DRIGO, Riccardo
Nacque a Padova il 30 giugno 1846 da Eugenio, avvocato, e da una nobildonna di Adria, sorella del patriota Bortolo Lupati.
Studiò con A. Jorich, P. Bresciani ed A. Buzzolla; da quest'ultimo apprese nozioni teoriche di contrappunto e composizione e mutuò la predilezione per G. Donizetti e le melodie lagunari. Nella basilica di S. Antonio diresse, diciottenne, una Messa a tre voci da lui composta, mentre la sua prima opera, Don Pedro di Portogallo (libretto di A. Gasparini), fu rappresentata al teatro Nuovo di Padova il 26 luglio 1868.
Si dedicò poi all'attività direttoriale in piazze, più o meno di cartello, della provincia veneta con Idue orsi di C. Dall'Argine, Faust di C. Gounod e Iltrovatore di G. Verdi (Padova, teatro dei Concordi, 1873). Il suo repertorio comprendeva nel '77 (teatro Eretenio di Vicenza) Un ballo in maschera di G. Verdi, Salvator Rosa di C. A. Gomes, Lucia di Lammermoor di G. Donizetti, L'africana di G. Meyerbeer ed il Ruy-Blas di F. Marchetti; nell'estate successiva, al teatro Garibaldi di Padova, Ernani e Nabucco di G. Verdi. Nel '79 diresse al teatro dei Concordi Ilbarbiere di Siviglia di A. Graffigna, un lavoro mediocre il cui esito fu buono "grazie all'abilità coloratrice del maestro concertatore" (IlBacchiglione, 18 maggio 1879), ed al teatro Manzoni di Milano Ero e Leandro di G. Bottesini. Il 19 settembre dello stesso anno fu scritturato dal teatro Imperiale dell'Opera italiana di Pietroburgo, incarico che gli fu rinnovato fino al 1885; il suo debutto avvenne con Unballo in maschera e Aida di G. Verdi.
Al termine della stagione invernale lasciò Pietroburgo e si esibì in vari teatri italiani ed europei; così nell'aprile 1880 fu al teatro di S. Fernando di Siviglia con il tenore J. Gayarre; nel maggio 1882 diresse Gli ugonotti di G. Meyerbeer (il protagonista era A. Masini) al teatro Comunale di Forlì. Due anni dopo fu messa in scena a Pietroburgo l'opera comica composta dal D., su versi di E. Golisciani, La moglie rapita (baritono A. Cotogni): ottenne un buon successo (Gazzetta musicale di Milano, XXXIX [1884], 9, p. 89). Nel giugno 1884 si riaprì il teatro Verdi di Padova con Aida, Carmen e Gioconda, dirette dal D., il quale, in quella occasione, ricevette la croce di cavaliere. L'anno seguente, dopo la chiusura dell'Opera italiana di Pietroburgo nel clima nazionalistico dell'età di Alessandro III, il D. tornò a Padova, dove mise in scena il Mefistofele di A. Boito e Il re di Lahore di J. Massenet. In seguito, diresse a Venezia la Marion Delorme di A. Ponchielli (teatro La Fenice, 5 febbr. 1886) e colse un vivo successo ne Le Villi di Puccini (il quale telegrafò al D. "tutta la sua soddisfazione": Travaglia, p. 13). Tornato, infine, al teatro Verdi di Padova diresse Don Carlo e Ugonotti.
Dal 1° sett. 1886 fu nominato direttore dei balli al teatro Mariinskij di Pietroburgo, un incarico che avrebbe rifiutato in Italia, ma che qui lo allettava per le ottime condizioni economiche e per il prestigio di cui era circondato: a partire da quell'anno, infatti, il teatro di Pietroburgo dedicò particolari cure al balletto e il D. garantì un alto livello musicale dell'orchestra, non inferiore a quello raggiunto da E. Náprávnik nelle opere. Il 17 dicembre, per la riedizione dell'Esmeralda di C. Pugni, musicò un pas de six "come suggerito dal quintetto vocale dell'Esmeralda di Dargomižskij" (Slonimskij, p. 18), in cui il violino solista era Leopold Auer. Diresse quindi il primo balletto da lui composto, La forêt enchantée (3 maggio 1887); il pas de deux per Emma Bessone ed Enrico Cecchetti ne Le corsaire di A. Adam (22 novembre) e per Elena Cornalba ne Le talisman (1889). Con La belle au bois dormant (3 genn. 1890) si raggiunse una collaborazione esemplare tra Vsevoložskij, direttore del teatro e costumista, P. Čajkovskij e il D., che aiutò Petipa a comprendere la partitura (anni dopo, a proposito dei tagli, il D. stesso ricordava "l'infinita pazienza e discrezione del compositore"; Asaf'ev, p. 201).
