STRAUSS, Richard
Compositore di musica, nato a Monaco di Baviera l'11 giugno 1864. Suo padre, Franz, era un valoroso cornista e un più che discreto musicista, e apparteneva all'orchestra dell'Opera. Riccardo frequentò il ginnasio quando già aveva iniziato gli studî musicali: a quattro anni e mezzo riceveva le prime lezioni di pianoforte e teoria dal pianista e arpista August Tombo. A sette anni s'iniziava anche al violino sotto la guida del primo violino dell'orchestra Benno Walter e scriveva le prime composizioni che ci siano pervenute: le liriche per canto e pianoforte Das Weihnachtslied, Heimkehr (poi pubblicate rispettivamente nel 1900 e nel 1905) e Winterreise, e la caratteristica Schneiderpolka per pianoforte. Intanto frequentava assiduamente i concerti e conosceva intimamente le opere dei classici tedeschi, ma ammirava ugualmente Wagner e i musicisti della "Nuova Scuola", in contrasto con le idee del padre, conservatore e antiwagneriano. Di questo personale orientamento sono già sensibili i riflessi nelle opere successive, tuttora ingenuamente infantili: una Gavotta e una Sonatina per pianoforte, il primo saggio orchestrale, una ouverture per la commedia Hochlands Treue (1873), 6 Sonatine e una Fantasia per pianoforte (1874). L'anno seguente continuò lo studio del pianoforte sotto la guida del Niest e iniziò quello regolare della composizione con il direttore d'orchestra Fr. W. Meyer, convinto seguace delle nuove tendenze musicali. Al 1876 appartiene la composizione segnata col numero 1 nel catalogo dell'opera straussiana, Festmarsch (in mi bemolle) per orchestra; e s'inizia un periodo di febbrile attività creativa, che ha i suoi momenti più notevoli nel Quartetto in la, op. 2 (che fu eseguito dal quartetto del suo maestro Walter), e nella Serenata op. 7 per fiati (1881). Quest'ultima composizione richiamò l'attenzione di Hans von Bülow che la fece eseguire a Meiningen e che nel 1885 chiamò il giovine compositore a collaborare con lui nella direzione del Teatro di Corte di quella città. Nel breve tempo in cui rimase a Meiningen, lo S. conobbe e si legò di grande amicizia con Alexander Ritter (1833-96), violinista e compositore di talento, fervente apostolo dell'opera di Wagner e di Liszt. L'influenza del Ritter, che lo S. ha riconosciuta apertamente, fu decisiva: la sua conversione alle idee nuove fu assoluta, come chiaramente dimostra la fantasia sinfonica Aus Italien, op. 16, scritta nella primavera del 1886 durante e dopo un lungo soggiorno in Italia. Nell'estate dello stesso anno fu nominato secondo direttore all'Opera di Monaco e rimase a questo posto per tre anni, perfezionandosi nell'arte dell'interpretazione senza trascurare tuttavia la composizione. Sono di questo tempo alcune fra le sue pagine più importanti, come la Sonata in mi bemolle, op. 18, per violino e pianoforte, numerosi Lieder (fra i quali alcuni dei più noti, come Serenata, Il Segreto) e i poemi sinfonici Macbeth (1888) e Don Juan (1889). Nel luglio 1889 fu chiamato a collaborare col vecchio direttore d'orchestra Eduard Lassen al teatro di Weimar. Quivi diresse tutte le opere di Wagner, di Gluck e di Mozart e terminò il poema sinfonico Morte e trasfigurazione e la sua prima opera teatrale Guntram (nella prima esecuzione la parte di Freihild fu cantata dalla sua allieva Pauline de Ahna, che più tardi doveva essere sua moglie). Chiamato all'Opera di Monaco nel 1894, due anni dopo vi occupava il posto di primo direttore, vacante per il ritiro di H. Levi. La sua fama di direttore d'orchestra sempre più si estende insieme con quella di compositore: dal 1898 al 1919 è direttore all'Opera di Berlino, dal 1919 al 1924 all'Opera di Vienna e contemporaneamente è insegnante di composizione all'Accademia di belle arti di Berlino (1917-1920) e svolge un'intensa attività come direttore di concerti in ogni paese d'Europa e in America (fra l'altro condusse l'Orchestra filarmonica di Berlino in un giro di concerti nel marzo 1908). Dal 1933 al 1935 fu presidente della "Reichsmusikkammer" e del Sindacato dei musicisti tedeschi.
