Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare
Il contributo esamina l’istituto, di recente introduzione, della ricerca con modalità telematiche dei beni da sottoporre a pignoramento, con cui il legislatore delinea la “via italiana” alla predisposizione, in favore del creditore, di un sistema di acquisizione di informazioni per consentirgli di tentare nel modo più proficuo possibile di avviare l’esecuzione, identificando i beni del debitore da sottoporvi. È previsto un accesso telematico per accertare la consistenza patrimoniale del debitore ed avviare, in caso siano rinvenuti beni mobili o crediti, direttamente l’azione esecutiva; ed il sistema è esteso a campi non strettamente esecutivi, per la ricostruzione del patrimonio in materia di famiglia o di esecuzione di sequestri conservativi o di procedure concorsuali.
È indispensabile, perché un’espropriazione possa soddisfare almeno in parte il credito, che si conosca la composizione del patrimonio del debitore e vi si possano individuare i beni più proficui da vendere. Ma è difficile che un privato, quale in genere è il creditore, possegga queste informazioni, mentre il debitore tenta di tenerle nascoste: c’è una evidente asimmetria informativa.
Per mettere in grado il creditore individuale di sapere, sia pure al solo fine che lo riguarda (di eseguire in modo proficuo), di quali beni disponga il debitore, occorreva uno strumento specifico: prima, era rimessa alla cura, alle spese, all’abilità o alla fortuna del creditore l’individuazione dei beni da espropriare.
In altri ordinamenti c’è sempre stata una ben maggiore considerazione per gli obblighi del debitore, assistiti da giuramenti o altri sistemi di indagini o perfino da sanzioni penali o dall’incarcerazione del debitore renitente.
Già con la riforma del 2006 si era prevista la sollecitazione di dichiarazioni del debitore: ma questo non poteva bastare; si è introdotta, allora, con la riforma del 2014 (d.l. 12.9.2014, n. 132 convertito in legge con modificazioni dalla l. 10.11.2014, n. 162), una complessa disciplina (artt. 492 bis c.p.c.; artt. 155 bis 155 sexies disp. att. c.p.c.) per la ricerca telematica dei beni pignorabili nel patrimonio del debitore; seguita da un aggiustamento nel 2015 (d.l. 27.6.2015, n. 83 convertito in legge con modificazioni dalla l. 6.8.2015, n. 132)1 e, per profili non strettamente esecutivi, dal d.l. 3.5.2016, n. 59, convertito in legge con modificazioni dalla l. 30.6.2016, n. 119.
In sintesi, l’istituto è uno strumento di conoscenza sulla situazione patrimoniale del debitore, offerto al creditore per porlo in grado di avviare le procedure esecutive di recupero dei suoi crediti nelle migliori prospettive di proficuità.
L’istituto non si limita, però, all’acquisizione di informazioni: in modo tendenzialmente ufficioso esso può dare luogo al processo esecutivo, se non altro per determinate categorie di beni rinvenuti. È quindi uno strumento di investigazione, gestito, almeno di regola, da un pubblico potere, al servizio del buon diritto del privato creditore e finalizzato al successivo processo esecutivo. Ma è esteso anche, per la sua efficienza nella ricostruzione dei patrimoni altrui, a servizio di soggetti o situazioni meritevoli, di cui all’art. 155 sexies disp. att. c.p.c.
È sufficiente essere creditori e riconosciuti tali in un titolo esecutivo, dopo la notifica di quest’ultimo e del precetto e l’attesa del termine dilatorio ivi indicato. Fanno eccezione due ipotesi:
• se vi è pericolo nel ritardo (cioè, che nel frattempo il debitore occulti o disperda i beni suscettibili di esecuzione proficua): si prescinde allora dalla previa notifica del precetto;
• se il credito è vantato da procedura concorsuale: e allora si prescinde da un titolo esecutivo.
L’istituto non è stato disegnato chiaramente dal riformatore; in dottrina si fronteggiano, con dovizia di argomenti, almeno due tesi: la maggioritaria propende per il carattere unitario del procedimento di ricerca e del successivo processo esecutivo2, ma è ben argomentata anche l’altra3, che configura il primo come procedimento autonomo, benché finalizzato al processo esecutivo, che inizierebbe con la richiesta di ricerche all’ufficiale giudiziario.
