RIGA
. Strumento che dà modo di tracciare sul foglio del disegno, mediante una punta scrivente, un segmento, cioè un tratto di linea retta. In sostanza per tale scopo può servire un qualsiasi oggetto dotato di uno spigolo rettilineo rigido che si possa portare ad aderire col foglio del disegno, e lungo il quale si possa far scorrere la punta scrivente. Lo strumento a cui comunemente si ricorre nella pratica è costituito da un'assicella sottile, di legno o di metallo, avente forma di rettangolo, e assai lunga rispetto alla sua larghezza; uno dei due bordi maggiori è di solito affilato per rispondere a taluni accorgimenti richiesti dalla tecnica del disegnare. Però allo studioso di geometria uno strumento siffatto dà qualche cosa di più della semplice possibilità di tracciare rette: infatti consente di costruire le due rette parallele a una retta data, aventi da questa distanze eguali alla larghezza della riga stessa; e inoltre, dati due punti, sufficientemente distanti fra loro, si perviene a condurre per essi due rette parallele, disponendo la riga in modo che ciascuno dei suoi bordi passi per uno dei punti dati. Si vedrà quale importanza, almeno teorica, abbiano queste operazioni. In geometria, quando s'intenda di servirsi della riga per sfruttarne tali possibilità, si suole dare ad essa, più precisamente, il nome di riga a doppio orlo, o meglio di riga a due orli paralleli, riservando la denominazione di riga elementare allo strumento stesso usato esclusivamente per tracciare linee rette. Di solito uno dei due bordi della riga è millimetrato (riga graduata), cosicché può servire a misurare la lunghezza di un segmento, cioè a riconoscere il rapporto di questo al metro. La riga graduata (o anche una comune riga, quando sul suo orlo si abbia modo di segnare due punti alla distanza voluta) permette, tra l'altro, di costruire un segmento uguale a uno dato, fungendo così da trasportatore di segmenti: e quindi, limitatamente a quest'uso, può sostituire il compasso.
Conviene accennare anche a uno strumento chiamato doppia riga, oppure parallele, che è costituito da due righe di eguale lunghezza, collegate, mediante cerniere, da due lastrine metalliche: le cerniere sono disposte secondo i vertici di un parallelogramma, cosicché esse permettono a una delle due righe di spostarsi, sempre però restando parallela all'altra. Si tratta quindi di uno strumento per tracciar coppie di rette parallele; ma è poco diffuso, essendo più pratico l'uso combinato della riga e della squadra, o quello della riga a T.
Che cosa sa dirci la geometria a proposito della riga? Si ricordi che per un altro strumento elementare, ha saputo darci un risultato di grande suggestività: ogni problema risolubile con la riga ed il compasso, si può risolvere anche con il solo compasso (v. compasso). Quali possibilità consente invece l'uso della sola riga? Chi abbia familiari gli elementi del disegno geometrico, pensa subito a un primo tipo di problemi per la cui risoluzione si richiede soltanto l'uso della riga (elementare): sono quelli relativi alle costruzioni di rette e punti inaccessibili, cioè che cadono fuori del foglio del disegno. Per es., se sono date due rette che s'incontrano in un punto fuori del foglio, si riesce a tracciare la retta che unisce codesto punto con un altro qualsiasi, dato sul foglio: si tratta, qui e nelle questioni analoghe, di applicazioni del teorema dei triangoli omologici (v. geometria, n. 23). Per ricordare qualche altro problema, pure risolubile con la sola riga, si pensi alle costruzioni di coniche. È noto che dati nel piano cinque punti, per essi passa una sola conica: ora una retta uscente da uno di quei punti incontra la conica in un secondo punto, che si determina con la sola riga, senza dover tracciare l'intera curva (v. coniche).
