rifinanziamento
Sostituzione di un piano di finanziamento in essere con altro caratterizzato da condizioni e durata diverse. Può riguardare singoli individui, imprese private, enti pubblici e anche Stati sovrani. Il ricorso al r. può essere talvolta considerato vantaggioso come reazione a cambiamenti intervenuti sui mercati finanziari, per es. per alleggerire l’onere del debito sfruttando ribassi di tassi di interesse o per la possibilità di spostarsi da un debito a tasso fisso a uno variabile o viceversa. Altre volte si rivela utile per rispondere a variazioni nell’economia reale che possono consigliare, per es., l’estinzione anticipata di parte del debito quando si desidera ridimensionare un piano di investimenti, o al contrario un aumento delle risorse prese a prestito per sostenere politiche di espansione non previste in precedenza. Infine, può essere un’operazione necessaria per superare una situazione insostenibile e scongiurare lo stato di insolvenza. In tal caso si parla di ristrutturazione del debito (➔ anche ripianamento). Di solito essa comporta il consolidamento almeno di una parte di quanto dovuto, cioè la trasformazione di crediti a breve in mutui a lunga scadenza, contemporaneamente all’apertura di nuove linee di credito, meno onerose, ma condizionate all’assunzione di comportamenti virtuosi da parte del debitore. Questi accetta i consigli, la supervisione e il monitoraggio da parte di un comitato (spesso informale) di rappresentanti dei finanziatori più significativi. Larga eco hanno avuto negli anni 1990 e 2000 le ristrutturazioni dei debiti di Stati sovrani effettuate sotto la supervisione di potenti istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, la Banca Mondiale o il Fondo europeo di stabilità finanziaria.