RIGHETTI
– Famiglia originaria di Rimini, dove alcuni componenti esercitarono cariche pubbliche. Nella prima metà del XVII secolo un ramo si trasferì a Roma e da questo discese Francesco Righetti, che avviò qui una nota bottega di bronzi e argenti (Righetti, 1940, p. 6).
Francesco (che si chiamava in realtà Francesco Antonio) nacque a Roma l’11 giugno 1749, terzogenito di Isidoro (morto nel 1753) e di Anna Maria Viggi. Assieme alla famiglia abitava in una casa in via della Purificazione, nei pressi di S. Isidoro, con i fratelli Teresa (nata nel 1747) e Giuseppe (nato nel 1748) e il fratellastro Pietro (nato nel 1739). Rimasto orfano del padre, continuò a risiedervi con la madre fino a quando, nel 1772, sposò Faustina Previtali, di quattro anni maggiore di lui, occupando l’appartamento al primo piano dello stesso stabile con lei e poi con i sei figli che sarebbero nati dal loro matrimonio.
Francesco si formò presso la poliedrica bottega dell’argentiere e bronzista Luigi Valadier, dove probabilmente fu impiegato soprattutto nella modellazione e fusione di piccoli e grandi bronzi; fu di certo tale attività che lo portò ad aprire in via della Purificazione, nel 1779 circa, un proprio studio, e più tardi, nel 1789, una fonderia situata in vicolo S. Isidoro, dove realizzò principalmente bronzetti tratti dalla statuaria antica.
La scelta fu determinata, oltre che da una personale predisposizione verso la scultura, anche da una specifica richiesta di mercato, poiché questo tipo di riproduzioni era molto ricercato a Roma, dove i numerosi ‘granturisti’ desideravano acquistare copie di noti capolavori con le quali adornare le proprie abitazioni.
Francesco decise però di affiancare alla realizzazione seriale di bronzetti quella di sculture di misura maggiore, oltre alla produzione di desserts e composizioni diverse in bronzo e argento. Il 28 dicembre 1783 l’Università degli orefici e argentieri gli ingiunse di prendere patente, benché già dal 1780 fosse indicato come «argentiere» e solo dal 1785 come «scultore» (Roma, Archivio storico del Vicariato, Stati delle anime, S. Andrea delle Fratte, 1752-1788).
Dal 1781 al 1782 realizzò per la residenza di Welgelegen, nei pressi di Haarlem, proprietà del noto banchiere olandese Henry Hope, una serie di dodici grandi sculture in piombo rappresentanti la Venere de’ Medici, l’Apollino de’ Medici, l’Amorino che spezza l’arco del Campidoglio, la musa Euterpe, il gruppo di Venere e Amore della collezione Rondanini, l’Antinoo del Campidoglio, il Mercurio del Giambologna, il Bacco e Fauno di Firenze, il Ganimede dei Musei Vaticani, la S. Susanna di François Duquesnoy, il Bacco de’ Medici e infine la riproduzione di Papirio e sua madre di villa Ludovisi (Koldeweij, 1983).
Grazie anche a questa importante committenza il suo nome si impose sul mercato romano e internazionale, tanto che, per soddisfare le numerose richieste, nella bottega dovette impiegare diversi scultori e artigiani, occupati nella modellazione e nella fusione delle sue opere. In taluni casi erano chiamati anche collaboratori esterni, come, per esempio, i formatori lucchesi Lorenzo e Vincenzo Barzotti, da cui prese a noleggio alcune forme, o lo scultore Camillo Pacetti, che eseguì per lui, nel 1781 e nel 1785, alcune copie di sculture da fondere poi in bronzo (Giornale, 2011, pp. 10, 46, 48, 50, 53).
Il bronzista firmava le sue statuine, poste su piedistalli in marmi differenti, con l’usuale marchio «F. RIGHETTI. F. ROMÆ», aggiungendo di norma anche la data, così da differenziare tra loro prototipi simili creati in momenti diversi.
Il suo primo bronzetto conosciuto, unico firmato e datato 1783, è una riproduzione del Fauno danzante della Galleria degli Uffizi (Varsavia, castello di Wilanów), ma già l’anno prima il papa, in visita al suo studio, poté ammirare una copiosa produzione di statuine tratte dalle più celebri sculture classiche presenti nelle gallerie di Roma e Firenze (González-Palacios, 1993, p. 303).