Gli esempî addotti - che sarebbe facile moltiplicare - appartengono tutti ad un campo piuttosto elevato di ricerche geometriche. Perché richiamare l'attenzione sopra di essi, e non fermarsi più semplicemente a quesiti relativi alle prime applicazioni della geometria elementare? Possibile che non se ne trovino di risolubili con la sola riga, mentre questa permette di trattare questioni che sembrano tanto difficili? Per es., prendiamo il problema di dividere per metà un segmento dato: che ci consente di fare la riga? Ebbene: non permette di risolverlo. Si potrà riuscire soltanto quando si ricorra all'aiuto di un altro strumento, mediante il quale sia possibile tracciare una retta parallela a quella cui appartiene il segmento da bisecare. Perché mai una tale necessità? E come può la presenza di codesta retta parallela - che a prima vista sembra del tutto estranea al problema - aumentare l'efficienza della riga? La risposta implica una vasta analisi dell'intima natura dei varî problemi geometrici, e delle operazioni che si possono eseguire con la riga. Vediamo intanto di scoprire quali punti di contatto e quali differenze sostanziali esistano fra i due tipi di problemi sopra ricordati, che si comportano in modo così diverso rispetto alla riga. Subito si avverte che si tratta in ambedue i casi di problemi che ammettono una sola soluzione, cioè - come diremo per una ragione che più tardi si cercherà di precisare - di problemi di primo grado. Però i problemi del primo tipo, quelli risolubili completamente con la riga, sono problemi concernenti relazioni grafiche (punti allineati, rette passanti per un punto, ecc.) le quali hanno carattere proiettivo, cioè si conservano quando alla figura (piana) cui si riferisce il problema, se ne sostituisca un'altra ottenuta da quella proiettandola da un punto qualunque, sopra un piano qualunque. Invece nel problema di bisecare un segmento, il punto medio, incognito, è legato ai dati da relazioni metriche, come si dice di quelle che implicano il concetto di misura (grandezze di distanze e di angoli, parallelismo, perpendicolarità, ecc.), le quali, in generale, non presentano carattere proiettivo. Questa è la differenza sostanziale fra i due tipi di problemi.
Ora se un problema è risolubile con la sola riga, esso è necessariamente un problema proiettivo. Si abbia infatti un problema di geometria piana che, schematicamente, si può supporre consista nella costruzione di un punto P legato da certe proprietà a un gruppo di punti dati, A, B, C, ecc. Proiettando i punti A, B, C, ..., e P, dal loro piano sopra un altro, si otterranno i punti A′, B′, C′, ..., e P′, mentre la costruzione, che porta A, B, C..., al punto P, si proietterà in una costruzione che porta da A′, B′, C′, ..., a P′: se il problema è risolubile con la sola riga, cioè se la costruzione per cui da A, B, C, ..., si giunge a P, è costituita da sole rette, lo stesso accade di quella, del tutto analoga, che conduce da A′, B′, C′, ..., a P′. Ne segue che le relazioni, che legano il punto incognito P ai dati, debbono avere carattere proiettivo.
Ma allora, il problema metrico di costruire il punto C che divide per metà un segmento dato AB come mai - secondo quanto si è asserito - diviene risolubile con la sola riga, quando sia data una retta parallela alla AB? Forse cessa per questo di essere un problema metrico? Proprio così: mentre la relazione che lega il punto incognito C ai punti dati A, B, è di carattere metrico, quando si aggiunga ai dati del problema una retta parallela alla AB, si riesce a tradurre il legame fra C e gli elementi dati in una relazione grafico-proiettiva. Per capire questo bisogna richiamarsi a uno dei più eleganti e fecondi capitoli della geometria proiettiva, la quale, introducendo opportuni elementi (retta impropria, punti ciclici) - detti enti metrici fondamentali - e opportuni concetti (gruppi armonici, involuzione assoluta), consente appunto di interpretare ogni proprietà metrica di una figura piana, come una proprietà grafica della figura stessa completata con l'aggiunta dei suddetti elementi, i quali, però, non si possono individuare con l'uso della sola riga. Si conclude pertanto che un problema geometrico piano può essere risolubile con la riga, solo se ha carattere grafico, oppure se, trattandosi di un problema metrico, è consentito di costruire con mezzi ausiliarî quegli enti che, aggiunti ai dati, permettono di tradurre graficamente il problema stesso, secondo i dettami della geometria proiettiva. Ma, viceversa, non tutti i problemi grafici sono risolubili con la sola riga: vediamo come si possano classificare quelli per cui invece la cosa è possibile. Supponiamo che i dati di un certo problema tragico piano siano costituiti da quattro o più punti (non tutti, e nemmeno tutti meno uno, in linea retta): unendo con la riga i punti dati a due a due in tutti i modi possibili, si ottengono delle rette che, con le loro reciproche intersezioni, determinano nuovi punti: dai quali, congiunti a due a due, perverremo ad altri punti ancora. Così continuando si viene a costruire nel piano una specie di reticolato, per modo che il nostro problema sarà risolubile con la riga solo se dipenda dalla determinazione di uno o più vertici di tale reticolato. Come si possono allora caratterizzare codesti vertici? Conviene ricorrere all'aiuto della geometria analitica, e al metodo delle coordinate, di cui essa si vale: prendendo quattro dei punti dati come vertici del triangolo fondamentale e come punto unità di un sistema di coordinate proiettive, si prova che i vertici del reticolato suddetto sono tutti e soli i punti le cui coordinate si ottengono da quelle dei punti dati mediante operazioni di somma, sottrazione, moltiplicazione o divisione (operazioni razionali). In altre parole, le coordinate dei vertici suddetti sono soluzioni di equazioni di primo grado, i cui coefficienti si possono ricavare dalle coordinate dei punti dati mediante operazioni razionali. Quindi i problemi grafici risolubili con la sola riga saranno tutti e soli quelli la cui risoluzione dipende da equazioni del tipo predetto, cioè, come si suol dire brevemente, i problemi di primo grado. Si avverta che, se ai punti dati se ne aggiungono altri convenientemente scelti, si può infittire il reticolato, portando a far parte dei suoi vertici punti che prima non lo erano: così si capisce come possa accadere che, quando siano dati certi elementi, un problema grafico possa divenire risolubile con la riga, mentre non lo era rispetto ad altri dati (con un linguaggio algebrico questo fatto si potrebbe precisare dicendo che un problema di grado superiore al primo in un certo campo di razionalità, si può ridurre a problemi di primo grado ampliando il campo di razionalità).
