VENUTI, Ridolfino
– Nacque a Cortona il 2 novembre 1705, in una delle più note e antiche famiglie della nobiltà cortonese, quarto dei cinque figli di Giuseppe e di Maria Francesca Baldelli.
A causa della morte repentina del padre nel 1708, i figli furono seguiti dallo zio paterno, Domenico Girolamo, figura di spicco dell’ambiente politico fiorentino che divenne nel 1717 auditore fiscale del granduca Cosimo III. Grazie a lui i nipoti ebbero un’educazione accurata. Ridolfino in particolare, dopo aver frequentato il collegio gesuitico Cicognini di Prato, conseguì la laurea in diritto civile e canonico alla Sapienza di Roma.
Dopo aver preso gli ordini sacri, divenne nel 1720 a soli quindici anni canonico della collegiata di S. Maria Nuova, la chiesa rinascimentale eretta sulle pendici settentrionali del colle di Cortona su progetto del cortonese Battista Sensi (il Cristofanello), rivisto e integrato secondo vari critici da Giorgio Vasari; ma non cessò di dedicarsi ai suoi studi – la storia, le discipline antiquarie, il diritto, le lingue – che lo aprirono a relazioni con intellettuali e eruditi di vari Paesi. Con i fratelli Marcello e Filippo fondò una Società per la compra di libri (1726), che nel 1728 si trasformò in Accademia Etrusca delle antichità ed iscrizioni, di cui fu segretario, curando molte delle pubblicazioni di argomento scientifico promosse nel corso del Settecento, a partire dai ben noti Saggi di Dissertazioni accademiche il cui primo volume fu dato alle stampe nel 1735, a pochi anni dalla fondazione dell’istituto, coordinato proprio da lui che ne firmò la Prefazione programmatica, oltre a redigerne due saggi: il primo Sopra alcune medaglie maltesi, il secondo Sopra un antico bassorilievo («appresso il Signor Senatore Bonarroti Presidente della nostra Accademia») .
Negli stessi anni prese avvio la sua esperienza romana: nel 1729 fu chiamato a Roma al seguito di Alessandro Albani, cardinale nipote di papa Clemente XI, fine diplomatico e anche mecenate e cultore delle arti, oltre che collezionista; dopo un periodo di apprendistato, in cui alternò i soggiorni a Roma alle incombenze del suo canonicato cortonese, nel 1734 si trasferì definitivamente alla corte papale, dove divenne auditore del cardinale Albani e ordinatore della sua raccolta nella villa lungo la via Salaria, perfezionando sempre più le sue conoscenze antiquarie. Probabilmente per suo interessamento Albani fu nominato nel 1735 lucumone, ossia presidente dell’Accademia Etrusca di Cortona. Una sua prima pubblicazione, uscita nel 1733, aveva preso in esame un’iscrizione della collezione Corsini, mostrando competenze filologiche non comuni per un giovane studioso.
Nel 1730, dopo la morte di papa Benedetto XIII, era asceso al soglio pontificio il fiorentino Lorenzo Corsini, con il nome di Clemente XII. Il nuovo pontefice, nonostante la grave crisi economica dello Stato pontificio, curò il progressivo arricchimento delle collezioni papali, grazie anche all’impegno del nipote cardinale Neri Maria Corsini (anch’egli lucumone dell’Accademia Etrusca nel 1750-52) e aprì al pubblico nel 1734 il Museo Capitolino con gli straordinari reperti che provenivano dagli scavi romani. Fra le prime importanti imprese antiquarie di Venuti fu la pubblicazione nel 1736 della Collectanea antiquitatum romanorum in cui venivano illustrate le antichità raccolte dall’antiquario romano Antonio Borioni, suddivise in classi – monumenti in bronzo e marmo, gemme incise, lucerne in bronzo e terracotta – con cento tavole incise dai più noti disegnatori e intagliatori del momento, fra cui Gerolamo Rossi, Johann Jacob Frey, Pietro Sante Bartoli, al quale si devono i disegni e le incisioni di tutte le lucerne. L’opera, ricca di osservazioni originali, suscitò nell’ambiente antiquario accese polemiche, animate soprattutto dai seguaci di Francesco Ficoroni, che vedeva in Borioni e di conseguenza in Venuti un pericoloso rivale per le sue attività.