Non si può qui né approfondire l’esame, né dar conto di altre tesi.
Il creditore, notificato il titolo esecutivo e il precetto e dopo il termine contenuto in quest’ultimo (a meno di pericolo nel ritardo), rivolge un’istanza al presidente del tribunale: vi deve inserire pure l’indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il numero di fax del suo difensore e quello di posta certificata per l’eventuale successivo sviluppo del pignoramento presso terzi. Occorre quindi il ministero di un avvocato.
Va versato un contributo unificato specifico ed offerta la prova del diritto a procedere ad esecuzione forzata: ma il controllo sarà poco più che formale, non esigendosi un’attività di cognizione in un procedimento che, per non vanificare l’effetto sorpresa, è istituzionalmente senza contraddittorio.
È possibile che il creditore limiti ad alcune banche dati la richiesta di autorizzazione, ad esempio in relazione al concreto interesse di indagine.
La competenza è concentrata in capo ad un solo ufficio giudiziario, quello del luogo di residenza o sede del debitore; nulla osta alla delegabilità, da parte del presidente del tribunale, della potestà di autorizzazione ad un presidente di sezione o ad uno o più giudici, in virtù di un generale potere di delega delle attribuzioni del dirigente dell’ufficio giudiziario, secondo criteri predeterminati dalle tabelle di ripartizione degli affari di cui all’art. 7 ter r.d. 10.1.1941, n. 12.
Col suo provvedimento il presidente del tribunale dispone che l’ufficiale giudiziario acceda ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni (tranne quella prevista dall’art. 8 l. 1.4.1981, n. 121), tra cui quelli contenuti nell’anagrafe tributaria4, compreso l’archivio dei rapporti finanziari5, nonché in quelle degli enti previdenziali: l’elenco indicato nella norma non è quindi tassativo.
Dopo la riforma del 2015, è di fatto previsto solo un certo periodo prima che le banche dati divengano accessibili da parte degli ufficiali giudiziari, ex art. 155 quater disp. att. c.p.c., dovendo essere pubblicato sul portale dei servizi telematici del Ministero l’elenco – evidentemente ricognitivo – delle banche dati per le quali è operativo l’accesso da parte degli ufficiali giudiziari.
L’accesso è gratuito, ma alcune banche dati esigono il pagamento di diritti o spese, variamente denominati.
L’ufficiale giudiziario, ricevuta l’autorizzazione (secondo alcuni, in via diretta da parte del presidente del tribunale, secondo altri, ad impulso del creditore), procede all’accesso, con modelli e registri ad hoc e garantendo al creditore, che lo abbia richiesto, di presenziare alle relative operazioni con le stesse modalità dei pignoramenti mobiliari (e, quindi e tra l’altro, con diritto ad un preavviso di almeno tre giorni, salvi i casi di urgenza).
Il contenuto delle banche dati è assai vario e non si può in questa sede esaminare ogni possibile evenienza. Di certo, quando risultano beni o crediti ben individuati, sta all’ufficiale giudiziario una prima selezione di quelli utilmente pignorabili, per non trasporre nel verbale notizie su fatti e beni personali o eccessivi e quindi irrilevanti ed inutilmente lesivi del diritto alla riservatezza del debitore.
È prevista anche la facoltà, per il creditore, di accedere alle banche dati direttamente, cioè senza il tramite dell’ufficiale giudiziario, ma sempre previa autorizzazione in cui dar conto dei presupposti:
a) in via transitoria, sino all’inserimento delle banche dati nell’elenco gestito dal Ministero della giustizia di quelle per le quali è operativo l’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario;
b) in ogni caso, quando le strutture tecnologiche necessarie all’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario non sono funzionanti.
Il procedimento si esaurisce infruttuosamente se:
a) nulla si rinviene dalla ricerca: l’ufficiale giudiziario, ex art. 492, co. 4, c.p.c., invita il debitore a dichiarare i beni utilmente pignorabili;
b) dalla ricerca si rinvengono solo beni immobili, ovvero navi, o aeromobili, ovvero quote di s.r.l.: il creditore deve agire di bel nuovo, rispettivamente ex artt. 555 ss. c.p.c. o con le forme speciali previste per ciascuna categoria di beni.
