RICCOBONI
. Famiglia di comici italiani, celebri in Italia e in Francia; essa probabilmente ha per capostipite un letterato, Antonio (1541-1599). Nel sec. XVII un altro Antonio, dopo aver vagato in alcune compagnie e aver recitato anche a Napoli, entrò nella Compagnia a servizio del duca di Modena, acquistando fama come Pantalone. Quando nel 1670 Luigi XIV chiese al duca una compagnia italiana, il R., scosso dalle parole di rammarico del suo signore nel separarsi dai suoi comici, rifiutò di partire. Succedette poi al Costantini nella direzione della Compagnia nel 1677, per recarsi all'estero. Non figura tra i comici italiani comparsi in quel tempo a Parigi; certo nel 1679 era a Londra, e sempre al servizio del duca d'Este. Scompare nel 1693. Dei suoi cinque figli fu celebre Luigi (nato a Modena nel 1675, morto a Parigi il 6 dicembre 1753), al quale il padre affidò le parti d'"innamorato". Dirigeva la compagnia del duca la famosa comica Diana, moglie di G. B. Costantini, la quale gli mutò il nome d'arte da lui scelto di Federico in quello di Lelio, e lo ammogliò con la Gardellini (Argentina). Rimasto vedovo, sposò la famosa attrice, ed anche letterata, Elena Virginia Balletti, in arte Flaminia; e insieme recitarono per varî anni con grande successo. A corte egli fu tenuto in molta considerazione come attore e come uomo, tanto da sfuggire alla prigionia inflittagli per alcune frasi mordaci contro i gentiluomini di corte. Tentò un rinnovamento del repertorio, includendovi tragedie italiane come la Sofonisba del Trissino, La Semiramide del Manfredi, il Torrismondo del Tasso, ecc. Lo secondava mirabilmente la moglie che, per prima, interpretò Merope del Maffei. P. I. Martelli scrisse che essi rappresentarono le tragedie "con vivacità e fermezza conveniente ai soggetti che trattano". Tuttavia il pubblico nel teatro San Luca di Venezia non divise l'entusiasmo dei letterati, e si dovette tornare alla commedia dell'arte. Quando il duca d'Orléans, allora reggente di Francia, richiese al duca di Parma una compagnia, il R. si recò a Parigi, dove esordì il 18 maggio 1716 al Palais-Royal. Poi si trasferì all'Hôtel de Bourgogne, dov'ebbe gran successo con la Finta Pazza, commedia dell'arte. Le dame di Parigi studiavano l'italiano per intendere lo spettacolo. Nel 1723, la sua compagnia ebbe il titolo di Comédiens de S. A. R. le Duc d'Orléans: in quello stesso anno, con la moglie e col figlio si naturalizzò francese. Nel 1727, con autorizzazione del reggente, si recò a Londra, ove ebbe grande successo; nel 1729 insieme con la moglie lasciò il teatro, e tornò a Parma, dove ottenne dal duca la sovraintendenza agli spettacoli. Alla morte del duca tornò a Parigi, ma vi si dedicò alla letteratura. Fra le sue opere ricordiamo: Dell'arte rappresentativa (Londra 1728), Histoire du théâtre italien (Parigi 1731), Nuovo Teatro Italiano (Briasson 1733), Observations sur la Comédie et sur le génie de Molière (Parigi 1736), ecc. Francesco Antonio Valentino (detto Lelio figlio, figlio del precedente, nato a Mantova nel 1707, morto a Parigi il 14 maggio 1772) seguì i genitori a Parigi nel 1716, e recitò con essi, ne La Surprise de l'Amour di Marivaux, presentato al pubblico dal padre con graziosi versi. Quando i genitori abbandonarono il teatro (1729), lo lasciò anche lui. Ma riprese a recitarvi nel 1731 con Les amants. Nel 1736 si recò in provincia; poi ricomparve a Parigi nei Sauvages, una parodia dell'Alzire, scritta da lui con la collaborazione del Romagnesi (1737). Sposò in quel tempo Marie-Jeanne Laboras de Mézières (1719-1792), autrice fecondissima di romanzi che ebbero voga. Fattosi alchimista e cultore di bachi da seta, domandò il riposo nel 1749; ma nel 1759 tornò ancora a recitare a Parigi. F. M. Grimm, nella sua Correspondance, lo giudica attore freddo; ma è da ricordare che in quel tempo a Parigi si amava una recitazione frenetica. Scrisse molte commedie, da solo, col Biancolelli (v. dominique) e col Romagnesi. Una sua parodia della Sémiramis di Voltaire fu lodata dal Crébillon. Pubblicò, tra altro, L'art du théâtre (Parigi 1750; traduz. ital., Venezia 1752). Fu sepolto a Parigi nella chiesa di S. Lorenzo.