Nel 1739 comparve il primo volume del catalogo delle medaglie e monete della raccolta di Alessandro Albani, da lui venduta l’anno precedente a papa Clemente XII che la collocò nella Biblioteca Vaticana, sollecitando a Venuti il completamento del primo e la definizione del secondo tomo che sarebbe uscito nel 1744. Su entrambe le opere era intercorso un fitto carteggio con Anton Francesco Gori, che ne lodò la stesura come frutto di attenta erudizione e di correttezza storica. L’impegno di Venuti non fu adeguatamente compensato dal punto di vista economico, come spesso egli stesso lamentava; ma dalle sue attività ottenne un grande prestigio personale che rimase inalterato dopo l’elezione di Benedetto XIV Lambertini, pontefice che mostrò grande vitalità sul piano culturale, fondando accademie, favorendo gli studi storici e giuridici e la pubblicazione del Giornale dei letterati, la cui stampa fu affidata a Nicolò e Marco Pagliarini, giovani editori romani fortemente legati all’ambiente di Curia.
Scopo del Giornale era quello di riportare notizie scientifiche, segnalare pubblicazioni e studi che andavano diffondendosi in tutta Europa, esprimendo quindi una mentalità nuova e cosmopolita alla quale non era certamente estraneo Venuti, attraverso le sue molteplici conoscenze internazionali. Per gli stampatori il giornale, che rappresentava un’indubbia novità editoriale, ebbe un preciso riscontro nella diffusione sul mercato. Venuti ne fu il primo responsabile e dal 1744 il redattore capo: incarico breve, in quanto i sempre più accesi dissidi con gli editori Pagliarini, più attenti agli aspetti commerciali che a quelli culturali, portarono al suo ritiro già nel 1745. Il prestigio che dal Giornale venne comunque a Venuti gli valse nel 1744 la nomina papale a commissario alle Antichità di Roma e custode delle Gallerie Pontificie, incarico che lo pose al centro di tutta una serie di attività culturali e che potenziò la sua dimensione internazionale: fu così chiamato a far parte delle massime accademie europee (a Firenze della Colombaria, a Parigi della Académie des inscriptions et de belles lettres, a Londra della Royal Society, a Copenaghen della Kongelige Danske Kunstakademi) e, a Roma, dell’Accademia Quirina, della Pontificia Accademia Capitolina, o Accademia delle romane antichità (oggi Pontificia Accademia romana di archeologia), il cui discorso inaugurale fu da lui tenuto in Campidoglio il 18 febbraio 1741. Fu anche socio d’onore dell’Accademia di S. Luca.
Questi numerosi impegni istituzionali non lo distolsero tuttavia dai suoi studi e dalle sue pubblicazioni: fra le quali Numismata romanorum pontificum (1744) dedicata alla memoria di papa Corsini, morto quattro anni prima, in cui sono studiate tutte le emissioni di monete da Martino V (1417) fino a Benedetto XIV; il Piano di Roma e sua estensione (1748) a cui collaborò con lo scopo di dividere la città in distretti, coadiuvato da Giovan Battista Piranesi con una serie di vedute romane. Nel 1750, in occasione del giubileo, pubblicò Il Museo Capitolino, guida eclettica e originale di quel museo, con particolare attenzione ai marmi antichi raccolti da Benedetto XIV; l’opera, pure stampata sotto il nome di Giampietro Locatelli, è in realtà di mano di Venuti, come risulta dal verbale del 19 maggio 1750 delle Notti coritane, atti dell’Accademia Etrusca conservati a Cortona nella Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca.
Non dimenticò mai la sua città natale e l’Accademia Etrusca, che visitava regolarmente e di cui aveva continue notizie grazie ai fratelli e ai collaboratori cortonesi: assieme ad Anton Francesco Gori e a Francesco Valesio, nel frattempo scomparso, pubblicò nel 1750 il Museum Cortonense, primo catalogo a stampa delle raccolte accademiche, ma anche dei maggiori capolavori delle collezioni private che esistevano in Cortona; proseguì la cura dei Saggi di dissertazione; studiò la storia antica della sua città e prese a cuore l’annosa e grave situazione dell’agricoltura nel territorio cortonese.
