Rifeo
Eroe troiano, R. è noto solo per i pochi versi dedicatigli da Virgilio: nel momento estremo di Troia egli fu tra i pochi che si unirono a Enea in un tentativo supremo di difesa (cfr. Aen. II 339, 394), soccombendo poi - con altri, insigni oltre che per l'amor di patria per la ‛ pietas ' religiosa (cfr. vv. 424-430) - dinanzi al soverchiante numero dei nemici. È soprattutto a R. che Virgilio dedica un commosso cenno, celebrando l'eroe come il più giusto tra i Troiani: " cadit et Ripheus, iustissimus unus / qui fuit in Teucris et servantissimus aequi / (dis aliter visum) " (vv. 426-428).
Sulla scorta di questo caldissimo giudizio virgiliano D. pone il troiano in Paradiso, appunto tra le anime dei giusti, quinta de le luci sante (con Traiano, Ezechia, Costantino, Guglielmo II) formanti l'arco del ciglio superiore dell'aquila che gli appare nel cielo di Giove. Ma, accanto alla notizia del vivo amore di R. per la giustizia, D. ne allinea un'altra che, pur essendo dichiarata con altrettanta perentorietà, non pare derivare parimenti dal testo virgiliano (R., convertitosi per particolare grazia divina al vero credo religioso, non sofferse / da indi il puzzo più del paganesmo; / e riprendiene le genti perverse, Pd XX 124-126): benché sia fortissimo il sospetto che l'Alighieri abbia potuto trovarne spunto nella parentetica " dis aliter visum " (riprodotta forse in modo scorretto nel suo codice?). Comunque D. ha inteso fare di R. non chiuso cristiano (come Stazio: cfr. Pg XXII 90) ma aperto sostenitore della verità che gli altri non vollero, con colpevole negligenza, ascoltare (e non si dimentichi che tra i più vicini a R. fu lo stesso Enea: donde significativo può essere il raffronto del diverso destina oltremondano dei due, ancorché il ‛ pius ' Enea fosse stato chiamato a svolgere una missione provvidenziale. Ma v. ENEA).
La presenza di Traiano e di R. tra quelle luci benedette (cfr. Pd XX 146) serve a D. per proporre l'arduo problema della predestinazione: in quanto R., in particolare, vissuto prima della venuta di Cristo, non appartenne a quell'unico popolo la cui vera religione predicava il Messia venturo. La salvezza eterna di R. è dunque fatto che lo stesso D. presenta come incredibile alla mente umana (Chi crederebbe giù nel mondo errante / che Rifëo troiano in questo tondo / fosse la quinta de le luci sante?, v. 68), divenuto possibile per quella grazia divina che ora il beato R., può vedere direttamente, benché, in quanto anima creata, non possa discernerne fino in fondo la volontà (vv. 70-72). Dio, avendo riguardo alla virtù di R., che tutto suo amor là giù pose a drittura, fece in modo che egli avesse quelle tre virtù teologali - fede, speranza e carità - necessarie alla salvezza dell'anima (cfr. Pg VII 34-36), e li aperse / l'occhio a la nostra redenzion futura (Pd XX 121-123): R. fu perciò tra quelle anime del Limbo che, credenti nel Messia venturo, vennero liberate da Cristo (cfr. If IV 52 ss.).
Attraverso la rivelazione della beatitudine di Traiano e di R. il poeta intende mostrare l'imperscrutabilità delle vie divine e riaffermare il principio che anche a un pagano vissuto prima di Cristo, purché non si fosse adagiato negligentemente nella credenza errata, non era in via assoluta preclusa la salvezza eterna: e la ‛ predicazione ' di R. rientra, ampliandola, in questa prospettiva, ché non erano dunque mancate ai pagani voci indicanti la giusta via. Tale soluzione provvidenziale (in realtà posticcia, e che apre ovviamente la via ad altri dubbi e perplessità circa la predestinazione: tant'è vero che lo stesso D. ritorna più volte nel Paradiso sulla questione e non senza turbamento, per dichiarare infine che solo l'illimitata fiducia nella giustizia divina può rispondere all'interrogativo: cfr. Pd XIX 70 ss. e Mn. II VII 4-7) nei primi decenni del sec. XIV era comunemente accettata, sulla scia di Alberto Magno e poi di s. Bonaventura (cfr., ad esempio, le Prediche inedite del B. Giordano da Rivalto dell'ordine dei Predicatori recitate in Firenze dal 1302 al 1305, a c. di E. Narducci, Bologna 1867, 119-120). V. anche PREDESTINAZIONE; salvezza (dei pagani).