Riciclaggio
Riciclaggio dei rifiuti
Per r. si intende la reintroduzione di rifiuti nel ciclo produttivo che li ha generati. Benché nell'accezione corrente tale termine venga spesso utilizzato quale sinonimo di riutilizzo e di recupero, si deve sottolineare che esso risulta da questi distinto, in quanto il primo termine implica l'utilizzo ripetuto e reiterato di un prodotto per il medesimo scopo (come nel caso di bottiglie di vetro che, previo lavaggio e disinfezione, possono essere nuovamente utilizzate), mentre il secondo si riferisce al caso in cui particolari tipologie di residui vengono inserite in un ciclo produttivo diverso da quello di provenienza (per es., l'impiego della frazione combustibile, costituita da miscele di carta, plastica, legno e tessuti per la produzione di energia e calore). La linea di demarcazione tra riutilizzo e r. consiste essenzialmente nella natura del trattamento subito dal materiale da recuperare/riciclare e può per questo sembrare piuttosto sottile (si pensi, per es., al caso del vetro, che è sottoposto a lavaggio ai fini del riutilizzo e a fusione ai fini del r.); un'ulteriore distinzione tra le due operazioni risiede però nel fatto che il riutilizzo è proprio soltanto di rifiuti, mentre il r. è operato anche su scarti di lavorazione di materie prime, che in molti casi non differiscono dalle materie prime di partenza e che per tale ragione non rappresentano un rifiuto vero e proprio. Tali differenze risultano fondamentali in riferimento alle disposizioni normative vigenti a livello nazionale e comunitario, in quanto alcune operazioni di r. possono non risultare disciplinate dalla normativa specifica che regolamenta il settore dei rifiuti. Il r. si configura come uno degli strumenti necessari al raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Le operazioni di r., recupero e riutilizzo dei rifiuti risultano infatti necessarie al fine di garantire un livello adeguato di salvaguardia ambientale, attraverso il minore impiego di materie prime per la produzione industriale e dei materiali di scarto avviati a smaltimento finale, e più in generale attraverso il contenimento delle emissioni inquinanti.
Nel 1972 venne pubblicato il trattato Limits to growth, cui è seguito nel 1992 Beyond the limits, nel quale gli autori diedero ampia risonanza al concetto di limitatezza delle risorse naturali. Secondo questi, infatti, la velocità di utilizzo delle materie prime naturali, imposto dall'attuale livello di sviluppo socioeconomico, è largamente superiore alla rapidità di rigenerazione delle stesse. Riprendendo tale concetto, il rapporto Our common future (1987) dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, noto anche come Rapporto Bruntland, spiega che lo sviluppo potrà risultare sostenibile soltanto quando la società, e in particolare il comparto industriale, saranno in grado di produrre quantità maggiori di beni e servizi consumando una quantità inferiore di risorse naturali e di energia e producendo, al contempo, una quantità inferiore di rifiuti e di sostanze inquinanti. Questo assunto ha prodotto un progressivo ripensamento delle politiche industriali e dei comportamenti sociali, che hanno assunto la limitatezza delle risorse naturali e la tutela dell'ambiente quali requisiti essenziali affinché lo sviluppo possa risultare sostenibile. In particolare, nel comparto industriale sono state introdotte modifiche ai processi di produzione, così da poter favorire il r., il recupero e il riutilizzo dei residui e delle acque all'interno del processo produttivo stesso. Inoltre si è promosso lo sviluppo di tecnologie a ridotto consumo di energia e di materie prime e a minor impatto ambientale. A livello sociale, si è investito molto per ottenere la progressiva sensibilizzazione dell'opinione pubblica verso l'adozione di comportamenti responsabili nei confronti dell'ambiente; tra questi ha assunto un ruolo di sempre maggiore rilevanza l'adozione di raccolte differenziate di rifiuti per i quali risulta possibile una valorizzazione attraverso il r. e il riutilizzo. Un ulteriore impulso alla riduzione del consumo di materie prime naturali (intese in termini sia di materia sia di energia) deriva dal crescente costo di queste e dello smaltimento finale dei rifiuti prodotti. La via verso uno sviluppo sostenibile passa dunque attraverso un continuo adeguamento del settore industriale, al fine di ottenere da un lato una riduzione sempre maggiore di consumi, di rifiuti e di emissioni inquinanti e dall'altro la produzione di beni che siano anch'essi facilmente riciclabili e riutilizzabili al termine della loro vita utile. Non meno rilevante, per il conseguimento della sostenibilità, è considerata la sensibilizzazione e la risposta consapevole della società civile, che dovrà far propri gli obiettivi di salvaguardia ambientale, adottando comportamenti responsabili nei confronti della tutela dell'ambiente. È infatti evidente che la quantità di materiali che possono essere recuperati e riciclati con successo dai rifiuti prodotti pro capite, dipende da quanto ciascun cittadino aderisce alle attività di raccolta differenziata organizzate all'interno della propria comunità. Affinché dunque il r. possa contribuire in modo efficace alla riduzione degli impatti e delle pressioni esercitate sull'ambiente, è necessario che la gestione dei rifiuti sia organizzata a livello globale in uno schema integrato, nel quale la produzione di questi venga ridotta già nel comparto industriale (per es., mediante il ricorso al confezionamento dei prodotti con materiali che siano facilmente riciclabili/recuperabili), e nel quale risultino tra loro armonizzate le fasi di conferimento dei rifiuti, raccolta, trasporto e trattamento ai fini del recupero di materia e di energia. In un tale sistema di gestione dei rifiuti, lo smaltimento finale in discarica può essere dunque considerato come un'opzione indispensabile per una quota ridotta di materiali che per caratteristiche qualitative e quantitative non può ulteriormente essere valorizzata come materia prima o come fonte di energia alternativa, sia prima sia successivamente alle eventuali operazioni di valorizzazione effettuate. Le attività di r. e recupero dei rifiuti si configurano esse stesse come attività industriali, alle quali sono associati consumi energetici e impatti ambientali in termini di emissioni e di rifiuti prodotti. Infine, la gestione efficiente del ciclo dei rifiuti rappresenta un'opportunità competitiva, anche da un punto di vista economico, di utilizzo di materie prime secondarie (prodotte dal r. dei rifiuti), in sostituzione di materie prime naturali. Le esperienze hanno mostrato che la condizione necessaria affinché il r. dei rifiuti risulti applicabile, oltre che dal punto di vista tecnico, anche da quello economico, è l'esistenza di condizioni di mercato che rendano competitive le materie prime riciclate anche attraverso opportune incentivazioni.