A partire dal 1784 la manifattura Righetti si consolidò sempre di più e ampliò la scelta dei modelli proposti in vendita. Due anni dopo realizzò per il principe Nikolaj Borisovič Jusupov un gruppo in bronzo rappresentante Apollo con le nove muse sul monte Parnaso, collocato nell’omonimo palazzo a San Pietroburgo e poi trasferito al Museo di belle arti di Tashkent in Uzbekistan. Sempre per il principe russo nel 1788 modellò i bronzetti del Meleagro e del Giove dei Musei Vaticani (San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage) insieme a quelli della Giunone sedente (Khabarovsk, Museo d’arte dell’Estremo Oriente), della Flora Capitolina e dell’Augusto (rispettivamente del 1788 e del 1798, Mosca, Arkhangelskoye).
Il 17 aprile 1788 il bronzista ricevette la visita di Carl Fredrik Fredenheim, che acquistò la serie dei Dodici Cesari, poi spedita in Svezia tramite Francesco Piranesi. E ancora quest’ultimo segnalò Righetti quale abile fonditore che avrebbe potuto eseguire la statua equestre del re Gustavo II Adolfo, incarico che non si concretizzò a causa di sopraggiunte circostanze politiche.
Righetti si servì delle liste di vendita come valido e indispensabile mezzo di promozione della sua attività. Entro il 1788 diede alle stampe un primo catalogo con cui proponeva diversi bronzetti fedelmente copiati dalle più celebri sculture antiche, ma anche da alcuni modelli di Giambologna, ridotti alla misura di «un palmo oncie sette [di] passetto romano», dividendoli tra gruppi, singole statuine e piccoli busti con base dorata, accompagnati dai rispettivi prezzi espressi in zecchini. Specificava inoltre che su richiesta avrebbe potuto realizzare, oltre ai pezzi di misura maggiore, anche guarnizioni in metallo dorato in stile antico per desserts, scrivanie, orologi, vasi, urne, obelischi e qualunque altro oggetto.
Nel 1789 fu ammesso tra i Virtuosi del Pantheon e nello stesso anno iniziò a occuparsi dell’esportazione delle sue opere, spesso assieme allo scultore Francesco Franzoni, dimostrandosi così artista occupato su più fronti, dalla modellazione e fusione dei bronzi alla loro promozione e al loro smercio (Roma fuori di Roma, 2012, pp. 636, 639, 643645, 647, 649, 651, 690).
In occasione dell’elezione e della successiva incoronazione del doge di Genova Michelangelo Cambiaso (1791-92) fu scelto come fonditore dei bronzetti rappresentanti la Giustizia, la Pace, l’Abbondanza e la Carità, realizzati sui modelli di Francesco Maria Ravaschio, sotto la direzione della pittrice Angelica Kauffmann, secondo il disegno di insieme dato dall’architetto Santino Tagliafichi. L’unico esemplare conosciuto riconducibile a tale committenza è la statuina dell’Abbondanza, firmata e datata 1791 (collezione privata). La collaborazione con Genova continuò anche successivamente, quando, assieme al fonditore Giuseppe Boschi, approntò per lo stesso doge le fusioni di Alcide al bivio e dell’Immortalità vincitrice del Tempo, tratte dalle opere di Ravaschio su disegni di Giovan Battista Cervetto (Righetti, 1940, p. 8).
Nel 1792 propose di realizzare, attraverso il console russo e agente artistico Gaspare Santini, un trofeo in marmi diversi e bronzi per celebrare le vittorie di Caterina II sulla Turchia. Un’accurata descrizione della composizione fu fornita dal console al cancelliere di Russia, Aleksandr Bezborodko, con una lettera del 26 settembre 1792, mentre due progetti, disegnati nello stesso anno dal bronzista e oggi conservati al Museo napoleonico di Roma (inv. nn. MN 3398, MN 3336), ne attestano le diverse fasi di ideazione.
