LUZZATTO, Riccardo
Nacque a Udine il 4 febbr. 1842 da Mario e Fanny Luzzatto. Importante per la sua formazione fu l'esempio del padre, che nel 1848 fu l'unico membro del governo provvisorio di Udine a rifiutarsi di sottoscrivere la resa della città all'Austria. Studente a Padova, alla fine del 1859, il L. seguì a Milano il padre, reduce dalla prigionia in Moravia. Iniziò quindi a frequentare l'Università di Pavia, nella quale si raccoglievano, specie intorno ai fratelli Cairoli, forti sentimenti di italianità. Nel maggio 1860, a 18 anni, si unì ai garibaldini in partenza da Quarto, raggiungendo, tra i Mille, la Sicilia. Conclusasi l'impresa nell'Italia meridionale, riprese gli studi di diritto, ma nel 1862 tornò a vestire la camicia rossa nella spedizione in Aspromonte, in seguito alla quale venne fatto prigioniero e recluso nel forte di Bard.
Queste due esperienze garibaldine lasciarono traccia nelle lettere scritte ai genitori, in cui il giovane volontario esprimeva tutto il suo entusiasmo e le sue speranze (Lettere garibaldine, a cura di R. Pellegrini, Montereale Valcellina 2004). Presumibilmente in seguito all'iniziativa del 1862 fu inserito tra i "sovversivi" schedati e controllati dal ministero degli Interni: nel profilo redatto nel luglio del 1864 si registrava che il L. si era stabilito al seguito della famiglia a Milano, dove faceva pratica in uno studio legale, manteneva una buona condotta e non esercitava influenza politica. In effetti, dopo il fallimento dell'Aspromonte e la breve prigionia, il L. era rientrato a Milano e aveva portato a termine i suoi studi.
Il garibaldinismo rimase il carattere distintivo dei suoi anni giovanili: nella primavera del 1866 il L. tornò ad arruolarsi con G. Garibaldi per la campagna del Veneto e del Trentino, come tenente nel 1( reggimento del Corpo volontari italiani. Terminata anche questa campagna, rientrò a Milano e iniziò a esercitare l'avvocatura, continuando tuttavia a coltivare la propria passione politica. Il L. fu infatti una fra le personalità di maggior spicco del radicalismo milanese, ricoprì cariche amministrative e fu in stretto contatto con F. Cavallotti, collaborando al Gazzettino rosa e a La Ragione.
Un altro elemento caratterizzante il suo profilo fu il legame con la massoneria, in piena coerenza rispetto alla matrice risorgimentale, laica e tendenzialmente progressista della sua formazione politica; egli venne iniziato nel 1875, affiliandosi alla loggia milanese La Ragione.
Tuttavia, ciò che gli diede maggiore visibilità come uomo pubblico fu l'impegno parlamentare: il L. infatti sedette ininterrottamente alla Camera dal 1892 al 1913, come rappresentante del collegio di San Daniele del Friuli, condividendo il ruolo di deputato con il fratello Attilio, fino al 1900, poi con il fratello Arturo.
Il L. si presentò come radicaldemocratico in Friuli, ma agì spesso da repubblicano a Montecitorio, dove sedeva appunto all'estrema sinistra del gruppo repubblicano. Il L. fu, di quel gruppo, anche membro di varie giunte e commissioni, nonostante gli impegni professionali ne limitassero la presenza nella capitale. Alla Camera i suoi interventi riguardarono principalmente questioni giudiziarie e finanziarie, aspetti legati all'ordine pubblico, all'equità sociale, al rispetto della libertà personale contro l'applicazione di legislazioni eccezionali. Negli anni il L. continuò a esprimere una persistente linea antigovernativa e talvolta una vicinanza alle posizioni dei socialisti.
La fine della sua vita parlamentare fu legata allo scandalo del palazzo di Giustizia di Roma: legale dei costruttori in causa contro lo Stato e indotto a dimettersi per gli sviluppi dell'inchiesta parlamentare che lo accusava di aver ecceduto i limiti impostigli dalla carica di deputato, il L. non riuscì più a essere rieletto.
Come e più di altri reduci della spedizione dei Mille, la sua figura dall'inizio del Novecento alla morte divenne simbolo di eredità storiche passibili di usi politici. Tra i pochi garibaldini superstiti che parteciparono alla cerimonia di Quarto, nel maggio del 1915, il L. era stato protagonista a Milano della campagna d'opinione a favore dell'entrata in guerra dell'Italia, ponendosi su posizioni di interventismo democratico: coerentemente si arruolò volontario, benché più che settantenne, e rimase ferito nella presa di Gorizia, meritando onorificenze e promozioni. Dopo Caporetto fu tra i fondatori e animatori a Milano del Comitato friulano di assistenza ai profughi, costretti a lasciare le terre d'origine dalla rotta dell'esercito italiano. Coinvolto nell'associazionismo reducistico, il 23 marzo 1919 il L. presenziò alla riunione di piazza S. Sepolcro, momento cruciale del fascismo delle origini.
Il L. morì a Milano il 5 febbr. 1923.
Contrariamente a quanto prescritto dalla sua origine ebraica in termini di sepoltura, il L. volle essere cremato, in piena rispondenza con la sua ispirazione laica e massonica. Le ceneri furono conservate al cimitero monumentale di Milano.
Oltre alle citate Lettere garibaldine, scrisse: In difesa della libertà, San Daniele del Friuli 1900; Politica democratica, Milano 1908.
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