rigido
In senso proprio, con riferimento al freddo come origine della rigidezza (e quindi col valore di " non flessibile ", " intirizzito "), il termine occorre in Pd XIII 134 i' ho veduto tutto 'l verno prima / lo prun mostrarsi rigido e feroce, / poscia portar la rosa in su la cima; la pianta della rosa è infatti, d'inverno, " spinosa, arida, nodosa " (Benvenuto).
In qualche commentatore si nota la tendenza a vedere il ‛ pruno ' quasi personificato; e allora come feroce varrebbe, per es., " ostinato a non fiorire " (Porena), così r. dovrebbe significare " insensibile ", " indifferente " o " privo di vita ". D'altra parte le due interpretazioni possono vicendevolmente integrarsi.
Un primo traslato compare in Pd V 38 convienti ancor sedere un poco a mensa / però che 'l cibo rigido c'hai preso, / richiede ancora aiuto a tua dispensa: l'aggettivo è in accordo con gli altri termini della metafora (mensa, cibo, dispensa) e vale perciò " aspro " (Buti) nel senso di " non digestus " (Serravalle); si tratta cioè di una verità di difficile apprendimento.
Nel Convivio r. è applicato al termine onestade: la rigida onestade è la virtus degli stoici, il fine della vita da perseguire senza compromessi, appunto rigidamente (IV VI 9); nell'uso dell'aggettivo è implicito un giudizio negativo sulla dottrina stoica, che trova poi conferma nel contesto. Così la rigida giustizia (If XXX 70) che condanna i falsari non è " viva " (Lana), " severa " (Anonimo), ma " implacabile ", " spietata, ", secondo il giudizio di un peccatore non pentito, e pieno di rancore per quel Dio che lo tiene eternamente in esilio dai ruscelletti del Casentino; egli si sente ‛ frugare ' dentro da essa, e il verbo " indica la forza con cui la giustizia divina si compenetra in tutto il suo essere; e si collega idealmente con rigida " (Momigliano); la giustizia di Dio è sentita insomma " più acuta e inflessibile d'ogni lama " (Pietrobono).