RICCHEZZA (fr. richesse; sp. riqueza; ted. Reichtum; ingl. wealth)
Fra le definizioni di ricchezza date dagli economisti, parecchie sono riducibili l'una all'altra, ossia sono forme diverse della stessa definizione. Si dice infatti che ricchezze sono: a) le cose valutabili in moneta; b) le cose permutabili, cioè suscettibili di scambio (di passaggio dalla disposizione di un soggetto a quella di un altro); c) le cose esterne alle persone e appropriabili (suscettibili di essere a disposizione esclusiva di una persona o di una collettività); d) le cose esterne utili (adoperabili), accessibili e limitate rispetto alla convenienza di servirsene, oppure esistenti in quantità non superiore al fabbisogno; e) le cose esterne che presentano utilità e difficoltà di acquisto. Se le cose infatti sono esterne, utili, accessibili e limitate, saranno anche appropriabili, e allora potranno essere cedute da un soggetto a un altro e permutate tra loro, e quindi una valutata nell'altra e in particolare in moneta.
Sono ricchezze anche le cose il cui trasferimento sia vietato dalla legge, perché la proibizione non esclude la suscettibilità di trasferimento. La valutabilità in moneta è la condizione per sostituire termini omogenei a un aggregato di quantità eterogenee, e così indicare la somma delle ricchezze a disposizione di una persona o di una collettività, somma che si dice la loro ricchezza. A questa espressione non va però annessa l'idea di abbondanza come nel linguaggio comune.
Non occorre esprimere il requisito della materialità quando si dice che le ricchezze sono cose, essendo inteso che queste sono materiali. Si usa l'espressione beni materiali o oggetti materiali in due significati diversi. Irving Fisher nel trattato sulla natura del capitale e del reddito dice: "Il termine ricchezza (wealth) è usato in questo libro per significare oggetti materiali posseduti da esseri umani", e avverte che così comprende non soltanto gli schiavi che sono posseduti da altri, ma anche gli uomini liberi che sono i propri padroni (anch'essi sono material and owned). Tuttavia consente poi a dire ricchezza nel più ristretto senso gli oggetti materiali posseduti da un uomo ed esterni al possessore, così da includere nella definizione gli schiavi ma non gli uomini liberi.
Molti economisti invece, conservando una terminologìa introdotta da J.B. Say, chiamano materiali i mezzi esterni e immateriali quelli personali; alcuni poi d'accordo col Say includono anche questi nelle ricchezze col nome di ricchezze immateriali (fra cui pongono anche i crediti, l'avviamento, ecc., di cui si dirà in seguito); altri invece dichiarano che le ricchezze sono solo materiali, intendendo con ciò di escludere i mezzi personali. Francesco Ferrara mise in evidenza in modo esauriente come anche i mezzi personali, in quanto si manifestano in operazioni economiche, siano materiali. Ciò non ha niente a che fare col materialismo in senso filosofico: vuol dire soltanto che costo e prodotto delle operazioni economiche, siano poi modificazioni nelle cose esterne o nelle persone, si presentano mediante fenomeni fisici. Non c'è ragione di ahbandonare l'espressione mezzi esterni o beni esteriori, usata dai più antichi moralisti e politici che si occuparono di questioni economiche per sostituirne una che direbbe immateriale l'opera del chirurgo.
Una difficoltà analoga a quella di considerare i mezzi personali come costo o prodotto di un'operazione si presentò per alcuni mezzi esterni: si pose in dubbio che l'elettricità fosse una cosa e quindi suscettibile di furto: in Italia però la giurisprudenza si determinò subito in senso affermativo e in questo senso la questione è ormai risolta dalla legge (art. 624 cod. pen.).
Non va confusa con la materialità o immaterialità la durata più o meno lunga: la distinzione fra ricchezze più o meno durevoli è importante, ma n0n è espressa correttamente dicendo che quelle di durata breve non sono ricchezze.
La distinzione fra persone e cose è fondamentale, e quindi hanno ragione gli economisti che non comprendono fra le ricchezze le persone, salvo lo schiavo. Questo è una ricchezza: tuttavia se le norme giuridiche non sono applicate rigorosamente egli potrà anche essere soggetto (anziché oggetto) di rapporti economici. Il Fisher nota come vi possano essere gradazioni nella limitazione di libertà: ma fra tutte le categorie economiche si passa per gradazioni.
Quando si dice che la popolazione è la vera ricchezza si vuol soltanto richiamare l'attenzione sull'importanza della prima in confronto della seconda.
A. Breglia (in Giornale degli economisti, ottobre 1929 e novembre 1933) dà come caratteristica delle ricchezze (beni reali da res, cose) la separazione fra il momento della produzione e quello del godimento, mentre per i beni personali, produzione, godibilità, godimento formano un momento unico. In sostanza, le ricchezze si possono constatare come appartenenti a un soggetto da cui sono distinte, i mezzi personali no.
