PICK-MANGIAGALLI, Riccardo
PICK-MANGIAGALLI, Riccardo. – Nato il 10 luglio 1882 a Strakonitz (Strakonice, nell’attuale Repubblica Ceca) da padre boemo e madre italiana.
Nel 1884 la famiglia si trasferì a Milano, dove il giovane Riccardo frequentò il Conservatorio dal 1896 al 1903; si diplomò in pianoforte con Vincenzo Appiani e in composizione con Vincenzo Ferroni. Nel 1906 si convertì dall’ebraismo al cattolicesimo. All’inizio della carriera formò un duo con il fratello violinista, Roberto (1888-1954), intraprendendo l’attività concertistica, ma dagli anni Dieci si dedicò in prevalenza alla composizione. Sposato con l’austriaca Elsa Kurzbauer, prima della grande guerra Pick-Mangiagalli soggiornò per lunghi periodi a Vienna, dove pubblicò alcune delle sue composizioni (per la Universal-Edition): le Trois miniatures pour piano avec accompagnement d’instruments à cordes (quartetto e contrabbasso, op. 4), la Sonata per violino e pianoforte in Si minore (op. 8), quattro liriche per canto e pianoforte (Chanson d’automne, La lune blanche, “Qu’as-tu fait de ta jeunesse”, Mandoline, da Paul Verlaine, op. 15), il Quartetto per archi in Sol minore (op. 18), Von der Wiese, Lied su testo del critico Max Kalbeck (tutte edite nel 1910), e Drei Walzer-Capricci per pianoforte (op. 20, 1911). Sin dall’op. 1, En fermant les yeux, una danse lente pianistica pubblicata da Ricordi (nel 1915), l’elemento della danza fu preminente in Pick-Mangiagalli, il quale, muovendo inizialmente da pezzi da salotto, si sarebbe poi imposto come il più eseguito autore di musica per balletto in Italia tra le due guerre.
Ebbe una predilezione per le forme contenute e delicate, ispirate spesso a motivi della commedia dell’arte et similia (emblematici a tal riguardo i titoli delle quattro Silhouettes de carnaval, edite da Ricordi nel 1905 e dedicate a Vincenzo Appiani: Mascarades; Chanson: sérénade à Colombine; ...et Pierrette dansait; La ronde des Arlequins); quando affrontava generi canonici quali il quartetto d’archi, si adoperava per «renderlo meno auratico», conferendogli «più i connotati di una suite in tre tempi che quelli di un quartetto ‘classico’» (Speranza, 2013, p. 204). Il Quartetto op. 18 venne presentato nel 1910 a Milano dal Quartetto Polo (capeggiato da Enrico Polo, primo violino della Scala e cognato di Arturo Toscanini), ricevendo il plauso di Giovanni Battista Nappi su La perseveranza, e nel 1912 a Leeds, in Inghilterra.
Dopo un (all’epoca consueto) omaggio a Gabriele d’Annunzio (Ecco settembre, op. 3, una romanza del 1903, pubblicata nel 1934 e, nella versione orchestrata, nel 1945), anche nelle scelte poetiche si fece sentire quell’attrazione per il Settecento che avrebbe poi caratterizzato diverse sue opere più impegnative: le Fêtes galantes per canto e pianoforte (da Verlaine, op. 19, del 1910-12) vennero pubblicate da Ricordi nel 1912.
L’esordio teatrale risale al 27 gennaio 1914, quando alla Scala di Milano andò in scena Il salice d’oro, favola musicale in un atto coreografata da Joseph Hassreiter (edita da Ricordi).
A detta di Giacomo Puccini, «il balletto di Pick andò bene, specie la musica piacque: è davvero carina; la coreografia è scarna e la composizione scenica fu non troppo corretta, ma il ballo sta su e tiene il suo posto» (lettera del 31 gennaio 1914 ad Angelo Eisner, in Carteggi pucciniani, 1958).
Allo stesso 1914 risale anche quello che resta forse il più apprezzato dei suoi brani per orchestra, Notturno e Rondò fantastico (op. 28, edito da Ricordi nel 1921), presentato a Milano nel maggio 1919, e diretto poi da Toscanini all’Augusteo di Roma (25 gennaio 1920) e durante la tournée del 1920-21 negli Stati Uniti e in Canada con l’orchestra della Scala; successivamente venne ripreso tra l’altro da Emil Cooper all’Augusteo (gennaio 1927), da Tullio Serafin alla Basilica di Massenzio (26 luglio 1933), da Bernardino Molinari all’EIAR di Torino (1° febbraio 1935), ancora da Serafin al festival di Salisburgo con i Wiener Philharmoniker (2 agosto 1939), e da Fernando Previtali alla RAI di Torino (20 ottobre 1972).