Negli ultimi anni del secolo XIX, dopo la morte di Wagner, l'apparizione improvvisa nel cielo della musica tedesca di Riccardo S. è salutata come quella del legittimo successore e continuatore del primo Riccardo. E in verità le opere del giovine compositore monacense sono tali da riempire di ammirata meraviglia chiunque: ancor oggi a rileggerle si rinnova quell'impressione dinnanzi a un Don Juan scritto a ventiquattro anni, a una Morte e trasfigurazione scritta a venticinque, a un componimento teatrale come Guntram ch'è di poco posteriore. È un musicista già completo e maturo, un artista pienamente consapevole quello che si presenta con queste pagine, che ancor oggi, a quaranta e più anni di distanza, conservano immutato il loro potere di suggestione sul pubblico. Lo S. ha cominciato, come s'è detto, come compositore di musica da camera, e ha avuto presenti dinnanzi a se i modelli supremi del romanticismo germanico (1880, Quartetto op. 2, archi; 1881, Sonata op. 5, pianoforte; Serenata op. 7, strumenti e archi; 1883, Sonata op. 6, violoncello e pianoforte; 1884, Quartetto op. 13, pianoforte e archi, ecc.); il Ritter gli fa conoscere e amare Liszt, Wagner e Berlioz e la sua via ormai è segnata. I primi saggi sinfonici appartengono non più alla "musica pura" ma a quella programmatica (1887, Aus Italien, op. 16), ma non tanto che non vi sia palese una struttura architettonica che la distingue dal poema sinfonico lisztiano. Piuttosto già vi appare quel senso drammatico, nella tematica incisiva e nell'economia degli effetti, che condurrà il musicista al teatro. Ai primi poemi sinfonici segue il dramma in tre atti Guntram, rappresentato a Weimar il 12 maggio 1894. Il libretto, che fu scritto dallo stesso Strauss, è assai wagneriano per la psicologia dei personaggi e l'atmosfera che li avvolge (il protagonista ha molte affinità con Parsifal e un Sängerkrieg ricorda molto da vicino quella del Tannhäuser), ma la musica lo è assai meno: inoltre è fuor di dubbio che l'opera sovrasta di molti cubiti la produzione operistica dell'epigonismo wagneriano (la si confronti, p. es., con Ingwelde di Schillings, con Der arme Heinrich di Pfitzner, con Hänsel e Gretel di Humperdinck, tutte composte nel giro di quegli anni). Per vendicarsi dell'insuccesso di Guntram, lo S. scrisse Feuersnot, su libretto di E. von Wolzogen (1ª rappresentazione a Dresda, il 21 novembre 1901), ch'è una specie di Maestri Cantori, con il suo Beckmesser e il suo Walter e il contrastare dei filistei accademici e la vittoria dell'artista libero: ma l'opera non ebbe maggior incontro. Con Salomè (1ª rappresentazione a Dresda, 9 dicembre 1905) lo S. ottiene un pieno successo confermato rapidamente in tutto il mondo. In Salomè si ritrova chiarissima la concezione del poema sinfonico, nel senso che l'opera è essenzialmente orchestrale e decorativa e condensata nei suoi elementi tematici fondamentali: è un grande affresco di una notte orientale, greve di lussuria e di crudeltà, nella quale si muovono, poco più che ombre, personaggi inverosimili, tesi in un continuo spasimo (non v'è che una eccezione, Jochanaan, al quale lo S. ha dato atteggiamenti meno concitati, ma di una melodiosità piuttosto generica). Dramma musicale che vive nell'orchestra più che sulla scena e che tuttavia raggiunge con tutti i mezzi l'effetto di scuotere e stupire, con la violenza dei ritmi e il mareggiare incalzante dello strumentale, dove tutto giova a stimolare i nervi più che a offrire una reale gioia all'immaginazione musicale. Dramma è ancora Elettra, tragedia in un atto su libretto di Hugo von Hoffmannsthal (1ª rappresentazione a Dresda, il 25 gennaio 1909); la tendenza sinfonico-orchestrale di Salomè è spinta sino alle estreme conseguenze, e alcune pagine raggiungono sotto questo aspetto un'eccellenza difficilmente superabile (p. es., quelle della scena del riconoscimento di Oreste). Ma con l'opera seguente lo S. ritorna a una concezione più vocale, in senso settecentesco: il Cavaliere della Rosa (1ª rappresentazione a Dresda, il 25 gennaio 1911) segna un deciso cambiamento di rotta. Il libretto di Hoffmannsthal non è più un dramma autonomo, neppure nel titolo, ma una commedia "per musica", e il compositore riprende tutti i suoi diritti. Il Cavaliere della Rosa è nato sotto il segno di Mozart e dell'opera comica, della commedia wagneriana (e fors'anche verdiana, come si legge nella corrispondenza fra il poeta e il musicista) e del walzer viennese. È una commedia come la poteva concepire, naturalmente, un Bavarese del principio del secolo, e reca l'impronta di un concepimento faticoso, di un disegno pesante e di un gusto non raffinato: ma è una cosa viva, i personaggi sono tipizzati e non v'è un effetto mancato, in tutta l'opera (senza contare che la poesia sonora vi raggiunge altezze insolite, come nella scena della presentazione della rosa). La tendenza a semplificare e a costringere l'ispirazione in forme rigorosamente musicali ci ha dato l'Arianna a Nasso, che costituì dapprima un intermezzo al Bourgeois gentilhomme (Stoccarda 1912) e poi, con l'aggiunta di un prologo, un'opera a sé (Vienna 1917): un'opera da camera, con un'orchestra di 32 strumenti, di un grazioso rococò, un'esibizione di bravura e d'equilibrio che solo poteva darci un maestro giunto ormai al perfetto possesso dello strumento con un'intelligenza fredda e acuta, un'infallibile conoscenza del valore d'ogni suono-colore.