La peculiarità dell’istituto è evidente ove siano rinvenuti crediti, ovvero cose mobili, diverse da navi, aeromobili e quote di s.r.l.; quanto ai veicoli, dopo la riforma del 2015, si può agire, in alternativa alle forme speciali ex art. 521 bis c.p.c., con le forme ordinarie dei pignoramenti di mobili, che allora l’ufficiale giudiziario dovrà attivare.
Se all’esito dell’accesso siano trovati più beni appartenenti alla stessa categoria, ovvero beni appartenenti a categorie diverse, per le quali è comunque prevista la prosecuzione del procedimento, è allora rimessa al creditore la scelta di quelli su cui proseguire l’esecuzione.
Quindi, acquisiti (anche in copia dal fascicolo informatico, o altrimenti ad impulso dell’interessato creditore) il titolo ed il precetto, la notifica dei quali non può mancare neppure se è stata concessa l’esenzione dai termini:
a) se sono state rinvenute cose mobili che si trovano nel territorio di sua competenza, l’ufficiale giudiziario accede direttamente nel luogo dove si trovano per pignorarle con le forme degli artt. 518 ss. c.p.c.; ma, se non le rinviene, rivolge al debitore intimazione di indicare entro quindici giorni dove esse si trovino, sotto pena delle sanzioni dell’art. 388, co. 6, c.p.;
b) se sono state rinvenute cose mobili che si trovano però fuori del territorio di sua competenza, l’ufficiale giudiziario rilascia copia autentica del verbale al creditore, che, a pena di inefficacia della relativa richiesta, si rivolge entro dieci giorni all’ufficiale giudiziario competente per territorio per avviare la procedura esecutiva mobiliare;
c) se sono stati individuati crediti o mobili assoggettabili ad espropriazione presso terzi, l’ufficiale giudiziario dà impulso a tale procedura, di ufficio notificando sia al debitore che al terzo (ma a questo solo per estratto, coi soli riferimenti che lo riguardano direttamente) il verbale, in cui inserire gli elementi di cui ai primi tre commi dell’art. 492 c.p.c. ed alcuni tra quelli della citazione ex art. 543 c.p.c.. In tal caso, però, occorrono una successiva istanza di vendita ed il decreto del giudice dell’esecuzione di fissazione di udienza notificato, con peculiari contenuti, al terzo.
Le potenzialità dell’istituto sono rese evidenti, come accennato, dalla sua estensione: ex art. 155 sexies disp. att. c.p.c., esso si applica anche per l’esecuzione del sequestro conservativo e la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui; se, da un lato, ai fini del recupero o della cessione dei crediti, il curatore, il commissario e il liquidatore giudiziale possono accedere ai dati relativi ai soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti, dall’altro lato ed in via generale, se di tali disposizioni ci si avvale durante procedure concorsuali o procedimenti in materia di famiglia, l’autorizzazione compete al giudice del procedimento.
Sono stati inseriti due commi nell’art. 122 d.P.R. 15.12.1959, n. 1229, per incentivare gli ufficiali giudiziari che abbiano proficuamente condotto le ricerche telematiche con un compenso ulteriore, almeno quanto ai crediti così rinvenuti: il compenso è liquidato, di ufficio, dal giudice dell’esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo, ma è dimezzato nel caso di ricerche eseguite oltre il quindicesimo giorno dalla richiesta; ed è calcolato di norma sul valore di assegnazione o di vendita, tranne i casi di conversione od estinzione del procedimento, fino ad essere escluso per i casi di estinzione anticipata per infruttuosità od altri casi di inerzia titolata del creditore.
Le incertezze ricostruttive hanno ripercussioni sulla disciplina della perenzione del precetto e la stessa qualità dei dati rinvenibili incide sulla loro fruibilità a fini esecutivi, così tanto le une quanto l’altra minando la concreta utilità dell’istituto.
Se la domanda di tutela esecutiva è insita nell’istanza al presidente del tribunale, è con essa che il creditore ha adempiuto ogni onere per attivarsi entro il termine di efficacia del precetto e, per di più, sia pure con una fattispecie a formazione progressiva, il processo esecutivo già pende e nulla impedisce l’esperibilità delle opposizioni agli atti esecutivi.
