CASTINELLI, Ridolfo
Nacque a Pisa il 2 nov. 1791da Giuseppe e da Tommasa Fabbretti. Condotto adolescente in Francia, dove il padre, avvocato, si era trasferito per gli eventi politici, vi frequentò prima il collegio di Sorrèse, quindi completò i suoi studi di carattere scientifico all'Ecole Normale di Parigi e poi alla Scuola normale di Pisa. E in questa città passò la vita, come funzionario della Soprintendenza alla conservazione del catasto e poi del Corpo degli ingegneri delle acque e strade del granducato di Toscana. Dal 1826 al '28fu ingegnere per il circondario di Pontedera, dal '29 al '32per quello di Pisa; nel '33fu promosso sottoispettore per il compartimento pisano e nel '41ingegnere ispettore; dopo la riforma amministrativa del dipartimento, nel 1851, ebbe la qualifica di ingegnere capo di prima classe. Oltre alla attività relativa alla sua professione (che lo impegnò in opere di bonifica, nella costruzione di strade rotabili, argini e ponti), il C. attese a lungo, con passione e a titolo del tutto personale, a studi e progetti relativi alle ferrovie.
Il problema ferroviario lo aveva appassionato fin dal suo sorgere. E nel 1842 pubblicava a Lucca un libretto che era la sintesi dei suoi studi: Delle strade ferrate in Toscana considerate cometronchi di strade italiane e dell'utilità di un nuovo sistema di rotaje per le locomotive e le vetture tratte da cavalli. Idee dell'ingegnere Ridolfo Castinelli, con una carta topografica. Siarticolava in tre parti. Nella prima il C. respingeva il progetto di proseguire il tronco Livorno-Pisa verso Firenze attraverso il territorio di Empoli, proponendo l'alternativa di una linea che, partendo da Pisa, toccasse Pistoia e Prato prima di giungere nella capitale. Questa linea infatti avrebbe offerto un sistema di comunicazione misto, di ferrovia e strada, che per mezzo della rotabile della Porretta avrebbe congiunto il granducato con le Legazioni. Nella seconda parte, muovendo dalle difficoltà di comunicazione che, nonostante l'apertura della strada della Cisa, permanevano tra la costiera toscana e il Parmense, sosteneva la necessità di una ferrovia che da Pisa raggiungesse Pontremoli passando per Viareggio, Pietrasanta, Massa, Avenza, Sarzana, Santo Stefano, Aulla e la Val di Magra. Questa linea avrebbe notevolmente facilitato il passaggio nello Stato parmense e accorciato i tempi di viaggio, permettendo in seguito l'allacciamento a un'eventuale rete di strade ferrate dei ducati. Le due ferrovie proposte avrebbero così costituito una rete di comunicazione fra l'Appennino tosco-emiliano e il litorale toscano, suscettibile di essere estesa nel futuro fino all'Italia meridionale. Infine il C. avanzava l'idea di far correre su strade ferrate anche i normali veicoli da trasporto. Intervenne inoltre nella discussione sul tracciato della strada ferrata "Leopolda". Nell'articolo Sulle strade ferrate. Due lettere all'editore (in Giornale agrario toscano, n. 71, 1844, pp. 217-226), ribadiva che, per il tracciato della "Leopolda",si dovesse considerare l'opportunità di stabilire collegamenti con le Legazioni e con Parma; la sua prospettiva continuava ad essere l'istituzione d'un sistema di comunicazioni che, allacciando i centri padani, collegasse l'Adriatico al Tirreno e avesse il suo fulcro in Toscana. Ciò avrebbe evidentemente favorito lo sviluppo del porto di Livorno e incrementato l'economia del granducato.
