RICCIARDO (Riccardo) da Cortona
RICCIARDO (Riccardo) da Cortona. - Nacque probabilmente nella prima metà del Trecento a Cortona, ma nulla è noto di lui sino al 1358: il 22 ottobre di tale anno Gregorio da Rimini, generale degli eremitani di s. Agostino, lo accolse nel convento di Siena come studente.
Nei vent’anni successivi Ricciardo attese certamente agli studi; nel 1378 ricompare infatti con la qualifica di lector nel convento agostiniano di Cortona. Tuttavia, si ignora se sia arrivato ad acquisire il titolo di magister, un passaggio che prevede nel XIV secolo una preparazione universitaria di otto anni.
Ricciardo è ricordato esclusivamente per un’opera in volgare italiano, Il giardinetto di divozione, tradito grazie a un unico manoscritto. È un trattato morale-religioso destinato a un pubblico femminile, non vi sono, peraltro, elementi per misurarne la circolazione. Il codice (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 1484), di piccolissimo formato (150 x 115 mm) e consta di sole 72 carte (numerate modernamente con numeratore meccanico), è quattrocentesco. È dovuto alla mano di un agostiniano di Cortona, Andrea, che lo lo donò a Eufemia, soror del convento dell’Ordine benedettino delle Santucce di S. Maria Maddelena di Cortona, che si firma in una delle ultime carte. Ha un aspetto dimesso e a evidenza era destinato a un uso personale. Il testo, che non ha suddivisioni interne in capitoli o paragrafi, non presenta capilettera miniati, né altri simili caratteri esornativi.
Come si legge a c. 71v, l’opera fu commissionata a Ricciardo da un certo dominus Tessalonico di Firenze e destinata alle donne "da bene” di Cortona, centro soggetto politicamente a Firenze dal 1411. Dal punto di vista retorico, si tratta di un’allegoria in prosa. Il giardino descritto rappresenta l’anima delle lettrici, in cui costoro avrebbero trovato riposo «collo sposo Iesu Christo» (Perugi, 1969, p. 43). All’inizio, Ricciardo espone quattro considerazioni che avrebbero dovuto tenere a mente le lettrici prima di entrare in questo luogo ameno. Innanzitutto, avrebbero dovuto evitare in ogni modo il peccato; in secondo luogo, avrebbero dovuto rammentare il momento della loro morte; in terzo luogo, avrebbero dovuto tenere a mente le pene dell’inferno; infine le lettrici dovevano pensare al giorno del Giudizio. Figurativamente, queste raccomandazioni fungono da fossi e terrapieni con cui le lettrici devono difendersi dalle fiere esterne al giardino, ovvero dalle tentazioni del peccato. Sono cinque infatti le porte di accesso, i cinque sensi possibili strumenti del peccato; e davanti alle porte sono costruite cinque logge con uno specchio, in cui specchiarsi per controllare se l’anima presenti qualche macchia. Oltrepassate queste porte, si giunge in un prato, dove sono coltivate tre tipologie di fiori: il giglio simbolo di purezza, la viola simbolo di umiltà, e la rosa simbolo di carità. Al centro di questo prato, Ricciardo pone un albero, simbolo della croce in cui morì Cristo, e le cui foglie si riferiscono agli ultimi istanti della sua passione. Infine, sotto questo arbusto, sono posti quattro letti, dove le lettrici avrebbero trovato riposo. Il primo è il ventre di Maria, simbolo di castità e purezza; il secondo simboleggia l’umile luogo in cui nacque Cristo (il Presepio); il terzo letto ospita coloro che tengono a mente il martirio di Cristo per tutta la loro esistenza; e l’ultimo letto nel quale riposare è il sepolcro stesso di Cristo, destinato a chi si abbandona a lui senza alcun rimpianto per i vizi terreni. Nel testo sono utilizzati moltissimi exempla tratti dall’antico e dal nuovo testamento, dai Padri della Chiesa, dalla vita dei santi e anche dalle vicende storiche dell’antichità. Questa ricchezza di contenuti dimostra la notevole preparazione di Ricciardo non solo nelle sacre scritture, ma anche nelle opere propriamente profane, come quelle storiche.
Si ignora la data della morte di Ricciardo, che potrebbe essere avvenuta tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV.
Edizioni. Ricciardo da Cortona, Il giardinetto di divozione, a cura di L. Passerini, Firenze 1912; M. Perugi, Nuova edizione del "Giardinetto di Divozione", in Studi di filologia italiana, XXVII (1969) pp. 7-136.
Fonti e Bibl.: G. Mancini, Cortona nel Medio Evo, Firenze 1897, p. 273; I manoscritti della R. Biblioteca Riccardiana di Firenze. Manoscritti Italiani, a cura di S. Morpurgo, I, Roma 1900, p. 498; G. Mancini, Il contributo dei cortonesi alla coltura italiana, Cortona 1922, p. 24; D.A. Perini, Trecentisti Agostiniani. Fra Riccardo da C., in Bollettino storico agostiniano, III (1926-27), pp. 23 s.; La cristianità romana: 1198-1274, in Storia della Chiesa, cominciata da Agostino Fliche e Vittorio Martin e continuata da Giov. Battista Duroselle ed Eugenio Jarry, X,Torino 1964, pp. 475 s.; O.S.A Gregorii de Arimino, Registrum generalatus 1357-1358, a cura di A. De Meijer, Roma 1976, p. 368 n. 725; D. Gutiérrez, Los agustinos en la edad media: 1357-1517, Roma 1977, p. 158; R. Manetti, Laudario di Santa Maria della Scala, Firenze 1993, pp. 87, 219, 352; I. Gallinaro, I castelli dell’anima: architetture della ragione e del cuore nella letteratura italiana, Firenze 1999, pp. 69 s.; N. Benazzi, Archivum: documenti della storia della Chiesa da I secolo a oggi, Milano 2000, p. 508; L. Bolzoni, La rete delle immagini. Predicazione in volgare dalle origini a Bernardino da Siena, Torino 2009, p. 100; P. Stoppacci, Libri e copisti nel convento di Santa Margherita di Cortona (secc. XIV-XV), in In margine al progetto Codex, a cura di G. Pomaro, Pisa 2014, p. 208; S. Mattiazzo, Di mia propria mano. Le sottoscrizioni dei copisti “italiani” del Quattrocento nei codici della Biblioteca Riccardiana di Firenze, tesi magistrale in filologia moderna, Università degli studi di Padova, 2015, p. 170 n. 100.