Il periodo che segue mostra già un affievolimento della fantasia e un aggravamento dei difetti organici della musica straussiana: le opere teatrali sono accolte con rispetto ma senza calore di convinzione; così La donna senz'ombra (Vienna 1919), Intermezzo (Dresda 1925), Elena egiziana (ivi 1928), Arabella (ivi 1933), La donna silenziosa (ivi 1935), quest'ultima su libretto di S. Zweig da Ben Jonson, riecheggiante stancamente modi del Cavaliere della Rosa; né l'incursione nel campo del balletto (La leggenda di Giuseppe, 1914, e Schlagobers, 1924) è più fortunata. Un analogo decadimento si era riscontrato già in precedenza nella produzione sinfonica subito dopo il rondò Till Eulenspiegel, op. 28 (1895), che rappresenta l'esempio più perfetto della coerenza della forma musicale con il contenuto descrittivo. Nelle composizioni posteriori ora prevale il programma e una specie d'imagerie a colori vistosi, ora lo schema formalistico: così in Così parlò Zaratustra, op. 30 (1896), in Don Chisciotte op. 35 (1897), in Vita d'Eroe, op. 40 (1898), nella Sinfonia domestica, op. 53 (1903), e nella Sinfonia alpina, op. 64 (1915). L'effetto ricercato per sé stesso conduce a un barocchismo sfrenato, che non ha altro scopo se non quello di stupire (nella Sinfonia alpina l'apparato orchestrale assume proporzioni elefantiache). Altrettanto si dica per le composizioni vocali, come i Deutsche Motette (1913), Die Tageszeiten per coro e orchestra (1928) e i Tre Inni per soprano e orchestra (1921).
Dopo essere stato considerato come un pericoloso novatore, negli ultimi vent'anni lo S. si è ritirato sulle sue posizioni dimostrando indifferenza e incomprensione per le tendenze estetiche delle ultime generazioni musicali: e ciò ha aumentato il distacco fra l'opera sua e quella del tempo presente provocando revisioni critiche non sempre serene. È tuttavia doveroso riconoscere che la sua figura campeggia in un lungo periodo della storia della musica moderna accanto a quella del Debussy, il quale, pur così distante dal temperamento del tedesco, riconobbe alla musica di lui eccezionali doti di forza e d'immaginazione e un entusiasmo di vita tali da assicurarle una fortuna non effimera.
Bibl.: R. Specht, R. S. und sein Werk, Vienna 1920; E. Newman, R. S., Londra 1908; M. Steinitzer, R. S., Berlino 1914; R. Muschler, R. S., Hildesheim 1925; A. Cimbro, I poemi sinfonici di R. S., Milano 1926; G. Pannain, R. S., in Musicisti dei tempi nostri, Torino 1932; H. W. von waltershausen, R. S., Monaco 1921; W. Schrenk, R. S. und die neue Musik, Berlino 1924; F. Gysi, R. S., ivi 1934. Vedi inoltre l'importante carteggio con H. von Hoffmannsthal, che fu il collaboratore fedele dello S. per venticinque anni da Elettra ad Arabella: F. Strauss, R. S'.s Briefwechsel mit H. von H., Vienna 1926.