A partire dal 1846, le idee del C. mutarono in modo radicale, in conseguenza sia dello sviluppo avvenuto nel frattempo delle reti ferroviarie italiane, sia del diverso quadro politico generale e della funzione nazionale ormai assunta dal Regno sardo. Cominciò così a studiare la realizzazione di un nuovo tracciato da Sarzana a Genova, che fu illustrato nel 1847 ne Il Contemporaneo di Roma (17 aprile 1847): Delle strade ferrate nazionali italiane e del tronco d'una di esse da Genova a Pisa. Questo progetto contrastava con la tesi già sostenuta da Ilarione Petitti di Roreto (Delle strade ferrate italiane e del migliore ordinamento di esse. Cinque discorsi, Capolago 1845) che respingeva l'idea di una linea ferroviaria da Nizza per Genova e Livorno ritenendo che fosse suggerita soprattutto dalla preoccupazione municipale di favorire lo sviluppo del porto livornese. Il C. giustificava il cambiamento dei suoi progetti, richiamandosi alla realizzazione della ferrovia Torino-Genova e alle richieste delle popolazioni lunigiane che chiedevano un collegamento con Firenze e la Liguria. Il fatto però più rilevante era la chiarezza con cui il C. considerava il problema ferroviario italiano come un aspetto del problema nazionale, impostandolo sulla necessità di collegare tra loro i centri economicamente più importanti dei singoli Stati e di saldare tra loro le varie reti. Vedeva inoltre lo sviluppo delle ferrovie italiane in una prospettiva europea perché riteneva che, nel futuro sistema delle comunicazioni continentali, l'Italia dovesse assumere la funzione di "ponte" tra l'Inghilterra, l'Europa settentrionale e centrale e i paesi orientali. Già nel suo scritto del '42 il C. aveva osservato come l'Inghilterra tendesse a far convergere verso Calais il suo sistema ferroviario in modo da sviluppare le proprie comunicazioni con l'Europa continentale e l'Oriente, e come la Francia estendesse la sua rete soprattutto in funzione del porto mediterraneo di Marsiglia; ciò lo portava a concludere che anche la Germania e l'Italia potevano inserirsi nel nuovo processo di comunicazioni che sarebbe stato intensificato dalla futura apertura del canale di Suez. La visione europea del C., frutto di un'attenta considerazione dei più recenti sviluppi delle tecniche ferroviarie, può quindi spiegare anche l'interesse di un uomo politico, influenzato dalle idee sansimoniane, come il Montanelli che, in una sua lirica, esaltò in lui la nuova figura del "tecnico",strumento essenziale per la nascita di una società di "produttori" (Liriche di Giuseppe Montanelli, Firenze 1837, pp. 32-34).
Gli studi ferroviari del C. furono interrotti dalle vicende politiche del 1847-49. Nel '46 fu uno dei firmatari della protesta stesa dal Montanelli per l'apertura a Pisa di una casa di suore del S. Cuore. Nell'autunno del '47 ebbe gran parte nelle manifestazioni di protesta a favore dei territori toscani della Lunigiana che dovevano essere ceduti ai duchi di Parma e di Modena, in seguito all'annessione del ducato di Lucca. Sempre nello stesso anno, fu incaricato, insieme ai generali Luigi Serristori e Giacinto di Collegno, dell'ispezione alle fortificazioni esistenti o da costruirsi in Toscana. Contemporaneamente collaborava al giornale pisano L'Italia di tendenze molto avanzate ed era molto legato al Montanelli. Dopo il 21 marzo del 1848, quando il governo granducale aprì gli arruolamenti dei volontari, egli fu tra i primi a iscriversi e a partire da Pisa alla testa di una compagnia di civici. Non esitò ad abbandonare il suo posto di lavoro, ed anzi non si preoccupò neppure di notificare la sua partenza ai propri superiori, comunicandola soltanto il 29 marzo con una lettera da Fosdinovo. Alla richiesta da parte della direzione di istruzioni relative alla continuazione dei lavori da lui diretti, rispose inviando solo brevi informazioni in un'altra missiva da Casalmaggiore del 18 aprile (Archivio di Stato di Firenze, Ministero delle Finanze, filza 729, ins. 5/123). Il C. seguì le sorti della divisione toscana, partecipando all'occupazione della Garfagnana, della Lunigiana e di Pontremoli e quindi alle operazioni in Lombardia; con l'incarico di comandante del Genio provvide all'approntamento delle trincee di fronte a Mantova. Il 29 maggio partecipò alla battaglia di Curtatone ed ebbe poi notevole parte nell'ordinata ritirata delle truppe toscane.
Rientrato in patria, fu eletto deputato al Parlamento toscano per i collegi di Pisa (Carmine) e Castelfranco di Sotto, nelle votazioni del 20 nov. 1848, quando era già al potere il ministero Montanelli-Guerrazzi. Nel corso dei successivi avvenimenti che portarono alla fuga del granduca,alla formazione del governo provvisorio ed al nuovo scioglimento delle Camere, il suo atteggiamento mutò però profondamente, avvicinandosi sempre più a posizioni moderate. Tuttavia, nel marzo del '49, fu ancora eletto alla Costituente toscana, per sostituzione, nel collegio di Pisa. Rifiutava, però, di far parte della commissione di difesa per la Toscana; e doveva essere ormai un deciso moderato se, dopo la caduta della dittatura, fu nominato, insieme con Silvestro Centofanti e Rinaldo Ruschi, membro della Commissione governativa di Pisa e si adoperò attivamente per l'allontanamento e il disarmo delle truppe livornesi che da Pistoia si erano mosse verso Pisa. Si dimise però il 5 maggio, all'avvicinarsi degli Austriaci. Tuttavia, per l'opera prestata, fu decorato della medaglia di prima classe istituita per ricordare il ritorno del granduca.