Nella prima parte della seconda metà del secolo, grazie anche all’accorta politica di papa Lambertini, a cui nel 1758 successe papa Clemente XIII Rezzonico, Roma godette di una straordinaria vitalità nella ricerca archeologica e nella raccolta dei reperti, vide diffondersi il dibattito economico e scientifico, con le conseguenti proposte sulla trasformazione della Campagna romana; infine con la diffusione dal mondo anglosassone, ancora sporadica ma già inequivocabile, della propaganda sulla libertà e sulle idee repubblicane. In tutto questo la posizione di Venuti fu ancora centrale: nel 1751 uscirono le Veteris Latii antiqua vestigia con tavole illustrative dei maggiori monumenti del suburbio e delle città laziali più periferiche; nel 1753 comparvero le Osservazioni sopra il fiume Clitunno in cui lo studio sulla natura del luogo si accompagnava all’analisi dei culti e del santuario dedicato alla divinità fluviale; partecipò al dibattito accademico sulle scuole di pittura, stampando a Lucca nel 1755 una Risposta alle riflessioni critiche sopra le differenti scuole di pittura del sig. Marchese d’Argens, in cui ribadiva la superiorità delle scuole italiane su quelle francesi; infine, nel 1762 dette alle stampe De dea Libertate ejusque cultu apud romanos et de libertinorum Pileo, uscendo dal microcosmo romano per proiettarsi nell’Europa dei lumi, riflettendo su figure simboliche come Bruto o la dea Libertà con il berretto frigio.
Alla fine dello stesso anno Venuti completò l’edizione della Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma, esito di un progetto da lui coltivato già dagli anni Cinquanta: una guida ordinata e metodica che illustrava non solo i monumenti e le antiche memorie, ma menzionava anche i poeti e i classici antichi che di essi si erano occupati; le descrizioni erano arricchite dalle illustrazioni tratte da incisioni dei maggiori artisti dell’epoca, primo fra tutti Piranesi.
Venuti non poté vedere l’opera completata e stampata, perché la morte lo colse ancora nel pieno della sua azione culturale il 30 marzo 1763.
Lasciò molte opere ancora incompiute, fra le quali una descrizione dei monumenti della Roma moderna, il catalogo delle antichità di villa Mattei al Celio, pubblicate postume, rispettivamente nel 1766 e nel 1779. Il suo corpo fu deposto nella chiesa romana di S. Nicola in Arcione presso il Quirinale, e la sua fama ricordata con un monumento funebre promosso dal suo più grande amico cortonese Niccolò di Cristoforo Lucci, con un busto esposto nella sala della Protomoteca in Campidoglio e con un busto dello scultore Filippo Albacini nel Pantheon. Quando la chiesa fu distrutta nel 1907 a seguito di ampie ristrutturazioni urbanistiche, il corpo fu traslato nella cattedrale di Cortona, dove giace assieme a quelli dei fratelli.
Fonti e Bibl.: Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, Mss. 439 (Notti coritane, vol. VII), 497 (lettere), 498 (diplomi e documenti), 551 (lettere), 554, 575 (biografia), 669 (discorso); Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., B.VIII.7 (carteggio fra R. V. e Anton Francesco Gori); P. Pozzetti, Elogio dell’Abate Ridolfino dei Marchesi Venuti patrizio cortonese, Firenze 1789; T. Venuti De Dominicis, I Venuti, Roma 1889, passim; G. Mancini, Contributo dei Cortonesi alla coltura italiana, Firenze 1922, pp. 135-138; D. Gallo, R. V. antiquario illuminato, in L’Accademia Etrusca (catal.), a cura di P. Barocchi - D. Gallo, Firenze 1985, pp. 84-88; M.P. Donato, Gli “strumenti”della politica di Benedetto XIV: il “Giornale dei Letterati” (1742-1759), in M. Caffiero - G. Monsagrati, Dimensioni e problemi della ricerca storica, Milano 1997, pp. 39-67; D. Gallo, Per una storia degli antiquari romani nel Settecento, in Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Italie et Méditerranée, CXI (1999), pp. 827-845; S. Mandray, R. V. (1705-1763), Antiquaire romain des Lumiéres et fondateur de l’Académie étrusque de Cortone, Paris, Université de la Sorbonne, 2015.