Al 1794 risale un secondo catalogo di vendita della manifattura Righetti, redatto in francese poiché rivolto a una clientela sempre più internazionale, nel quale l’autore aggiunse, oltre ad altri modelli tratti dall’antico, le riduzioni dell’Apollo e Dafne (1791, collezione privata) e del David, copia degli originali di Gian Lorenzo Bernini, i bronzi a grandezza naturale degli stessi modelli, dal costo proporzionale alla loro grandezza, la riproduzione del Tripode di Portici (una acquistata nel 1794 da Francesco Piranesi per Gustav Adolf Reuterholm e un’altra datata 1815, oggi a Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), quella del gruppo romano di Castore e Polluce di Montecavallo e la copia in scala ridotta della fontana dei Quattro Fiumi, assieme a quelle del Tritone, di villa Albani e di piazza Mattei (Haskell - Penny, 1981, pp. 342 s.). I pezzi proposti potevano essere venduti singolarmente o combinati insieme per creare eleganti ornamenti da tavola.
Per papa Pio VI o per un personaggio a lui vicino, Righetti, con la collaborazione di Giovanni Pichler, realizzò nel 1795 un rilievo in argento con cornice in bronzo dorato, su un fondo di marmi colorati, di papa Pio V, sormontato da un medaglione posto tra due cornucopie con il profilo di Pio VI, che dal santo pontefice aveva tratto il nome.
Nel 1801 espose nella sua bottega una muta di candelabri in bronzo dorato, particolarmente apprezzati da Pio VII, tanto che il pontefice decise di donarli, assieme a un intero finimento d’altare composto da tre cartegloria in bronzo dorato (1801-03), alla basilica di S. Giorgio Maggiore a Venezia, dove era stato eletto papa l’anno precedente. Tale dono fu così gradito che l’abate Bonaventura Venier, nel 1803, nominò Righetti scultore e fonditore di bronzi del monastero veneziano (Archivio segreto Vaticano, Instrumenta Miscellanea, 8777, c. 1r).
Dai primi anni dell’Ottocento cominciò a lavorare nella manifattura paterna anche Luigi, l’unico dei figli di Francesco che ne proseguì l’attività, e da quel momento i bronzetti recarono anche la sua firma.
Luigi era nato a Roma il 29 febbraio 1780, quartogenito di Francesco e di Faustina Previtali. In data non nota, ma anteriore al 1805, sposò la marchesa Paola Carozzi Lecce, da cui ebbe sette figli. Apprese l’arte della fusione dal padre, frequentò i corsi di disegno e scultura all’Accademia di S. Luca (Righetti, 1940, p. 16) e nel 1804 ottenne la patente di argentiere. Oltre a collaborare alle piccole e grandi fusioni, fu particolarmente attivo all’interno della manifattura di famiglia come disegnatore. I suoi primi disegni, firmati e datati 1799, raffigurano un caminetto e uno studio per una Fontana di Atlante ed Ercole (New York, Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum, nn. 1938.88.636, 1938.88.637), mentre del 1800 è un progetto per un candeliere che celebra Diana e la caccia (collezione privata).
Più tardi sono invece, sempre di Luigi, un progetto per un trofeo e un progetto per un centrotavola (Roma, Museo napoleonico), risalenti rispettivamente al 1815 e al 1817.
Francesco e Luigi nel 1805 ottennero la patente di fonditori camerali e quella di fonditori della Fabbrica di S. Pietro, potendo così utilizzare la più grande fonderia vaticana anche per la realizzazione dei loro bronzi, che continuarono a commerciare in forma privata. Nel 1808 Antonio Canova affidò loro la fusione in bronzo della colossale scultura del Napoleone come Marte pacificatore, destinata a una piazza di Milano. Fallito il primo tentativo, l’anno seguente i due portarono a termine l’opera, riscuotendo plauso unanime. Grazie a tale successo Francesco fu chiamato a Napoli nel 1812 per eseguire la fusione del monumento equestre dell’imperatore Napoleone, voluto dal re Giuseppe Bonaparte e modellato da Canova, con l’obbligo di eseguire l’opera in quella città per formare qualche giovane del luogo nell’arte della fusione, così da supplire alla mancanza di tale abilità in terra napoletana. Quando però, il 17 giugno 1815, Ferdinando di Borbone re di Napoli riprese possesso della capitale del suo Regno, si decise che il monumento equestre, invece di Napoleone, avrebbe dovuto rappresentare, con gli opportuni ritocchi, Carlo III, l’augusto genitore del sovrano. Nel 1816 Luigi raggiunse il padre a Napoli in vista dell’inizio dell’impresa e contestualmente si procedette all’apposita realizzazione di una fonderia in San Giorgio a Cremano. Qui Francesco e Luigi, dopo aver modellato la forma in cera e in argilla nel 1818, nel maggio dell’anno successivo portarono felicemente a termine la fusione del cavallo. Pochi mesi dopo Francesco tornò a Roma, dove morì il 25 novembre 1819 e fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini.