Fino a qui si è supposto che i dati del problema fossero esclusivamente costituiti da punti (o, ciò che in sostanza è lo stesso, da punti e rette): l'aspetto della questione cambia se, per es., sul foglio del disegno è tracciato un cerchio. In tal caso diviene possibile risolvere con l'uso della sola riga, anche tutti i problemi grafici di secondo grado. E se, per di più, del cerchio dato si conosce il centro, restano determinati gli enti metrici fondamentali per cui ogni problema metrico si traduce in un problema proiettivo, e quindi, in ultima analisi, diviene possibile risolvere con la sola riga tutti i problemi risolubili con riga e compasso (Poncelet-Steiner). Si aggiunga anzi che non occorre nemmeno che il cerchio sia disegnato per intero, ma basta che ne sia dato un suo arco comunque piccolo (F. Severi).
In quanto alla riga a doppio orlo, abbiamo già detto come si possa usare per due operazioni diverse: la prima delle quali consiste nel tracciare due rette parallele passanti per due punti dati. Adoperata in tal modo offre le stesse possibilità della riga semplice quando sia dato un cerchio fisso, e quindi con essa si possono risolvere tutti i problemi risolubili con la riga e il compasso (F. Adler). Invece si può risolvere solamente una parte di questi, se si limita l'uso della riga a doppio orlo al tracciamento di coppie di rette parallele (D. Hilbert). Si aggiunga che in questa seconda maniera la riga equivale pienamente a un qualsiasi strumento trasportatore di segmenti, il quale, pertanto, presenta la stessa efficienza di quella.
Dal punto di vista storico l'origine della "geometria della riga" si ricollega con questioni di agrimensura e belliche, dato che, tra le operazioni da eseguire sul terreno, la più facile è appunto il tracciamento di rette, cioè di allineamenti, mediante picchetti o biffe. Le prime ricerche in tale senso sembrano risalire a un opuscolo anonimo stampato, forse in Polonia, al principio del sec. XVII, al quale è ispirata una più organica trattazione, di poco posteriore (1656), di F. Schooten. A questi lavori se ne ricollegano altri, sempre intesi allo studio di problemi particolari, di L. Mascheroni (1793), di F.-J. Servois (1795), ecc. Però in essi, in vista dei loro scopi essenzialmente pratici, non si circoscrive con esattezza l'uso degli strumenti, e in taluni s'invocano anche risultati e criterî appartenenti ad altri rami delle matematiche (trigonometria, ecc.). Si giunge intanto al sec. XIX, che trova al suo inizio il fecondo sviluppo della geometria moderna, e che è soprattutto pervaso da spirito e intendimenti critici: col ricorso a mezzi forniti dai più brillanti sviluppi dell'algebra, si lumeggia la natura dei varî problemi geometrici, si precisano le possibilità dei diversi strumenti, e si dice l'ultima parola sui classici problemi (trisezione dell'angolo, duplicazione del cubo e quadratura del cerchio) che da secoli affaticavano i geometri. In quest'ordine d'idee rientrano le nozioni esposte sull'uso della riga in geometria.
Bibl.: Per una più larga trattazione o per precise indicazioni bibliografiche, cfr. gli articoli di A. Giacomini e di G. Castelnuovo nelle Questioni riguardanti le matematiche elementari, raccolte da F. Enriques (3ª ed., Bologna 1926). Cfr. inoltre: F. Enriques, Lezioni di geometria proiettiva, Bologna, ed. varie; F. Giudice, Matematica complementare, Milano 1928. Per notizie storiche vedi: M. Chasles, Aperçu historique sur l'origine et le développement des méthodes en Géométrie, 2ª ed., Parigi 1875; G. De Longchamps, Essai sur la Géométrie de la règle et de l'équerre, Parigi 1890.