Si tratta di un brano di grande effetto, diviso tra un Moderato assai introduttivo, di chiara matrice debussiana, e un Vivace indiavolato, un brillante scherzo i cui modelli vanno individuati nel Berlioz della Symphonie fantastique, nel Dukas dell’Apprenti sorcier e nello Strauss del Till Eulenspiegel, senza che però codesti influssi diano luogo a una discontinuità di stile: la maestria di Pick-Mangiagalli orchestratore, che deve qualcosa anche a Rimskij-Korsakov, è invero smagliante, e lo pone tra i musicisti italiani tecnicamente più ferrati dell’epoca.
In campo pianistico Pick-Mangiagalli, «molto vicino al virtuosismo salottiero di compositori mitteleuropei come Walter Niemann o Serge Bortkievic, acquista lo spolvero impressionistico: ad esempio, nei Deux Lunaires che fanno epoca» (Rattalino, 1985, p. 258). Editi da Ricordi come op. 33 nel 1916, i Lunaires sono formati da un Colloque au clair de lune, che già nel titolo si richiama al Clair de lune di Claude Debussy, e La danse d’Olaf, una moderna ridda dei folletti, che nel pianismo d’agilità coniuga gli elfi di Felix Mendelssohn con influssi francesi: divenne uno dei pezzi più amati dai virtuosi; nel 1923 lo incise addirittura Wilhelm Backhaus, ma entrò nel repertorio anche di Moura Lympany, Nikita Magaloff e Aldo Ciccolini.
I binari stilistici che Pick-Mangiagalli percorse nella successiva, ampia produzione (comprendente anche musiche corali, per arpa e per archi, oltre che altri brani pianistici e orchestrali) furono quelli sin lì tracciati: in Sortilegi, un poema sinfonico con pianoforte solista del 1917, edito da Ricordi come op. 39 nel 1921 e presentato da Toscanini a Milano nel 1918 con l’autore al pianoforte, e ripreso da Bernardino Molinari e Carlo Zecchi all’Augusteo nel 1927, si avvertono echi della Burleske di Richard Strauss, ma le sonorità devono molto anche a Paul Dukas e Maurice Ravel, in una sintesi tanto d’effetto quanto bizzarra e originale. Nello stesso 1918 andò in scena alla Scala Il carillon magico, una «commedia mimo-sinfonica» che godette di larga fortuna: ripresa al Costanzi di Roma nel 1919 con Cia Fornaroli e Ileana Leonidoff, venne data anche al Regio di Torino (1920), all’Arena di Verona (1922), al San Carlo di Napoli (1923), alla Scala (1926), all’Opera di Roma con coreografie di Aurelio Milloss (1946), e ancora in altre occasioni fino al 1987.
Dal successo del Carillon magico il fiume creativo della musica per ballo non si interruppe più, inanellando Sumitra, «leggenda monomimica indiana», libretto di Carlo Clausetti, presentata nel 1923 a Francoforte sul Meno (e ripresa da Evgenija Borisenko, in arte Jia Ruskaja, al teatro dell’Esposizione di Milano nel 1928), Mahit, «novella mimo-sinfonica» danzata dalla Fornaroli (Scala, 20 marzo 1923), Casanova a Venezia, «azione coreografica» di Giuseppe Adami, ballata dalla Fornaroli nella coreografia di Heinrich Kröller (Scala, 19 gennaio 1929; ripresa anche al Reale di Roma nel 1930), La Berceuse, «bozzetto mimico» ambientato all’epoca di Luigi XV e coreografato dalla Fornaroli (Casinò di San Remo, 21 febbraio 1933), Visioni (Scala, 4 febbraio 1943) e infine Evocazioni, balletto coreografato da Aurelio Milloss (Scala, 12 aprile 1947).
Nel frattempo Pick-Mangiagalli aveva esordito anche come operista, con Basi e bote, una garbata commedia su libretto di Arrigo Boito di ambientazione veneziana che poggia sul personale della commedia dell’arte; rappresentata al teatro Argentina di Roma il 3 marzo 1927 (e ripresa ad Amburgo nel 1931), venne seguita dagli atti unici L’ospite inatteso, libretto di Carlo Veneziani (trasmesso dall’EIAR il 25 ottobre 1931), e Notturno romantico, su un libretto di ambientazione risorgimentale di Arturo Rossato (rappresentato il 25 aprile 1936 all’Opera di Roma, sotto la direzione di Serafin, e ripreso a Trieste nel 1937). Nel 1936 Pick-Mangiagalli venne nominato direttore del Conservatorio di Milano, successore di Ildebrando Pizzetti, dove rimase in carica fino alla morte.
Morì l’8 luglio 1949 a Milano.
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