Nonostante si fosse trasferito a Napoli dal 1816, Luigi aveva mantenuto la sua fonderia romana al Belvedere n. 8, dove nel 1819 realizzò gli ornamenti in bronzo dorato per la nicchia contenente l’immagine miracolosa di Maria Ss. del Buon Consiglio nel santuario di Genazzano (Righetti, 1940, pp. 18 s.). Alla morte del padre assunse la direzione della fusione della figura di Carlo III, concludendo così il monumento equestre l’8 aprile 1821, ed eseguì anche una replica della sola testa del sovrano (1821, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte). A lui fu poi affidato l’incarico della fusione del secondo monumento equestre, dedicato a Ferdinando I, del quale Canova modellò il cavallo e Antonio Calì il cavaliere, ultimandone il getto nel luglio del 1827.
Per l’esemplare lavoro Luigi fu poi insignito dal re con la decorazione dell’Ordine cavalleresco di Francesco I.
Durante il soggiorno napoletano, nel 1821 realizzò un busto di Achille in metallo dorato, su modello di Canova (collezione privata), e una muta d’altare in bronzo dorato e argento, commissionata inizialmente da Ferdinando I per la basilica di S. Francesco di Paola, poi disdetta e rimasta nello studio del bronzista fino a quando fu acquistata per la basilica Vaticana (p. 19). Nel 1834 aveva un suo studio e negozio a Roma in piazza di Spagna al numero 1, mentre la fonderia di San Giorgio a Cremano fu da lui chiusa solo nel 1842. Trasferitosi definitivamente a Roma, morì il 12 agosto 1852 nel suo palazzo di piazza Campitelli.
A proseguire l’attività artistica in famiglia fu Francesco junior, figlio di Luigi e di Paola Carozzi Lecce, che nacque a Roma nel 1805. Fu uno scultore con lo studio in vicolo del Borghetto 78 ed eseguì una Testa ideale (1822, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte) e, su commissione del padre, il Cenotafio di Francesco Righetti (1831, Roma, S. Carlo al Corso). Di lui non si hanno altre notizie.
Opere. Fra le opere di Francesco si ricordano: busti di Anton Raphael Mengs (1779, non firmato, Parigi, Bibliothèque Mazarine; 1792, Williamstown, Sterling and Francine Clark Art Institute) e di José Nicolás de Azara (1779, non firmato, Parigi, Bibliothèque Mazarine; 1792, Sotheby’s, Parigi, 6 aprile 2011, n. 164); Apollo del Belvedere (1784, Sotheby’s, New York, 26 maggio 1992, n. 115); coppia del Centauro giovane (1784, Londra, Victoria and Albert Museum; 1787, Philadephia, Philadelphia Museum of Art) e del Centauro anziano dei Musei Capitolini (1784, Londra, Victoria and Albert Museum); Dioniso Sardanapalo dei Musei Vaticani (1784, Sotheby’s, Londra, 6 dicembre 2011, n. 85); Ercole Farnese (1784, Varsavia, castello di Wilanów); Leda e il cigno (1784, Sotheby’s, Londra, 10 novembre 1981, n. 156); Putti borghesiani (1786, collezione privata); Centauro Borghese (1787, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage); Flora Farnese (1787, Sotheby’s, Parigi, 20 aprile 2012, n. 122); Venere callipigia (1787, collezione privata; 1788, Oxford, Ashmolean Museum); Venere de’ Medici (1787, collezione privata; 1790, Christie’s, Londra, 5 luglio 2007, n. 51); busti dei Dioscuri del Quirinale (1788, collezione privata); busti di Giove e Giunone (1788, Drouot, Parigi, 26 marzo 2004, n. 136; 1793, collezione privata); Lucio Papirio di villa Ludovisi (1788, collezione privata); Mercurio da Giambologna (1788, Varsavia, palazzo Łazienki); Aiace di Firenze (1789, David Peel & Co., Londra, 1967; 1790, collezioni private); busti di Bacco e Arianna (1789, Oxford, Ashmolean