molti istituti bancari dalle autorità di vigilanza o da esponenti delle istituzioni di procedere a significative r. mediante aumenti di capitale. In particolare nel secondo semestre 2011, il presidente della Commissione europea J. Barroso ha ipotizzato l’esigenza di aumenti di capitale del sistema bancario europeo per non meno di 100 miliardi di euro complessivi. Essi dovrebbero essere realizzati, dapprima facendo ricorso al mercato, poi con interventi di sostegno a carico dei singoli Stati e, solo in caso di ulteriore necessità, dal Financial European Stability Fund (cosiddetto Fondo salva Stati), posto nel frattempo in condizioni di operare.