rilucere (relucere; pass. rem. relusse)
Il verbo si registra sia nel senso proprio che in quello figurato, e ripete alcuni dei significati di ‛ lucere ' (v.). Dell'uso proprio si ha un esempio in Pg XVIII 110, dove il " risplendere " del sole all'inizio del nuovo giorno segnerà per D. la ripresa del cammino verso la vetta della montagna (questi che vive... / vuole andar sù, pur che [" non appena "] 'l sol ne riluca), cammino che deve interrompersi dopo 'l sol partito, come ha detto Sordello (VII 54). Ma quando, ormai alla conclusione del viaggio, Virgilio, nell'accomiatarsi dal discepolo, gli addita lo sol che 'n fronte ti riluce (XXVII 133), il verbo si carica anche di un significato allegorico, " imperò che secondo la lettera [D.] 'stava volto verso l'oriente, sicché il raggio li percotea la fronte; et allegoricamente dà ad intendere che la grazia di Dio riluce ne la fronte sua " (Buti; analogamente altri, anche fra i moderni).
In un passo del Convivio, esplicita traduzione da Boezio (Cons. phil. II m. II 4; cfr. Cv IV XII 7), r. è detto delle stelle; e così nel commento ai vv. 104-105 di Le dolci rime, dove varie occorrenze si susseguono in un contesto figurato, in cui la nobilitade è presa come bello e convenevole essemplo del cielo: veramente è cielo ne lo quale molte e diverse stelle rilucono. Riluce in essa le intellettuali e le morali virtudi; riluce in essa le buone disposizioni... riluce in essa le corporali bontadi (XIX 5; si noti il verbo al singolare con un soggetto plurale). Ancora figurato in Pd XXII 43 tanta grazia sopra me relusse (in rima con addusse e sedusse, di cui non si hanno altri esempi), da ricollegare a Pg XX 41-42 tanta / grazia in te luce, oltre che (lo nota il Mattalia) a Pd X 83-85 lo raggio de la grazia... / in te... resplende, e a I 1-2, detto della gloria di Dio.
Il Participio presente è assunto a significare lo splendore degli occhi di Beatrice, finalmente riapparsa al poeta dopo la decenne sete (Pg XXXII 2): Mille disiri... / strinsermi li occhi a li occhi rilucenti (XXXI 119). L'immagine ripete quella che torna due volte nel discorso di Virgilio, sempre a proposito della gentilissima, quando rievoca a D. il colloquio avuto con lei nel Limbo: Lucevan li occhi suoi più che la stella, e li occhi lucenti lagrimando volse (If II 55 E 116); in questo secondo passo gli occhi sono lucenti anche per le lagrime, non solo di bellezza.