La facoltà (diritto, se tutelata dalla legge) di disporre di una cosa può essere senza condizioni o invece soggetta alla condizione che si verifichi un'eventualità; immediata o ritardata dopo un certo intervallo di tempo. In tutti i casi la facoltà può venire scambiata contro una somma di moneta immediata, nella quale è valutabile: quindi il soggetto possiede sempre una ricchezza, ma questa può essere: a) immediata e quindi certa; b) differita e considerata come certa (benché a rigore il futuro sia sempre incerto); c) differita ed eventuale: talora il tempo entro cui si può verificare l'eventualità a cui la disposizione è condizionata è trascurabile. Nel linguaggio giuridico ciò che è oggetto di proprietà si dice cosa o bene e non ricchezza; per le ricchezze differite ed eventuali si usa l'espressione "cosa incorporea" (art. 1466 cod. civ.). Analogamente s'introdusse nell'economia l'espressione ricchezze immateriali che fu d'impaccio anziché d'aiuto all'analisi. Una ricchezza differita è un credito, se è il diritto di ottenere qualche cosa da un altro soggetto che abbia il debito corrispondente, una semplice aspettativa quando si fa assegnamento sopra ricchezze da ottenersi senza che vi sia da parte di altri l'obbligo di fornirle. È un'aspettativa l'avviamento di un negozio, valutazione di guadagni futuri su clienti verso cui non si ha alcun diritto; il brevetto, valutazione di guadagni attesi dalla vendita di un prodotto che nessuno è obbligato a comperare. I denari che uno ha diritto o si aspetta di ricevere non sono evidentemente immateriali.
Nel gruppo sociale al quale appartengono debitore e creditore, al credito, ricchezza positiva per il primo, fa riscontro il debito, ricchezza negativa (perché chi cede un debito invece di ricevere una somma, ne darà una per pagarlo) per il secondo: i due valori si annullano e non vi è una ricchezza per il gruppo sociale. Del pari all'aspettativa di un guadagno per la vendita di un prodotto brevettato fa riscontro quella del prezzo più elevato (di quello che si avrebbe senza quel diritto esclusivo) a carico dei compratori. Se i padroni di casa si aspettano che gli affitti aumentino, l'aumento di ricchezza per loro si risolverà in una corrispondente diminuzione per gli inquilini.
Invece l'aspettativa di un abbondante raccolto (senza il timore che ne derivi una diminuzione di prezzo) avrà la stessa portata per l'agricoltore e per la regione a cui egli appartiene. Essendo la ricchezza il prodotto di una quantità di cose per il loro prezzo, una variazione di quantità e una di prezzo possono avere effetti eguali per il loro proprietario, ma diversi per il gruppo sociale di cui esso fa parte.
La ricchezza non è che un mezzo di benessere: l'avarizia è un vizio, un fenomeno morboso. Dal giudicare ottima la mediocrità della ricchezza, sufficiente per la moderazione dei bisogni (secondo la dottrina scolastica), si passò nel sistema mercantilista a indirizzare la politica economica all'aumento della ricchezza come strumento della potenza dello stato, dando all'abbondanza di moneta un'importanza che permise ai suoi avversarî di accusarlo di confondere la ricchezza con la moneta. L'aumento della ricchezza nazionale, a cui s'intende legato il benessere della populazione, rimane il concetto dominante nel sistema fisiocratico e nell'opera di Adamo Smith. Col sec. XIX l'economia capitalistica è indirizzata principalmente ai profitti delle classi commerciali: dallo stimolo ad arricchire si aspetta la prosperità generale. Questa concezione che aveva suscitato vive proteste (non è la ricchezza ma la vita che conta, scriveva John Ruskin) e a cui si contrapponeva quella del socialismo tendente a riservare la ricchezza ai lavoratori, è superata nell'economia moderna. Nello stato fascista corporativo la produzione, anche se organizzata privatamente, è una funzione d'interesse nazionale; i suoi obiettivi sono unitarî e si riassumono nel benessere dei singoli e nello sviluppo della potenza nazionale (Carta del Lavoro, II, VII).
Nel considerare la relazione fra ricchezza e benessere poi non bisogna dimenticare due osservazioni. La ricchezza posseduta da una persona è importante in quanto ciò di cui essa dispone possa senza difficoltà scambiarsi con ciò che direttamente serve ai suoi bisogni. Per quanto poi concerne il benessere dei singoli e la potenza nazionale, insieme alla ricchezza vanno tenuti in conto anche i mezzi personali e quelli esistenti nel territorio ma non suscettibili di appropriazione e quindi non valutabili in moneta come il mare e l'aria.