ricordare [imper. ti ricorde, nel Detto]
Il verbo (che ha un discreto numero di occorrenze nella Commedia e nella Vita Nuova, mentre è più raro nelle altre opere) è usato da D. anzitutto come transitivo attivo: Rime LXVIII 27 ricordando la gio' del dolce viso, e XCIII 6 per me ricordare (me è appunto accusativo); Pd XXXIII 107 Omai sarà più corta mia favella, / pur a quel ch'io ricordo: il Mattalia spiega che non si tratta solo di " insufficienza del linguaggio di Dante... relativamente al ricordo ", ma anche di " insufficienza in sé del ricordare ". Sempre transitivo attivo in Fiore LXXXIV 1 Al Die d'amore ricordaro il fatto, nel senso di " richiamarono alla memoria ", " fecero ricordare ", e CXLVII 1, dove la Vecchia si vanta: Per tutto 'l mondo i' era ricordata / ... de la mia bieltate, " ero famosa " nel mondo per la mia bellezza. Stesso uso grammaticale, ma diverso valore, in Vn VI 1 mi venne una volontade di volere ricordare lo nome di quella gentilissima, e XLI 13 13 spesso ricorda Beatrice; r. vale infatti qui " nominare ", " menzionare ", " onorare per mezzo del ricordo ". Si veda anche, costruito col ‛ di ', Rime dubbie III XV 24 O donne... / quando questa gentil a voi s'appressa, / di me ricordi a voi, e VII 6.
Molto più numerosi, soprattutto in prosa, i casi in cui r. è intransitivo pronominale, seguito dal complemento introdotto dalla preposizione ‛ di ' oppure da una proposizione oggettiva: Vn VIII 2, XIX 20, XXVI 15, XXXIV 1, XXXVIII 6, XXXIX 2; Cv IV XXV 6 Adrasto... ricordossi del risponso; Rime dubbie VII 6, Detto 307.
Il famoso nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice (If V 122) è tratto, secondo la maggior parte degli antichi commenti, da Boezio (Cons. phil. II IV 2), ma per il Mattalia l'uso di r. richiama l'" animus meminisse horret " di Aen. II 3 e 12. Altri esempi di quest'uso: Pg XX 109 Del folle Acàn ciascun poi si ricorda (la particella si assume un valore più espressivo che in altri casi, perché il si ricorda significa probabilmente " ricorda a sé stesso e agli altri ", come ammonimento e rimprovero); Pg XXXIII 94 se tu ricordar non te ne puoi / ... or ti rammenta, in cui r. non è del tutto sinonimo di ‛ rammentare ', o almeno quest'ultimo è usato in senso intensivo rispetto al primo; e If XXVIII 106. In Pd XXVIII 10 la mia memoria si ricorda, ‛ memoria ' viene quasi a essere un soggetto interno.
Per quanto riguarda Vn XXXV 1 e XXXVI 1 (mi ricordava) sarà preferibile interpretare la persona del verbo come I singol. (e quindi r. è intransitivo pronominale) piuttosto che III singol., nel qual caso il verbo sarebbe usato impersonalmente (ma si tratterebbe dell'unico uso impersonale in prosa).
In alcuni passi in poesia r. è sicuramente impersonale; con congiuntivi esortativi il verbo ritorna in If XXX 118 Ricorditi [" ti sovvenga "], spergiuro, del cavallo; e così Pg V 133 ricorditi di me, che son la Pia; XVII 1, XXIV 121 Ricorditi... d'i maladetti; nei vari luoghi l'invito al ricordo può avere delle sfumature di delicata preghiera (come nel caso di Pia) o può al contrario essere un avvertimento, addirittura una " increpazione... per purgare... del vizio de la gola " (Ottimo, a Pg XXIV 121).
Non più all'imperativo in Vn XXXI 4 (ripreso in 9 7) e in Pg XXXIII 91 Non mi ricorda / ch'i' straniasse me già mai da voi; a proposito di quest'ultimo verso il Dizionario del Tommaseo (sub v. ‛ ricordare ' II 1) suggerisce una diversità di valori da attribuire all'uso impersonale, rispetto all'uso intransitivo pronominale del v. 94; nell'uso impersonale " la memoria è quasi passiva ", nell'altro caso si tratterebbe di un " atto avvertito, e però in parte almeno deliberato ".
In Pd XXXIII 79 (E' mi ricorda) si ha un soggetto neutro; in XX 145 sì, mentre ch'e' parlò, sì mi ricorda, " il sì che precede mi ricorda non è una ripetizione del sì con cui il verso comincia ", ma " uno di quei sì che nello stile del due e trecento si facevano... precedere alla proposizione principale, per individuarla meglio, quando era preceduta da una proposizione subordinata " (Porena; ma già in Schiaffini, appendice linguistica ai Testi Fiorentini).
In Fiore XI 2 me fu ricordato ch'i' avea / un grande amico, r. non ha valore causativo, e significa " mi ricordai a un tratto ", " mi venne in mente ". In due casi, il verbo ‛ dovere ' da cui r. è accompagnato è regolarmente alla III singol. perché è verbo servile di un verbo impersonale: If XX 128 e XXIX 138.
Il verbo infine è talvolta usato assolutamente, con o senza la particella pronominale: If XVIII 120 se ben ricordo; Pg VI 148 se ben ti ricordi; Vn XII 9 ricordandomi, " ripensandoci ". In Pd XXIX 72 l'angelica natura / è tal, che 'ntende e si ricorda e vole, nel senso che gli angeli " ricordano " automaticamente, senza bisogno della memoria, in quanto essa, " legata all'attività dei sensi ", non è " attribuibile agli angeli, nei quali... l'intendere... è perciostesso un ricordare " (Mattalia; cfr. Tommaso Sum. theol. I LVIII 1 e 5, Contra Gent. II 101; e poi B. Nardi, Nel mondo di D., Roma 1944, 372-375; ID., in " Convivium " IV [1956] 300-301).
L'uso assoluto impersonale del verbo si riscontra in If IX 98 (se ben vi ricorda) e Pg XXVII 22 (Ricorditi, ricorditi! E se io / sovresso Gerïon ti guidai salvo...), dove l'imperativo sottintenderebbe " dell'aiuto prestato tante volte ", " ma mi pare che quell'E accenni ad un nuovo ordine di idee, e preferirei intendere il doppio ricorditi come un'allusione alle colpe di lussuria... Avremmo così anche qui l'argomento morale ". (Porena).