ricerca e sviluppo
ricérca e sviluppo locuz. sost. f. – La r. e s. (R&S) può essere definita come quel complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l'insieme delle conoscenze (ivi comprese quelle relative all'uomo, alla cultura e alla società), sia per utilizzare dette conoscenze per nuove applicazioni. La ricerca di base (o fondamentale) è considerata un'attività sperimentale o teorica avente come scopo l'ampliamento delle conoscenze, di cui non si prevede una specifica applicazione o utilizzazione. La ricerca applicata è quella ricerca originale svolta per ampliare le conoscenze, ma anche e soprattutto allo scopo di una pratica e specifica applicazione. Lo sviluppo sperimentale consiste in un'attività destinata a completare, sviluppare o perfezionare materiali, prodotti e processi produttivi, sistemi e servizi, attraverso l'applicazione e l'utilizzazione dei risultati della ricerca e dell'esperienza pratica. I recenti progressi nei nuovi settori (nuovi materiali, biotecnologie, tecnologie informatiche, telecomunicazioni) sono stati possibili anche per la crescente integrazione tra scienza e tecnologia: i nuovi dispositivi e le nuove tecniche incorporano quantità sempre maggiori di sapere scientifico; allo stesso tempo il lavoro di ricerca si avvale di potenti strumenti, messi a punto con sofisticate tecnologie, che consentono di studiare i fenomeni naturali a livelli di analisi precedentemente irraggiungibili (si pensi al microscopio elettronico, al ciclotrone, alla risonanza magnetica nucleare, ai calcolatori veloci). Nel corso degli anni Novanta del secolo socrso, la crescente globalizzazione dei mercati ha favorito la progressiva internazionalizzazione delle attività di R&S. Le istituzioni universitarie e gli enti di ricerca hanno attivato sia forme di cooperazione diretta tra di loro, sia accordi di collaborazione con imprese. Le ricerche effettuate congiuntamente da laboratori di paesi diversi si sono largamente diffuse, e si è fortemente rafforzata la cooperazione tra le imprese per la conduzione di attività di R&S precompetitiva (finalizzata, cioè, alla realizzazione di prototipi non commercializzabili), specialmente in aree scientifiche e tecnologiche in cui i rischi e i costi dell'avanzamento delle conoscenze sono particolarmente elevati (per es. microelettronica, telecomunicazioni): saranno lo sviluppo sperimentale, la progettazione e le applicazioni che le imprese intraprenderanno singolarmente a generare i nuovi prodotti e servizi da vendere sul mercato. Un ulteriore aspetto che ha assunto notevole rilevanza è la crescente tendenza di università ed enti pubblici di ricerca a commercializzare i risultati delle attività di ricerca attraverso iniziative che vanno dallo sfruttamento dei brevetti, all’istituzione di parchi scientifici, fino alla creazione di nuove imprese (start up) per portare sul mercato specifiche invenzioni. L’accresciuta competizione sui mercati dei prodotti tecnologicamente avanzati, dovuta anche alla accresciuta concorrenza dei paesi emergenti (Cina, India) ha obbligato i paesi dell'Unione Europea (UE) a intensificare la cooperazione nel campo della ricerca. A partire dalla fine degli anni Novanta, le politiche dell'UE hanno posto in primo piano la conoscenza per rafforzare la crescita, la competitività e l'occupazione (v. anche Agenda 2020), e dato nuovo impulso alla creazione di reti transeuropee di istituti di ricerca, università, biblioteche scientifiche e scuole e alla formazione di uno spazio europeo della ricerca e dell’innovazione. Con il varo del settimo Programma quadro di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica (relativo al periodo 2007-13), l’UE ha inoltre accentuato ulteriormente gli sforzi per stimolare e consolidare la capacità competitiva del sistema industriale europeo, per favorire una maggiore armonizzazione delle politiche nazionali e per recuperare il ritardo tecnologico dei paesi europei nei confronti di Stati Uniti e Giappone, dovuto non soltanto ai minori investimenti in R&S, ma anche al più ridotto numero di ricercatori e di personale specializzato nei settori tecnologici di punta. È da sottolineare che in questo contesto di relativo svantaggio dell’Europa, l’Italia presenta elementi di ulteriore debolezza, come si evidenzia dalla ridotta incidenza sul PIL della spesa per R&S (nel 2011 il 1,2% contro il 2% della media dell’UE a 27, il 2,9% di Stati Uniti e il 3,4% del Giappone), dal basso numero di ricercatori (4,2 per mille occupati, rispetto ai 7 dell’UE a 27, i 9,5 degli Stati Uniti e i 10,4 del Giappone) e da altri fattori di ritardo come la scarsa presenza di imprese di ricerca nel mercato, l’inadeguatezza del sistema bancario e finanziario nel sostenere la ricerca, la minore incidenza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sulla produttività del lavoro, la minor domanda di ricerca applicata da parte della Pubblica amministrazione.