RIDOLFI
. Tre famiglie Ridolfi si ebbero a Firenze, che dalle località dove avevano le case si chiamarono di Ponte (Ponte Vecchio), di Borgo (Borgo S. Iacopo), di Piazza (S. Felice in Piazza): le prime due originarie di Fiesole, la terza del castello di Poppiano in Val di Pesa. Più importante quest'ultima, che con la lunga e ininterrotta attività politica conferì fama al casato.
Da un Ridolfo, trasferitosi a Firenze a esercitarvi mercatura nel sec. XIII, venne il cognome. Come aderenti e congiunti di ghibellini, durante il tumulto dei Ciompi, i Ridolfi furono dichiarati magnati ed ebbero arse le case; ma caduto il governo del popolo minuto, furono reintegrati nei diritti politici. A dare lustro alla famiglia contribuì specialmente Lorenzo di Antonio, che ebbe riputazione di dotto giurista e insegnò nello studio fiorentino, senza tuttavia abbandonare l'esercizio della mercatura e rinunziare alla politica.
Dal 1395, per più di un quarto di secolo, egli passò dall'una all'altra ambasceria in Italia e fuori: al papa, al re di Napoli, alle repubbliche di Venezia e di Genova, al duca di Milano, al re di Francia, all'imperatore.
Con l'affermarsi del predominio mediceo, i Ridolfi tennero vie diverse: alcuni rimasero fedeli al loro passato repubblicano (essi avevano dato alla repubblica 21 gonfalonieri e 52 priori), altri parteggiarono per i Medici e ne favorirono l'ascesa. Tra i primi: Giovanni Battista di Luigi (1448-1514), savonaroliano ardente, che ebbe arse e saccheggiate le case dopo la fallita prova del fuoco e fu gonfaloniere a vita dopo la caduta di Pier Soderini; Lorenzo di Piero (1503-1576), che prese parte alla congiura degli Strozzi, combatté con i fuorusciti a Montemurlo, fu bandito ed ebbe confiscati i beni; Piero di Lorenzo (1549-1589) che, sospettato di cospirazione antimedicea, fu condannato a morte e riuscì ad aver salva la vita, riparando in Francia. Tra i secondi: Antonio di Iacopo (1454-1499), commissario per la guerra di Pisa e amico affezionato di Lorenzo il Magnifico; Niccolò di Luigi (1444-1497) che, durante il governo savonaroliano, congiurò per il ritorno di Piero de' Medici e fu mandato a morte; Piero di Niccolò (1467-1525), imparentatosì con i Medici sposando Contessina, figlia del Magnifico, e creato conte palatino da Leone X.
I R. dovevano la loro fortuna all'arte della lana, e questa non abbandonarono mai, tenendo banche a Roma, in Francia, in Inghilterra. Ma ciò, come non impedì che essi partecipassero appassionatamente alle lotte politiche, così non impedì che si segnalassero nel mestiere delle armi e nella prelatura. Alessandro di Pagnozzo (1529-1565), cavaliere gerosolimitano, perdette la vita nell'assedio di Malta del 1565; Bernardino di Lorenzo (m. 1575), cavaliere stefaniano, prese parte a spedizioni contro i Turchi e, valoroso combattente nella battaglia di Lepanto, fu elevato al grado di ammiraglio dell'armata toscana. Niccolò di Piero (1501-1550) fu cardinale e arcivescovo di Firenze; Niccolò di Giovanni, vescovo di Orvieto (1500-53); Ottavio di Giovan Francesco (1582-1624), governatore di Rimini e poi arcivescovo di Girgenti (1623) e cardinale; Lucantonio di Giov. Francesco (1578-1650), vicario generale dell'ordine domenicano (1628).
Nel 1648, i R. ebbero dal granduca Ferdinando II il titolo di marchesi di Montescudaio. Alle loro tradizioni essi non vennero meno, né durante il Risorgimento con Cosimo (v.), né dopo l'unificazione d'Italia, con Luigi e Carlo, ambedue senatori del regno.
Bibl.: G. Carocci, La famiglia dei R. di Piazza, Firenze 1889.