Dopo aver diretto nel 1892 Casse-noisette di Čajkovskij, compose alcuni lavori d'occasione, forse con la stessa velocità che aveva impiegato ne La flûtemagique (22 marzo '93): M. M. Fokin, protagonista undicenne di questa fiaba per la scuola imperiale, ricorda che il D. scriveva la musica "mentre si montava il balletto. La mattina suonava in prova ciò che aveva scritto la sera precedente" (p. 106). Il 28 luglio 1894, per il matrimonio della granduchessa Ksenija Aleksandrovna, si rappresentò il suo divertissement mitologico Le réveil de Flore; il 15 genn. 1895 per la messa in scena de Le lac des cygnes (Čajkovskij era morto nel novembre del '93) il D. rivide la musica e, secondo le attese del pubblico, diede più spazio al divertissement, abolì il finale tragico e aggiunse negli atti terzo e quarto i nn. 12, 11 e 15 op. 72 nella sua orchestrazione. Il 17 maggio 1896 si rappresentò il suo ballo fantastico per l'incoronazione di Nicola II La perle, ambientato "dans une grotte féerique, toute de nacre, de coraux et de madrépores".
Dell'amico A. Glazunov il D. diresse Rajmonda (1898) e, al teatro dell'Ermitage, Les saisons. Per lo stesso teatro compose Les millions d'Arlequin, da cui è tratta la celebre Serenata (10 febbr. 1900); secondo Balanchine, che ne fece una sua versione coreografica dopo Petipa, il balletto "had a great deal of influence, I think, on ballet history, becoming the model for comedy narrative" (p. 222): Nel 1908 si aprì per il D. una parentesi scaligera con la fiaba per bambini Le porte-bonheur (libretto di C. A. Torrielli, coreogr. di G. Pratesi), e si chiuse l'anno seguente con il Boris Godunov, interpretato da Fëdor Šaljapin, con la cui collaborazione il D. stesso aveva corretto la versione italiana.
Nel primo decennio del secolo il teatro Mariinskij, scomparsi Petipa e le ballerine italiane, divenne il regno di coreografi ed interpreti russi. Nell'arte e nella musica s'affermarono le tendenze impressioniste e simboliste ed il repertorio del D. incluse Javotte (C. Saint-Saëns), Chopiniana, Une nuit d'Egypte (A. Arenskij) e L'après-midi d'un faune (C. Debussy). Protetto nella sua cittadella d'arte, non si accorse della crisi politica che andava maturando nell'impero dei Romanov e - per ingenuità o per un'errata valutazione politica - tornò in Russia da un suo viaggio in Italia proprio alla vigilia della rivoluzione. Dal repertorio dell'ex teatro Imperiale, ora di Stato, furono tolti i suoi balletti più celebrativi, di altri fu rimaneggiato il libretto. Il 25 apr. 1920 salì sul podio per l'ultima volta, ricevendo il saluto di Šaljapin.
Ritornato nella sua città, visse con la sorella Beatrice dei modesti introiti dei suoi diritti d'autore, e colse nel '29 l'Ultimo plauso al teatro Verdi con la sua opera Il garofano bianco (libretto di Golisciani da A. Daudet), un idillio lirico che non proponeva "la risoluzione d'alcuno di quei logogrifi musicali a basi armonistiche" a scapito della nobile melodia (Il Veneto, 11-12 febbr. 1929, p. 2). Le sue composizioni (eccetto Le roman d'un bouton de rose, Pietrogrado 1919) ed i valzer eleganti che allietarono la "Padua felix" del caffè Pedrocchi furono pubblicati dalle case editrici Lucca, Ricordi, Sonzogno (che acquistò nel '20 l'operetta Flaffy raffles, libretto di R. Simoni), Brocco, Zimmermann e Zanibon.
Morì a Padova il 1° ott. 1930.
"Più giovane di Usiglio, di Dall'Argine e di Terziani, dai quali apprese i segreti dell'interpretazione, egli figura con Franco Faccio e Luigi Mancinelli, che lo avevano carissimo, come pure fu sempre in cordiale relazione con Arturo Toscanini" (Travaglia, p. 43). La sua fama comunque si affermò a Pietroburgo: negli ultimi anni dello zarismo egli fu uno dei principali esponenti di un teatro che vedeva in Čajkovskij l'interprete commosso dell'elegia russa, e nel francese Petipa un ligio e fertile maître de menus plaisirs. L'immagine che amici e collaboratori ci hanno tramandato, di persona riservata, aliena da ogni asprezza e anzi dotata di fine arguzia, di prezioso e condiscendente consigliere sia d'artisti sia di granduchi, ci induce a considerarlo, più che un cortigiano al servizio di tre imperatori, l'ultimo dei musicisti cesarei.