Museum); busti di Tiberio (1789, già Parigi, galerie Alain Moatti) e Augusto (1789, collezione privata); Euterpe e Melpomene (1789, Sotheby’s, New York, 10 novembre 1995, n. 142); coppia di Leoni di Termini (1789, collezione privata); Amore e Psiche del conte Giuseppe Fede (1790, Christie’s, Londra, 7 dicembre 1993, n. 137); Arria e Peto di villa Ludovisi (1790, collezione privata; 1792, Sotheby’s, New York, 21 maggio 1988, n. 94); Bacco e Arianna (1790, collezione privata); coppia di candelieri (1790, collezione privata); Gladiatore Borghese (1790, Sotheby’s, New York, 26 maggio 1992, n. 64); Agrippina Capitolina, Agrippina di Napoli (1791, Varsavia, Łazienki Królewskie); busto di Giunone (1791, collezione privata); Venere e Cupido (1791, collezione privata); Castore e Polluce in Spagna (1792, Sotheby’s, New York, 10-11 gennaio 1995, n. 143); Laocoonte (1792, Sotheby’s, Londra, 8 luglio 2003, n. 154; 1810, Caserta, palazzo reale); Carro di Apollo (1793, collezione privata; 1812, Napoli, Museo di S. Martino); coppia di Prigioni Farnese (1796, Edimburgo, Scottish National Gallery); Apollo (1797, vendita S. Kende, Vienna, 2, 4, 5 maggio 1936, n. 606); coppia di candelieri (1797, Roma, palazzo del Quirinale); Meleagro (1797, collezione privata); coppia di Obelischi (1806, collezione privata); Vittoria alata su un globo (1810 circa, collezione privata); Mario e Silla (s.d., collezione privata); Mosè da Michelangelo (s.d., collezione privata); Toro Farnese (attribuito, collezione privata).
Fra le opere di Francesco e Luigi insieme si annoverano: quattro gruppi rappresentanti le Allegorie della Musica, del Canto, della Poesia e della Tragedia, centrotavola, Mercurio da Giambologna (1803, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte); Laocoonte (dopo il 1805, Christie’s, Londra, 2 dicembre 1997, n. 122); Marco Aurelio, Mercurio da Giambologna e Mosè da Michelangelo (1806, Besançon, Musée des beaux-arts et d’archéologie); Castore e Polluce in Spagna (1809, Caserta, palazzo reale); Napoleone come Marte pacificatore (1810, Parigi, Musée du Louvre; 1811, collezione privata; dopo il 1811, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte; 1815, collezione privata; non firmato, s.d., Londra, Wallace Collection); Bacco e Arianna (1811, Caserta, palazzo reale); coppia di Prigioni Farnese (1811, collezione privata); S. Francesco di Paola e S. Ferdinando (dopo il 1815, Napoli, palazzo reale); Gladiatore morente (1817, Sotheby’s, Londra, 7 luglio 1994, n. 98); Antinoo del Belvedere (1819, Christie’s, Londra, 12 giugno 2003, n. 1036); Ares Ludovisi e Nerva (non firmati, s.d., Caserta, palazzo reale); candeliere, centrotavola, Paride (non firmati, s.d., Roma, Museo di Roma); gruppo con le Tre Grazie e il Vaso Warwick (attribuito, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte).
Fra i disegni noti di Luigi, molti sono conservati al Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum di New York: Lume in argento (n. 1938.88.600); progetti per ostensori (nn. 1938.88.602, 1901.39.1074); studio per un caminetto (n. 1938.88.644); studi per il Finimento d’altare di S. Giorgio Maggiore (nn. 1938.88.625, 1938.88.624, 1938.88.670); studio per un tabernacolo (n. 1938.88.2398).
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Instrumenta Miscellanea, 8777, c. 1r; Roma, Archivio storico del Vicariato, Stati delle anime, S. Andrea delle Fratte, anni 1752-88; Matrimoni, S. Lorenzo in Lucina, anno 1772.
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