Becchi, Ricciardo
Nacque a Firenze (quartiere S. Croce) nel 1445 o secondo altri nel 1455, secondogenito di Francesco (n. 1418, degli Otto di Balìa nel 1475), figlio di Michele «tintore e fibbiaio» (ASF, Raccolta Sebregondi, 503, Becchi Fibbiai).
Mancano sue notizie biografiche fino al novembre 1490, quando – come risulta dai carteggi del Magnifico – fu procuratore del convento di S. Caterina in Pisa, in sintonia con la politica medicea, se non al suo servizio. All’ottobre 1495 risale il mandato di oratore ufficiale a Roma (I processi di Girolamo Savonarola (1498), 2001, p. 117), incarico che si rivelò presto assai delicato per l’acuirsi delle tensioni tra Savonarola e Alessandro VI. Già all’inizio del 1496, la richiesta rivolta dalla signoria fiorentina al pontefice perché consentisse al frate di S. Marco di predicare durante la quaresima costrinse B. a un difficile gioco diplomatico.
Nonostante il rifiuto papale, la signoria stabilì infatti che Savonarola predicasse ugualmente, dando intanto disposizione all’oratore di perseverare nella sua disperata opera di persuasione nei confronti di Alessandro VI e della curia, sempre più rigidamente orientati verso una politica antifiorentina, oltre che antisavonaroliana. Dalle numerose missive scritte in quei mesi da B. ai Dieci emergono con particolare efficacia le accuse circolanti a Roma contro il frate ferrarese; e tuttavia, ferma restando l’oggettiva difficoltà del compito, si evince anche chiaramente la scarsa propensione di B. a difendere la causa savonaroliana.
Una riluttanza indebitamente interpretata come inettitudine da quanti – Ridolfi il più autorevole – non hanno tenuto conto della malcelata ostilità di B. nei confronti del profeta di S. Marco: si pensi alla continua insistenza dell’oratore sulla derisione con la quale in curia si guardava ai fiorentini, succubi di un regime fratesco, e sulla «fatica» con cui egli doveva «difendere et scusare fra Ieronimo, per l’onore de la città et de’ cittadini che governano et administrano quella» (B. ai Dieci, 26 marzo 1496, in Gherardi 18872, pp. 140-42); «ostilità, peraltro, di cui Savonarola stesso era consapevole» (I processi di Girolamo Savonarola (1498), 2001, p. 16). Probabilmente proprio a causa del suo orientamento antipiagnone (ma anche per quell’evolversi delle pratiche diplomatiche, che interesserà poi M. stesso, verso la necessità di agenti che fossero «emanazione diretta dell’esecutivo»: Guidi 2009, p. 99), nel marzo 1497 B. fu affiancato nel suo ruolo di ambasciatore da Alessandro Braccesi – partigiano di Savonarola – per essere poi definitivamente sostituito da Domenico Bonsi nel gennaio seguente.
Restò comunque a Roma, probabilmente come semplice prelato di curia (da almeno un anno era scriptor apostolicus). Certo non era più oratore fiorentino, quando M. gli scrisse per informarlo delle «cose di qua circa al frate» (M. a B., 9 marzo 1498, Lettere, pp. 5-8). Dalla lettera, che è il più antico scritto di M. databile con sicurezza, emerge come, nonostante la giovane età, il mittente fosse considerato con una certa stima all’interno del partito antisavonaroliano in cui chiaramente militava e che infatti, morto il domenicano, avrebbe posto con successo la sua candidatura in cancelleria, fallita pochi mesi prima, in pieno regime piagnone. M., che si mostra ascoltatore attento e certamente non nuovo della predicazione savonaroliana, di cui con ogni probabilità aveva scritto altre volte a B., racconta e interpreta «in termini meramente politici» (Cutinelli-Rendina 1998, p. 15) due sermoni pronunciati dal domenicano, il 2 e 3 marzo, su Esodo I 12 (cfr. il testo raccolto da L. Violi, in G. Savonarola, Prediche sopra l’Esodo, a cura di P.G. Ricci, 1° vol., 1955, pp. 146-203). Cogliere il respiro politico della missiva permette di comprendere il duro giudizio che in essa si legge sull’incoerenza e ipocrisia del frate; l’attacco politico a Savonarola non esclude una valutazione ‘tecnica’ positiva sulla sua capacità di andare «secondando e’ tempi» (Martelli 1998, pp. 267-71; di contro, Cadoni 2000, pp. 264-64; Cadoni 2001, pp. 241-46). E lo stesso riferimento, sovente citato, alle «ragioni a chi non le discorre efficacissime», cui il domenicano ricorre nelle sue prediche, non implica in effetti che il giovane M. considerasse quelle ragioni come del tutto inefficaci (Lodone 2011, pp. 295-96).
