Rorty, Richard
Filosofo statunitense (New York, 1931 - ivi 2007). Laureatosi nel 1956 a Yale, dal 1961 al 1981 insegnò alla Princeton University e dal 1982 alla University of Virginia (Charlottesville). Formatosi nella tradizione della filosofia analitica, di cui ha inizialmente utilizzato gli strumenti intervenendo in modo originale nel dibattito mente-cervello, R. se ne è successivamente allontanato, elaborando una sua peculiare posizione in cui confluiscono motivi pragmatisti ed ermeneutici continentali. La filosofia analitica non è altro, secondo R., che una versione aggiornata delle teorie della conoscenza cartesiana, lockiana e kantiana, alle quali risalirebbe l’immagine della mente come una sorta di specchio in grado di rappresentare la realtà. Pur avendo sostituito il linguaggio alla mente, i filosofi analitici ‒ con le eccezioni di Wittgenstein, Sellars, Quine e D.H. Davidson ‒ si sarebbero infatti mossi nel solco della tradizione «rappresentazionalista», perseguendone gli scopi fondazionalisti con la ricerca di principi immutabili in grado di garantire le condizioni di validità delle rappresentazioni linguistiche nei vari ambiti conoscitivi. Sostenitore di un radicale antifondazionalismo epistemologico e di uno storicismo incline al relativismo, R. si richiama all’ultimo Wittgenstein, a Dewey, a Kuhn e all’ermeneutica di Heidegger e Gadamer per sottolineare la contingenza delle sistematizzazioni filosofiche e il loro ridursi a niente più che ipostatizzazioni di pratiche sociali storicamente mutevoli. Contestando l’immagine professionale e scientifica che della filosofia hanno dato le principali correnti del Novecento (il neokantismo, la fenomenologia, il neopositivismo e la filosofia analitica), R. ha inoltre auspicato il diffondersi di una «cultura postfilosofica» che, nella varietà dei suoi oggetti di interesse, sia volta non a conseguire improbabili certezze ma a mantenere viva la «conversazione». Un esempio di questa attività postfilosofica è stato fornito da R. con la difesa di un’«utopia liberale» il cui principale obiettivo, la solidarietà umana, sarebbe realizzabile attraverso il mutamento delle convinzioni morali, indotto dai contributi culturali di più varia provenienza, quali la letteratura e il cinema, che più di ogni teoria filosofica sull’essenza umana riescono a sensibilizzarci sulle sofferenze che gli uomini infliggono agli altri uomini. Tra le sue opere principali si segnalano: The linguistic turn (1967), antologia sulla filosofia analitica, a cui R. rivolge le sue obiezioni nell’introduzione dal titolo Metaphilosophical difficulties of linguistic philosophy (trad. it., con altri articoli, in La svolta linguistica); Philosophy and the mirror of nature (1979; trad. it. La filosofia e lo specchio della natura); Consequences of pragmatism (1982; trad. it. Conseguenze del pragmatismo); Contingency, irony and solidarity (1989; trad. it. La filosofia dopo la filosofia); Philosophical papers, 1° vol. Objectivity, relativism, and truth (1991), 2° vol. Essays on Heidegger and others (1991), 3° vol. Truth and progress (1998; trad. it. dei primi 2 voll. Scritti filosofici; trad. it. del 3° vol. Verità e progresso).