Affinché i diversi materiali contenuti nei rifiuti possano essere avviati a r., è necessario che risultino omogenei e privi di contaminanti e di materiali estranei, che potrebbero compromettere le qualità dei manufatti ottenuti da questi o dar luogo al danneggiamento delle apparecchiature utilizzate nelle stesse operazioni di riciclaggio. Il livello di contaminazione e la presenza di materiali estranei nei rifiuti dipendono dalla natura del soggetto produttore (singolo produttore, privato cittadino, centri commerciali), dal tipo di materiale considerato (per es., vetro, carta e plastica), e dalle modalità di raccolta in atto (monomateriale o multimateriale). In ogni caso, le esperienze pregresse dimostrano che nelle singole frazioni avviate a riciclaggio/recupero esiste sempre una qualche forma di contaminazione e presenza di materiali estranei (si pensi al caso più semplice delle etichette di carta sulle bottiglie di vetro o plastica o agli errori di conferimento dei rifiuti nei contenitori destinati alla raccolta differenziata).
Tra i diversi materiali che costituiscono i rifiuti, il vetro rappresenta la frazione merceologica che può essere più facilmente avviata a riciclaggio/recupero, dal momento che i frantumi di vetro inviati a fusione in opportuni rapporti con le materie prime naturali consentono di ridurre in modo significativo le temperature di fusione di queste ultime, con evidenti ricadute anche in termini di risparmio energetico.
Le modalità relative al r. e recupero della carta dipendono dalle caratteristiche di qualità dei rifiuti cartacei impiegati, nonché dalle modalità con cui viene effettuata la raccolta differenziata. La presenza di materiali estranei, quali plastica, metalli ferrosi e non ferrosi e così via, rende necessaria una fase di separazione preliminare al riciclaggio. Si deve osservare che il r. della carta può avvenire per un limitato numero di volte poiché esso determina il fenomeno di accorciamento progressivo delle fibre. La carta stampata avviata a r. richiede in genere un trattamento di eliminazione dell'inchiostro e può essere utilizzata ai fini della produzione di carta per la stampa o per uso igienico. La carta di qualità inferiore viene invece utilizzata per la produzione del cartone. È stato stimato che da una tonnellata di carta avviata che viene avviata a r. e recupero è possibile ottenere all'incirca 850 kg di carta riciclata.
La quota parte dei metalli ferrosi che sono contenuti nei rifiuti è essenzialmente costituita da rottami di ferro e acciaio e da contenitori in latta d'acciaio o in latta bianca (latta d'acciaio rivestita di stagno a protezione della corrosione) utilizzati per la conservazione di cibi e bevande. Il riciclaggio/recupero dell'acciaio viene effettuato tramite fusione e successiva formatura, previa separazione dei materiali estranei eventualmente presenti. Il ferro viene riciclato direttamente negli altiforni nei quali si producono nuovi manufatti, o nei processi per la produzione di acciaio. Ai fini di quest'ultima, il r. di imballaggi di latta viene effettuato previa separazione elettrochimica dello stagno. Sebbene la frazione di stagno rappresenti una quota piuttosto modesta del materiale trattato (compresa all'incirca tra lo 0,25 e lo 0,40%), risulta comunque vantaggioso, anche da un punto di vista economico, avviare tale metallo a recupero, attraverso un processo di fusione.
I materiali non ferrosi presenti nei rifiuti sono essenzialmente costituiti da alluminio. Tali materiali possono essere totalmente riciclati, con costi notevolmente inferiori rispetto a quelli di produzione di manufatti in alluminio a partire dalla bauxite.