Tali argomentazioni hanno ormai portato la critica a prendere le distanze dalla contrapposizione tra il moderno, ironico scetticismo di M. e la fervente religiosità medievale di Savonarola, istituita da Francesco De Sanctis (Machiavelli. Conferenze [maggio-giugno 1869], in Id., Saggi critici, a cura di L. Russo, 2° vol., 1952, pp. 361-66; Storia della letteratura italiana, 1870-1871, 18732, a cura di N. Gallo, 1996, pp. 378-79), potentemente figurata da Giosue Carducci (Dello svolgimento della letteratura nazionale, 1868-1871, in Id., Discorsi letterari e storici, 1935, p. 127), e destinata a grande fortuna nella storia degli studi, almeno fino a Luigi Russo (1945) e Federico Chabod (1964).
Per quanto riguarda B., un’ultima notizia biografica risale all’aprile del 1515, quando egli consentì alla richiesta di Leone X di dare a pigione una parte della propria casa alla neonata Accademia Medicea, i cui membri si dissero poi, scrivendo al papa, «compiaciuti per la residentia» (P.O. Kristeller, Studies in Renaissance thought and letters, 1969, pp. 330 e segg.).
Bibliografia: Fonti: V. Marchese, Lettere inedite di fra G. Savonarola e documenti concernenti lo stesso, «Archivio storico italiano», Appendice, 1850, 8, pp. 75-203; A. Gherardi, Nuovi documenti e studi intorno a G. Savonarola, Firenze 18872.
Studi: L. Russo, Machiavelli, Roma 1945, Bari 19664, pp. 11, 153-54; R. Ridolfi, Vita di G. Savonarola, Roma 1952, Firenze 19744; F. Chabod, Scritti su Machiavelli, Torino 1964, 19932, p. 267 e segg.; Becchi Riccardo, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 7° vol., Roma 1970, ad vocem; R. De Maio, Savonarola e la curia romana, Roma 1969; Studies on Machiavelli, ed. M.P. Gilmore, Firenze 1972, in partic. N. Rubinstein, Machiavelli and the world of Florentine politics, pp. 3-28, e D. Weinstein, Savonarola and Machiavelli, pp. 253-64; G.B. Scaglia, Machiavelli e Savonarola. In margine ad una lettera famosa, «Accademie e biblioteche d’Italia», 1982, 50, pp. 261-67; G. Sasso, Niccolò Machiavelli, 1° vol., Il pensiero politico, Bologna 19933, pp. 25 e segg.; I. Cervelli, Savonarola, Machiavelli e il libro dell’Esodo, in Savonarola. Democrazia tirannide profezia, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1998, pp. 243-98; E. Cutinelli-Rendina, Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa-Roma 1998, pp. 13-17; M. Martelli, Machiavelli e Savonarola: valutazione politica e valutazione religiosa (1998), in Id., Tra filologia e storia. Otto studi machiavelliani, a cura di F. Bausi, Roma 2009, pp. 239-77; G. Cadoni, Qualche osservazione su Machiavelli e Savonarola, «La cultura», 2000, 38, pp. 263-78; G. Cadoni, Il «profeta disarmato». Intorno al giudizio di Machiavelli su G. Savonarola, «La cultura», 2001, 39, pp. 239-65; I processi di Girolamo Savonarola (1498), a cura di I.G. Rao, P. Viti, R.M. Zaccaria, Firenze 2001; A. Guidi, Un Segretario militante. Politica, diplomazia e armi nel Cancelliere Machiavelli, Bologna 2009, pp. 93-99; M. Lodone, Savonarola e Machiavelli: Una nota su ‘Discorsi’, I 11, «Interpres», 2011, 30, pp. 284-98.