Con la restaurazione granducale riprese il suo servizio. Ma, soprattutto in questi anni, si riaccesero i contrasti tra il C. e i suoi superiori che, del resto, già da tempo avevano protestato presso il ministero delle Finanze per i suoi atteggiamenti troppo indipendenti e le sue iniziative personali. Già nel '43 il provveditore della Camera di soprintendenza comunitativa di Pisa, Giovambattista Lapi, aveva chiesto il trasferimento del C. perché questi, forte dell'appoggio dei proprietari terrieri pisani, sfidava apertamente le decisioni governative (Arch. di Stato di Firenze, Capirotti Acque e Strade e Fabbriche, filza 32, ins. 7 dic. 1843, "Reclamo contro l'ing. Castinelli di Pisa"). Nel 1851 Alessandro Manetti, direttore generale delle Acque e strade, si lamentava con il Baldasseroni, ministro delle Finanze, Commercio e Lavori pubblici, per le richieste di ulteriori stanziamenti avanzate dall'ingegnere per la manutenzione delle strade pisane e denunziava gli sperperi di materiali che si sarebbero verificati sotto la sua amministrazione (Ibid., Capirotti Acque e Strade...,filza 38, ins. 27 sett. 1851, "Mantenimento delle strade nel Compartimento pisano"). Infine nel 1856 il C. fu collocato a riposo.
Nel frattempo non aveva abbandonato il progetto della ferrovia Sarzana-Genova e aveva, anzi, comunicato i risultati degli studi al ministro dei Lavori pubblici del Regno sardo, Pietro Paleocapa, senza ottenere però alcun risultato.
Il suo progetto, di cui si sono perse le tracce, fu sicuramente e in varie epoche nelle mani di più persone interessate alla concessione di ferrovie in Liguria, come scriveva lo stesso C., il 7 nov. 1857, a Luigi Torelli, deputato al Parlamento subalpino. Nella lettera egli illustrava "la storia e i moventi" del suo lavoro, ne delineava brevemente i risultati e sottolineava la necessità di costruire la linea, risalendo la Val di Vara e scendendo poi verso Moneglia, in modo da evitare i contrafforti delle Cinque Terre. L'altra caratteristica del progetto consisteva nell'allontanare il tracciato ferroviario dalla città di La Spezia, per permettere il più ampio sviluppo del porto militare (Livorno, Bibl. Labronica, Autografoteca Bastogi, cass. 24,inserto 904). Gli studi del C. non ebbero però alcun esito pratico poiché era ormai prevalsa la decisione di costruire la linea costiera dal Varo alla Magra.
Morì a Pisa il 27 marzo 1859. La sua commemorazione fu stesa da Enrico Mayer, di cui era stato sempre grande amico e con il quale aveva cooperato a Pisa alla istituzione delle scuole di reciproco insegnamento.
Fonti e Bibl.: E. Mayer, Alla mem. di R. C., Pisa 1859; C. De Laugier, Racconto storico della giornata campale pugnata... a Montanara e a Curtatone..., Firenze 1854, pp. 15, 29, 56; Id., Concisi ricordi di un soldato napoleonico, a cura di R. Ciampini, Torino 1942, ad Ind.; F. Martini, IlQuarantotto in Toscana. Diario inedito del conte L. Passerini de' Rilli, Firenze 1948, ad Ind.; G.Montanelli, Memorie sull'Italia, Firenze 1963, ad Indicem; A.Linaker, La vita e i tempi di E. Mayer, Firenze 1898, ad Indicem;C. Corsini, Ilprimo progetto di strada ferrata in Toscana: la Firenze-Empoli-Pisa-Livorno, in Miscellanea storica della Valdelsa, LXVII (1961), 1-2, p. 71; P. L. Landi, Intorno a un progetto di strada ferrata da Livorno a Genova (1856-1857), in Nuova Riv. stor.,LXV (1972), pp. 376-388; La Leopolda. La ferrovia Firenze-Livorno e le sue vicende (1825-1860),Pisa 1974, ad Ind; Diz. d. Risorg. naz., II, p. 601. Per fonti archivistiche vedi anche sub voce Castinelli,Giuseppe.