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RICETTAZIONE

di Giovanni Novelli - Enciclopedia Italiana (1936)
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RICETTAZIONE

Giovanni Novelli

. Il delitto di ricettazione è compreso nei delitti contro il patrimonio, non perché la sua materiale obiettività si riferisca solo ai delitti contro il patrimonio, ma perché ha per fine un profitto e quasi sempre è accessorio di un delitto contro il patrimonio. Sotto il codice del 1889 questo principio era alquanto discusso, e perciò il nuovo codice del 1930 ha espressamente usato la locuzione "proveniente da qualsiasi delitto". I caratteri principali del delitto di ricettazione sono: l'autonomia e l'accessorietà. L'autonomia sta a significare che l'attività del colpevole dev'essere essenzialmente diversa ed estranea dall'attività consumativa di altro delitto, perché altrimenti ricorre l'ipotesi di concorso nel reato e non di ricettazione. Questo principio è espressamente contenuto nelle parole iniziali dell'art. 648: "fuori dei casi di concorso nel reato".

L'accessorietà della ricettazione dipende dal legame della sua esistenza a un fatto delittuoso anteriore. Cosicché, se non vi è delitto anteriore, non vi è ricettazione. A questo proposito però va tenuto presente il capoverso dell'art. 648, il quale stabilisce che le disposizioni dell'articolo si applicano anche quando l'autore del delitto, da cui il danaro o le cose provengono, non è imputabile o punibile; il che significa che, tutte le volte, nelle quali per ragioni subiettive viene esclusa l'imputabilità o la punibilità del delitto anteriore, sussiste ugualmente la ricettazione. Esempio: la ricettazione di cose rubate dal figlio in danno del genitore. Perché, adunque, sia esclusa la ricettazione per inesistenza del delitto anteriore, è necessario che ciò avvenga per ragioni obiettive.

A proposito delle conseguenze dell'accessorietà del delitto di ricettazione è opportuno studiare il principio in rapporto ai due istituti, che nel nuovo codice hanno trovato nuova disciplina: la querela e le cause estintive del delitto. Per i fatti, la cui punibilità è subordinata alla presentazione della querela, questa è considerata dal codice come elemento del reato. Dal che discende che, se per il delitto anteriore non sia stata proposta querela, non si può affermare l'esistenza della ricettazione. Per le cause estintive occorre ricordare la disposizione dell'art. 170, secondo la quale, quando un reato sia presupposto di un altro reato, la causa, che lo estingue, non si estende all'altro reato.

Viene risoluta così testualmente la questione che nel codice abrogato si agitava per stabilire se la ricettazione sia punibile quando la cosa ricettata provenga da reato estinto per remissione, morte del reo, ecc.

L'elemento materiale del delitto consiste nel fatto di chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato: a) acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto; b) ovvero, comunque, s'intromette per farle acquistare, ricevere od occultare. Si può acquistare anche mediante occupazione, come nel caso di monete contraffatte, abbandonate dal falsario; e si può acquistare anche mediante appropriazione di cosa smarrita dal ladro, quando l'agente abbia la consapevolezza della provenienza delittuosa della cosa stessa.

Le cose, che costituiscono l'oggetto della ricettazione, devono essere cose mobili (denaro o cose). Esse devono provenire da qualsiasi delitto, sicché, se provenissero da una contravvenzione, la ricettazione non potrebbe sussistere.

Sempre in considerazione dell'accennata autonomia del delitto in esame, è irrilevante che il delitto, da cui le cose provengano, sia stato commesso nel territorio dello stato italiano, ovvero in territorio estero. Non ha poi rilevanza a escludere la ricettazione, che questa acceda a una ricettazione, sicché si può avere ricettazione di ricettazione. È cosa proveniente dal delitto anche il denaro ricavato dalla vendita delle cose provenienti da delitto, ed è cosa pure proveniente da delitto quella che sia stata alterata o trasformata o permutata o che costituisca un titolo rappresentativo di denaro o di altra cosa mobile. La ricettazione, come sopra si è accennato, si può anche commettere con l'intromettersi, in qualsiasi modo, nel fare acquistare, ricevere, od occultare denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto. In questo caso la ricettazione può essere commessa con qualsiasi fatto di mediazione o d'interposizione. L'elemento subiettivo del delitto consiste nel dolo, nella volontà cioè di acquistare, ricevere o occultare danaro o cose che l'agente sa provenienti da un delitto, o nella volontà d'intromettersi nel dare, acquistare, ricevere o occultare le predette cose che l'agente sa che provengono da un delitto, al fine, nell'uno o nell'altro caso, di procurare a sé o ad altri un profitto. La considerazione del dolo specifico in questo delitto è importante, perché distingue il delitto di ricettazione dal favoreggiamento (v.).

Bibl.: F. Carrara, La ricettazione dolosa di cose furtive, in Opuscoli, III, Firenze 1898, p. 423; V. Manzini, Trattato di diritto penale, VIII, Torino 1919, p. 557; Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, parte 4ª, Roma 1929, p. 471; R. Saltelli-E. Romano Di Falco, Commento teorico pratico del nuovo codice penale, II, parte 2ª, ivi 1930, p. 1133; S. Maggiore, Principi di diritto penale, Bologna 1934, II, p. 584.

Vedi anche
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Vocabolario
ricettatóre
ricettatore ricettatóre s. m. (f. -trice) [dal lat. receptator -oris «chi accoglie, chi dà asilo», der. di receptare «ricettare1»]. – Chi ricetta, cioè si rende colpevole del reato di ricettazione.
ricettazióne¹
ricettazione1 ricettazióne1 s. f. [dal lat. tardo receptatio -onis «l’accogliere, il dar ricetto», der. di receptare «ricettare1»]. – 1. ant. Accoglimento; il dare ricetto, ospitalità. 2. Nel diritto penale, reato di chi, al fine di procurare...
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