BECCHI, Ricciardo
Nacque a Firenze il 4 ott. 1445 da Francesco, secondo una notizia non controllabile del genealogista Passerini, il quale aggiunge, e pure qui non si sa con quale fondamento, che il B. aveva anche il cognome di Fibbiai. Si hanno di lui rare notizie biografiche, tutte relative agli anni tra il 1490 e il 1498. Il 17 nov. 1490 Lorenzo de' Medici scrive a Pier Filippo Pandolfini e a ser Niccolò Michelozzi "che prestino ogni favore a messer Ricciardo Bechi, procuratore di S. Caterina" e l'8 nov. 1491 lo stesso Lorenzo scrive al B. in favore delle monache di S. Pietro. Nel 1495 egli era a Roma, probabilmente con qualche incarico in curia, giacché due anni dopo esercitava la carica di scrittore apostolico. Probabilmente contando sulle sue relazioni alla corte romana, i Dieci fiorentini di Libertà e Balìa nel 1495 lo incaricarono di ottenere da Alessandro VI la facoltà di imporre una decima sui beni ecclesiastici; ma nel gennaio del 1496 la richiesta della repubblica al papa di autorizzare il Savonarola a predicare in Firenze durante la quaresima "conoscendo quanto a tutto questo popolo abbiano fin qui giovato le continue predicazioni et salutare doctrina di Hieronymo Savonarola e quanto siano da tutti desiderate" (Gherardi, p. 66) impegnò il B. in una trattativa assai più delicata. Gli apparve infatti subito chiaro che il desiderio della Signoria urtava non soltanto contro il risentimento personale del pontefice verso il frate ferrarese, ma anche contro notevoli difficoltà politiche. La replica di Alessandro VI ai primi tentativi del B. fu in proposito esplicita: "la lega non vuole che noi concediamo al Savonarola di predicare e che a Firenze facciamo grazia alcuna" (Soranzo, p. 185); e aggiunse: "Fate intendere a que' Signori, che non harranno nulla da noi, se non entrano nella Lega" (ibid.). Ma i Fiorentini non si arresero, anzi, proprio perché erano a conoscenza delle trattative avviate dal pontefice con Ludovico Sforza per ristabilire in Firenze Piero de' Medici, mostrarono la loro ferma intenzione di resistere agli intrighi del Borgia inducendo il Savonarola a predicare senza il permesso papale. Al B. toccò di moltiplicare le sue premure alla corte romana perché la distanza tra il pontefice e i Dieci non si allargasse; senza successo, però, giacché gli stessi alti personaggi cui egli in proposito si rivolse, il Podocataro, primo segretario del papa, e il cardinale Lopez, lo ammonirono dei gravi rischi ai quali la Signoria si esponeva con il suo atteggiamento, talché il B. era costretto a scrivere a Firenze il 3 marzo: "horamai le Signorie Vostre s'inducano a pensare a facti vostri et non lasciare più scorrere le cose" (Gherardi, p. 134). Ansioso, nella sua doppia qualità di prelato di curia e di agente fiorentino, di evitare un peggioramento irrimediabile della situazione, il B. dovette da allora prodigarsi sia presso i Dieci sia presso il papa, tentando di convincere i primi a non lasciarsi coinvolgere nella disgrazia del Savonarola, e il secondo ad assumere un atteggiamento moderato. Perciò scriveva a Firenze il 22 marzo: "A dire la verità - e potete immaginare se oggi, giovedì santo, io voglia dirvi una bugia - qui ognuno ride dei Fiorentini che si fanno governare da un frate" (Gherardi, p. 139). E quando il papa, il 3 aprile, ottenne da una commissione di teologi domenicani la conclusione di doversi prendere contro l'incomodo frate "remedi et provvisione" (Marchese, p. 152), il B. riuscì ad evitare che la cosa avesse un seguito, ottenendo, tramite il solito Podocataro e i cardinali Lopez e Martini, che il papa rinunziasse ad ogni iniziativa. Alessandro VI si limitò a raccomandare al B. che la Signoria provvedesse perché il Savonarola parlasse "modestamente di Sua Beatitudine, dei cardinali e degli altri prelati romani" e non "ponesse boccha a quelle cose non s'appartenevano a lui, né erano suo offitio et così non volesse impacciarsi di cose secolari et de facti de stato" (Marchese, p. 153). Era un risultato notevole, il migliore che il B. potesse aspettarsi data la situazione: ma moderare il Savonarola era impresa pressocché impossibile e il lavoro del B. era ben lungi dall'essere concluso. Nel luglio la Signoria inviò a Roma, per affiancarlo, Alessandro Braccesi; con lui il B. dovette affrontare le nuove difficoltà sorte per il rifiuto del Savonarola di obbedire all'ingiunzione di unire il suo convento alla congregazione tosco-romana dell'Ordine.
Dal novembre cessano i dispacci del B. ai Dieci: probabilmente egli a questa data aveva rinunziato al suo difficile mandato in favore del Braccesi. Non doveva tuttavia aver perduto interesse alle vicende del Savonarola poiché il 9 marzo dell'anno 1498 Niccolò Machiavelli gli scriveva una lunga lettera - che è assai importante come primo significativo documento del pensiero machiavelliano - informandolo delle ultime iniziative del frate e chiedendo il suo "iuditio di tale dispositione di tempi et d'animi circa alle cose nostre" (N. Machiavelli, Lettere, p. 33).
L'ultima notizia che si abbia sul B. è costituita da una annotazione del Burckard, secondo la quale il 12 giugno 1498 egli era ancora in corte a Roma, sempre nella qualità di scrittore apostolico, e prendeva parte alla solenne processione del Corpus Domini.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Naz., mss. Passerini, n. 186; J. Burckard, Liber notarum, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXXII, 2, a cura E. Celani, pp. 37, 112; Lettere inedite di fra' Girolamo Savonarola e documenti concernenti lo stesso, a cura di V. Marchese, in Arch. stor. ital., s. 1, VIII, Appendice, s. d., pp. 146-148, 152-153; Nuovi documenti storici intornoa Girolamo Savonarola, a cura di A. Gherardi, Firenze 1887, passim; J.Nardi, Storie della città di Firenze, Firenze 1888, I, pp. 72-74; Protocolli di Lorenzo il Magnifico, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 428, 476; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, pp. 29-33; P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, Firenze 1882, III, pp. 442 s.; F. T. Perrens, Histoire de Florence, Paris 1890, II, passim; D. Marzi, La cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1916, p. 459; R. Ridolfi, Vita di G. Savonarola, Roma 1952, I, pp. 223 s.; G. Soranzo, Il tempo di Alessandro VI e di fra' Girolamo Savonarola, Milano 1960, pp. 181 ss.