Se la domanda di tutela esecutiva è invece collegata alla successiva richiesta all’ufficiale giudiziario, il termine di efficacia del precetto, che non è rimasto sospeso, è corso fino a quel momento, con accollo al creditore dei rischi di ritardi; e il procedimento, ancora non esecutivo, dovrebbe essere soggetto agli artt. 737 ss. c.p.c., con previsione di reclamabilità.
L’acquisizione di elementi così indifferenziati sul conto del debitore implica un’intrusione nella sua sfera personale. Se è vero che la disciplina di protezione dei dati personali non si applica agli accessi per fini di giustizia6, è anche vero che la prima – consacrata nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: art. 87 – è improntata al principio di lealtà e di proporzionalità del trattamento e delle relative eccezioni alle finalità per cui l’uno e le altre sono previste.
Pertanto, il filtro dell’ufficiale giudiziario nello sceverare cosa sia utile o meno per la successiva pignorabilità è decisivo: presa cognizione di una massa di dati personali e quindi anche sensibili del debitore, egli deve subito escludere questi ultimi da quelli da portare a conoscenza del creditore.
Peraltro, il filtro può essere vanificato dalla facoltà del creditore di presenziare alle operazioni e manca del tutto in caso di accesso diretto da parte del creditore, reso possibile anche nel caso di mero malfunzionamento degli impianti: nel quale tutti i dati patrimoniali, compresi quelli sensibili e personalissimi, del debitore sono alla mercé del creditore.
Nonostante l’ampiezza dei dati conseguibili dalle banche dati, occorrerà molta attenzione nel rilevare beni o crediti effettivamente suscettibili di esecuzione. Esclusa l’utilità di dati complessivi o privi di riferimenti concreti a singole poste patrimoniali, buona parte dei dati su beni o crediti così rinvenuti potrebbero richiedere integrazioni con altri dati. Pure l’individuazione dei crediti da sottoporre a pignoramento, premiata con un generoso aggio, dovrà considerare le possibilità di idonea specificazione, essendo questa necessaria, a pena di rigetto dell’istanza di assegnazione, nell’attuale regime del pignoramento presso terzi.
Occorrerà adeguata dotazione degli UNEP (uffici notificazioni, esecuzioni e protesti) per l’accesso telematico, come pure per l’immediata aggressione esecutiva dei mobili rinvenuti e che si trovino nel territorio di competenza; mentre, in caso di coinvolgimento di altri UNEP, le modalità pratiche di trasmissione degli atti e le esigenze di corresponsione dei compensi anche all’ufficio di destinazione non dovranno giocare un ruolo di concreta ostruzione.
Infine, l’esito in espropriazione presso terzi è affidato ad un’interazione molto delicata fra atti di troppi soggetti, a rischio di violazioni non solo formali ed a scapito dei pochi persistenti diritti dell’esecutato.
Note
1 In generale: Soldi, A.M., Manuale dell’esecuzione forzata, V ed., Padova, 2016, 480 ss.; Fanticini, G.Ghiacci, F., L’esecuzione civile formulario commentato, II ed., Torino, 2016, 145 ss.; De Stefano, F., I procedimenti esecutivi, Milano, 2016, 57 ss.; De Stefano, F., Il pignoramento e la conversione, in Il nuovo processo di esecuzione, a cura di R. Fontana e S. Romeo, Padova, 2015, 102 ss.; Vincre, S., Le riforme dell’esecuzione forzata dell’estate 2015, in Riv. dir. proc., 2016, 427; Longo, D., La ricerca telematica dei beni da pignorare e l’efficacia nel tempo dell’atto di precetto, in Riv. dir. proc., 2016, 454; Poli, G.G., La ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, in Scritti dedicati a Maurizio Converso,a cura di D. Dalfino, Roma, 2016, 431.
2 In tal senso, per tutti, v. Soldi, A.M., op. loc. ultt. citt.
3 In tal senso, per tutti, v. Fanticini, G.Ghiacci, F., op. loc. ultt. citt.
4 Art. 7 d.P.R. 29.9.1973, n. 605.
5 Ex art. 37, co. 4, d.l. 4.7.2006, n. 233 convertito in legge con modificazioni dalla l. 4.8.2006, n. 248.
6 Fanticini, G.Ghiacci, F., op. cit., 163.
7 Tra le fondamentali, v. C. giust., 6.10.2015, in C 362/14, Schrems c. Data Protection Commissioner.