Sensibile alla plasticità del corpo umano ed alla creazione coreografica, il D. "divenne quasi il traduttore delle idee di Čajkovskij nella lingua di Petipa", e il musicista lo rispettava "corne amico e patrono della sua opera" (Slonimskij, p. 180). Nelle dispute per una pausa o un rallentando in più egli dava ragione al coreografo e non all'orchestra, convinto che la riuscita d'un brano dipendesse dalla musicalità della coreografia e dell'interprete, e poi dalla direzione. Ma il D. "non ha fatto di meno per l'accordatura e l'educazione dell'orecchio e del gusto musicale dei ballerini" (Bogdanov Berezovskij, p. 56), che diffusero nel mondo le sue variazioni, prima fra tutte Anna Pavlova. Tuttavia, il suo rapporto con il balletto era velato dal soffuso rimpianto per aver abbandonato l'opera; e con orgoglio ricordava le lodi di H. Rimskij Korsakov (lettera a S. N. Kruglikov, 2 febbr. 1900), G. Maliler o Saint-Saëns. Con ironia notava che "la gente del balletto non ama la musica e questa non è loro necessaria" e cosciente dei propri limiti concludeva: "Per loro anche la mia musica è troppo seria" (Asaf'ev, p. 239). Ričard Evgen'evič - come il D. era chiamato in Russia - in quarant'anni di scrupoloso lavoro divenne un modello di disciplina, e fu oggetto di deferenti riguardi anche da parte del regime sovietico. La Russia ne tramandò la musica e il ricordo di esemplare direttore, che dette l'avvio alla scuola interpretativa sovietica della musica di balletto.
Fonti e Bibl.: Oltre ai quotidiani e periodici di Padova (Il Bacchiglione, La Lira, Il Veneto) e Gazzetta musicale di Milano, cfr. Mosca, CGALI: Central'nyj Gosudarstvennyj Archiv Literatury i Iskysstva (Archivio centrale di Stato di letteratura e arte), fondo 943, R. E. D., Lettere 1910-1920; Ibid., fondo 794; D.I. Leškov, Iz vospominanij R. E. D. (Dalle memorie del D.), 1921; Ežegodniknik Imperatorskich Teatrov (1890-1914) (Annuario dei teatri imperiali), Sankt-Peterburg 1892-1915; A. A. Pleščeev, Naš balet (1673-1899) (Il nostro balletto), Sankt-Peterburg 1899, p. 286 e passim; D. L., Proščl'nyi benefis R. E. D. (Serata di commiato in onore del D.), in Birjuč petrogradskich gosudarstvennych teatrov (Notiziario dei teatri di Stato di Pietrogrado), II, Petrograd 1920; G. Cogo, Vita teatrale vicentina 1866-1922, Vicenza 1922, pp. 58, 60 s., 108, 136; S. Travaglia, R. D. L'uomo e l'artista, Padova 1928; A. Benois, Reminiscences of the russian ballet, London 1941, pp. 33, 110, 121; J. I. Slonimskij, P. I. Čajkovskij baletnyj teatr ego vremeni (P. I. Čajkovskij e il balletto del suo tempo), Moskva 1956, pp. 18, 117, 136, 141, 180 s., 233; M. M. Fokin, Protiv tečenija (Contro corrente), Moskva 1962, pp. 106, 154; V. M. Bogdanov Berezovskij, Ot Ljulli do Prokof'eva (Da Lully a Prokof'ev), in Muzyka sovetskogo baleta (La musica del balletto sovietico), Moskva 1962, pp-55 s.; N. P. Roslavleva, Era of the Russian ballet 1770-1965, New York 1966, pp. 119, 132 s., 255 s.; B. V. Asaf'ev, Obalete (Sul balletto), Leningrad 1974, p. 40 e passim; G. Balanchine, 101stories of the great ballets, New York 1975, pp. 222, 452, 458; F. I. Šaljapin, a cura di E. A. Groševa, Moskva 1976, I, pp. 175, 648; B. L. Sherer, Toast of the Czar, in Ballet news, III, (1982), 7, pp. 26 ss.; R. J. Wiley, Memoirs of R. E. D., in The dancing time, maggio 1982, p. 577 s.; Enc. dello spett., IV, coll. 1023 s.; The New Grove Dict. of music …, V, pp. 635 s.