TRIBUTARIA, RIFORMA
È pacifico che i tributi rappresentano il necessario supporto della spesa pubblica, come dire del principale strumento strutturale dell'economia. Ed è parimenti scontato che un agile sistema tributario esalta la possibilità di utilizzare la manovra congiunturale delle imposte: la politica fiscale, se poggiata su una moderna e organica disciplina normativa e se condotta in modo ordinato, rappresenta forse l'unica valida alternativa al semplice impiego della politica monetaria per raggiungere obiettivi di stabilizzazione e di rilancio dell'economia. Sul piano, poi, degli squilibri settoriali e territoriali il sistema tributario può essere opportunamente utilizzato per operare, attraverso lo strumento degl'incentivi e dei disincentivi, ai fini strutturali tanto nel campo del riequilibrio regionale quanto in quello del superamento delle patologie e delle disfunzioni che possono verificarsi nel mercato in sede di produzione e di distribuzione.
Se sono queste le principali funzioni assegnate allo strumento tributario, si capisce come assuma preminente rilevanza il tipo e il grado di duttilità del sistema fiscale che ogni paese si dà e, meglio ancora, l'attitudine del corpo normativo che lo disciplina a soddisfare le suddette esigenze.
In Italia un processo riformatore rivolto in tale senso fu avviato fin dal 1951 con la "riforma Vanoni" e poi proseguito nel 1956 con la "riforma Tremelloni", ma si trattò sempre di interventi isolati e parziali, diretti a innovare limitati aspetti dell'ordinamento tributario. Permanevano in ogni caso le sperequazioni tra i contribuenti, la disorganicità del sistema, la pletoricità dei tributi, l'eccesso di forme di sovraimposizione e di addizionali e la conseguente rigidità dello strumento fiscale ai fini di una sua utilizzazione sia quale valido strumento di politica economica sia come essenziale condizione per un'effettiva attenuazione del disavanzo del settore pubblico allargato.
Solo dopo anni di studi e di progetti per modificare il vecchio sistema tributario si è giunti, nel 1971, all'emanazione di una legge che fissasse i punti essenziali della riforma e i criteri per la realizzazione della stessa, demandando poi all'amministrazione del ministero delle Finanze la stesura dei singoli provvedimenti nella forma dei decreti delegati. La l. 9 ott. 1971, n. 825, delega, in particolare, il governo a emanare le disposizioni occorrenti per attuare le riforme "secondo i principi costituzionali del concorso di ognuno in ragione della propria capacità contributiva e della progressività" e avendo di mira i seguenti obiettivi:
a) una più perequata distribuzione dell'onere tributario;
b) una semplificazione del sistema tributario in modo da consentire, da un lato, al contribuente di rendersi pienamente conto dell'entità e dell'incidenza del prelievo fiscale; dall'altro, al governo di poter utilizzare un ben congegnato ed elastico sistema impositivo a fini di politica economica;
c) una maggiore efficienza dell'amministrazione finanziaria;
d) l'eliminazione progressiva degli ostacoli di ordine fiscale che si frappongono alla piena attuazione degli obiettivi della Comunità europea, con la corrispondente armonizzazione delle varie forme d'imposizione interna alle direttive di base comunitarie.
In attuazione della legge delega, il governo ha predisposto il testo dei singoli decreti delegati, sentito il parere di una commissione parlamentare, composta da quindici deputati e da quindici senatori, nominati dai presidenti delle rispettive assemblee (art. 17, I comma, l. 9 ott. 1971, n. 825). Tali decreti sono stati emessi in due fasi. Nella prima, sono stati pubblicati diciannove decreti, tutti in data 26 ott. 1972, che hanno introdotto l'imposta sul valore aggiunto (n. 633) e l'imposta comunale sull'incremento di valore degl'immobili (n. 643), nonché modificato le imposte di registro (n. 634), successioni (n. 637), ipotecarie e catastali (n. 635), bollo (n. 642), il contenzioso tributario (n. 636), l'imposta comunale sulla pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni (n. 639), l'imposta sugli spettacoli (n. 640), le tasse sulle concessioni governative (n. 641). Con altri decreti si è disciplinata l'attribuzione di somme agli enti locali in sostituzione di tributi soppressi (n. 638), si sono riviste le circoscrizioni degli uffici del registro e delle imposte dirette e del registro, si sono creati gli uffici per l'IVA, si sono riviste le circoscrizioni degl'ispettorati compartimentali delle imposte dirette e delle imposte indirette; si è istituito il Consiglio superiore delle finanze, organo consultivo tecnico del ministro delle Finanze; sono stati riordinati i fondi di previdenza del personale periferico e delle finanze e sono state modificate le tabelle dei tributi speciali; si è disposto in merito al personale delle abolite imposte di consumo, reinquadrato tra quello del ministero delle Finanze (n. 649); si è rivisto il sistema catastale ed è stato creato un fondo speciale per il risanamento dei bilanci dei comuni e delle province.
L'approntamento di tutto questo complesso di norme ha richiesto più tempo di quello che era stato preventivato, talché i tempi di attuazione sono stati prorogati al 10 gennaio 1973 con la l. 6 dic. 1971, n. 1036, e con il decreto legge 25 maggio 1971, n. 202, convertito con modificazioni in legge 24 luglio 1972, n. 321. Alla data del 1° gennaio 1973 sono entrati in vigore gli anzidetti provvedimenti, salvo quello sulla riforma del contenzioso tributario che trovava faticosa applicazione solo nei primi mesi del 1974. Quanto alle imposte dirette, la loro entrata in vigore è avvenuta il 1° gennaio 1974, con la sostituzione delle vecchie imposte reali (ricchezza mobile, fabbricati, terreni, redditi agrari, società e obbligazioni) e personali (complementare sul reddito, imposta di famiglia), con le nuove sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche (d.P.R. 26 sett. 1973, nn. 597, 598 e 599) nonché locale sui redditi. Apposito provvedimento (d.P.R. 29 sett. 1973, n. 600) raccoglie norme comuni in materia di accertamento delle imposte sul reddito, mentre con altri decreti delegati si sono date le linee fondamentali delle agevolazioni tributarie (d.P.R. n. 601), si sono riformati la riscossione delle imposte dirette (n. 602) e i servizi relativi (n. 603), si sono dettate disposizioni sulla revisione degli estimi e del classamento del catasto terreni e fabbricati, si è creata l'anagrafe tributaria e sono state introdotte modifiche alla disciplina del fondo speciale per il risanamento dei bilanci degli enti locali.
La riforma si è, dunque, finora risolta in un complesso di norme che, sempre in forza della legge delega, potranno essere riunite in uno o più testi unici insieme a quelle vecchie rimaste in vigore, con "le modifiche necessarie per il migliore coordinamento delle diverse disposizioni e per eliminare ogni eventuale contrasto con i principi e i criteri direttivi stabiliti" dalla legge delega (art. 17, III comma).
Bibl.: F. Gallo, Prime considerazioni sulla riforma tributaria, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1973, p. 664 segg.; G.A. Micheli, Corso di diritto tributario, Torino 1978, p. 323 segg.; N. D'Amati, Lineamenti di legislazione fiscale, ivi 1978; E. Potito, L'ordinamento tributario italiano, Milano 1978.