I rifiuti plastici comprendono una grande varietà di materiali di natura diversa, il che ne può complicare il loro riciclaggio/recupero. In particolare, possono essere avviati a r. i soli materiali plastici che abbiano caratteristiche termoplastiche. In genere, anche in relazione alle modalità di raccolta differenziata dei rifiuti, le operazioni di r. devono essere precedute da una fase di separazione delle plastiche in gruppi omogenei, o almeno tra loro compatibili ai fini del processo di riciclaggio/riutilizzo. Come per le altre classi di rifiuti considerati, lo stadio di separazione è finalizzato anche alla rimozione di materiali estranei (carta, vetro). Il r. di tali materiali omogenei può essere effettuato per via meccanica (macinazione e successiva estrusione di plastica in forma di bricchette) o per via chimica (rottura dei polimeri nei monomeri di partenza e successiva nuova polimerizzazione, come avviene nel caso del polietilentereftalato o PET). Ulteriori sviluppi tecnologici hanno permesso di avviare a recupero anche miscele di materiali plastici diversi, attraverso l'impiego di un processo per la produzione di etilene.
Il r. dei tessuti viene effettuato in modo analogo a quello della carta, e anche in questo caso l'accorciamento progressivo delle fibre limita il numero di volte in cui i tessuti possono essere avviati a riciclaggio/recupero.
La frazione organica dei rifiuti (scarti alimentari, sfalci e potature), può essere avviata a un processo di recupero mediante stabilizzazione biologica, condotta da microrganismi che operano o in condizioni aerobiche o in condizioni anaerobiche, attraverso la quale viene trasformata in un prodotto di aspetto simile al terriccio. Laddove tale materiale presenti adeguate caratteristiche di qualità chimica e microbiologica, esso può essere utilizzato come ammendante agricolo (compost). Nel caso in cui il materiale biostabilizzato non soddisfi i requisiti necessari all'impiego in agricoltura, esso può essere utilizzato ai fini dei ripristini ambientali (per es., nella rimodellazione del profilo topografico delle cave). Da ultimo, laddove il reimpiego non fosse possibile, il materiale biostabilizzato può essere avviato a discarica controllata, ottenendo comunque una riduzione dell'impatto ambientale di questa grazie all'avvenuta stabilizzazione biologica.
Più recentemente, nel settore dei rifiuti è emersa la complessità delle problematiche poste dalla generazione di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche). Essi costituiscono una categoria di rifiuti di particolare rilevanza sia per gli enormi quantitativi prodotti annualmente sia per la potenziale pericolosità ambientale derivante da non appropriate modalità di gestione e smaltimento. I RAEE comprendono un'ampia e variegata gamma di apparecchiature elettriche ed elettroniche giunte a fine vita, sebbene si debba considerare che spesso esse risultano ancora funzionanti. Le apparecchiature elettriche ed elettroniche che a fine vita vengono ricomprese nella categoria di tali rifiuti, in accordo a quanto indicato nella normativa comunitaria e dal suo recepimento a livello nazionale, possono essere individuate in riferimento alle seguenti classi, ciascuna delle quali comprende un'ampia gamma di tipologie di apparecchi diversi: grandi elettrodomestici, piccoli elettrodomestici, apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni, apparecchiature di consumo (quali, per es., apparecchi radio e televisivi, video e fotocamere), di illuminazione, strumenti elettrici ed elettronici (quali trapani, seghe, macchine per cucire), giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport, apparecchiature mediche, strumenti di monitoraggio e controllo, distributori automatici. Di frequente, tali apparecchiature vengono dismesse per effetto del cosiddetto consumismo tecnologico, che rende obsolete apparecchiature ancora funzionanti a seguito della rapida evoluzione delle prestazioni dei prodotti immessi in commercio; questa tendenza trova ragione anche nel fatto che i costi di riparazione delle apparecchiature risultano spesso confrontabili a quelli di acquisto di un nuovo apparecchio, anche se di caratteristiche più evolute. Ciò spiega la ragione per cui i quantitativi di RAEE generati annualmente tendono ad aumentare in modo molto più significativo (pari a circa tre volte) rispetto ai rifiuti urbani. La potenziale pericolosità ambientale di tali rifiuti discende dal fatto che essi risultano costituiti da circuiti e componenti che contengono un'ampia gamma di sostanze inquinanti, per es. metalli pesanti come piombo, cadmio o zinco, oppure composti organici quali policlorobifenili (PCB). Anche le parti in materiale plastico risultano caratterizzate da una potenziale pericolosità ambientale, in quanto formulate mediante additivazione di ritardanti di fiamma a base di composti bromurati (sebbene l'impiego di tali composti sia stato bandito a partire dal luglio 2006). Da ciò è derivata l'esigenza di intercettare in modo capillare tale tipologia di rifiuti, al fine di avviare a r. le parti valorizzabili (in genere previo trattamento in impianto dedicato nel quale le apparecchiature vengono disassemblate e successivamente avviate a separazione meccanica, macinazione e granulazione) nonché di adottare modalità di gestione e smaltimento finale in grado di preservare adeguati livelli di protezione ambientale.
bibliografia
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