rimari e dizionari inversi
Un rimario è un lemmario ordinato in base alla vocale tonica di ogni vocabolo e ai suoni che la seguono (➔ rima). Nei rimari moderni le parole sono raccolte in gruppi così costruiti e ordinati al loro interno secondo il consueto criterio alfabetico. Sono essenzialmente repertori pratici per versificatori e possono partire dal lessico di una lingua o dalla concordanza di uno o più poeti.
Nei dizionari inversi, di uso più ristretto, le voci sono elencate alfabeticamente a partire dall’ultimo grafema e procedendo a ritroso.
Un rimario può comprendere le voci di una singola opera o di tutta la produzione di un autore (rimari chiusi o particolari), oppure di un intero sistema linguistico (rimari aperti o universali). Fino a tempi recenti, però, la standardizzazione lessicale della poesia italiana ‘alta’ è stata tale che i rimari chiusi (fondati su ➔ Dante, ➔ Francesco Petrarca, ➔ Ludovico Ariosto e pochissimi altri) sono stati quasi sempre giudicati sufficienti, mentre oggi servono essenzialmente solo come strumenti per studi linguistici e stilistici.
I rimari sono un antico ferro del mestiere per poeti e versificatori in genere: semplificano il compito di contrappuntare le rime, magari ricalcando quelle dei poeti più prestigiosi, e inoltre (nel caso dei rimari chiusi) agevolano il ritrovamento di un loro verso. Inoltre permettono di raccogliere curiosità lessicali e risolvere dubbi di prosodia, o ancora, in passato, di dirimere problemi ortografici. Al pari dei dizionari inversi, sono uno strumento importante in campo linguistico, filologico, stilistico o letterario. I rimanti (cioè le parole che rimano con qualche altra parola) sono elencati in gruppi (in ordine alfabetico) identificati dal loro segmento finale a partire dalla vocale tonica inclusa. I rimari moderni ignorano le forme flesse e si limitano a fornire un elenco delle desinenze delle parti variabili del discorso.
Il dizionario inverso (o dizionario retrogrado o indice inverso), assieme al rimario e al dizionario metodico o nomenclatore, è l’unico lavoro lessicografico a non seguire l’ordine alfabetico consueto: i lemmi sono ordinati secondo l’ordine invertito dei grafemi (ad es., babà, fiaba, gellaba e sillaba si incontrano in sequenza, in base alla successione abab-abaif-aballeg-aballis). Anche i dizionari inversi possono servire ai versificatori (poeti, parolieri, cantautori, pubblicitari, parodisti, ecc.), ma le loro principali destinazioni d’uso sono più specialistiche: per es., studi sulle derivazioni suffissali di una lingua oppure del sistema rimico di un autore (Serianni 1992: 326-327).
I due generi restano insomma nettamente distinti. A ciò concorre soprattutto il fatto che i dizionari inversi tengono in considerazione solo la sequenza dei grafemi, ignorando completamente le ragioni dell’omofonia. Di conseguenza, pur non dimenticando le rime ‘per l’occhio’ e in generale la tolleranza della metrica italiana verso le omofonie imperfette, risultano meno utili come strumento per la versificazione (ma non, per es., per l’➔enigmistica).
Innovativa è la forma ibrida scelta per il Rimario della lingua italiana (RLI): all’interno di ogni gruppo di rime, le parole non sono in ordine alfabetico (come, per es., in Mongelli 1952), ma in ordine inverso. L’obiettivo dichiarato (RLI: IX) è facilitare la consultazione e il reperimento di rime ‘ricche’. In altri casi la coincidenza dei due filoni è più forzata: è il caso della sezione Rime di Ratti et al. 1988; nella presentazione si dichiara: «Il modulo Rime è un dizionario inverso».
È possibile che siano stati prodotti rimari in ogni lingua che abbia conosciuto la scrittura e prodotto testi metrici. Un precoce esempio relativo ai volgari romanzi è la sezione conclusiva del Donatz proensals di Uc Faidit, anteriore al 1246 (Presa & Uboldi 1974: 11-12). Una bibliografia, senza pretesa di completezza, dei rimari stampati in Italia dal XVI al XX secolo (153 titoli) è in Presa & Uboldi (1974: 91-117). Il primo abbozzo oggi noto di rimario in un volgare italiano si trova in calce al Compendium del padovano Francesco Baratella (1447), volgarizzamento ampliato della Summa Artis Rithimici Vulgaris Dicyaminis [sic] di Antonio da Tempo. Nella penultima sezione l’autore registra alcune rime tratte da due sonetti di suo padre Antonio (De Luca 2004: 77-78).
I primi rimari a stampa (prima metà del XVI sec.) elencano i rimanti utilizzati dai poeti canonici (Dante, ma soprattutto Petrarca, nel corso del XVI sec. spesso accompagnati da Ariosto e ➔ Pietro Bembo): Fulvio Pellegrino Morato, Rimario de tutte le cadentie di Dante, e Petrarca, Venezia 1529, ristampato molte volte; Giovan M. Lanfranco, Rimario nouo di tutte le concordanze del Petrarcha, ecc., Brescia 1531, poi inserito nell’edizione del canzoniere di Petrarca a cura di Gerolamo Ruscelli, Venezia 1554; altri repertori si trovano in appendice alle edizioni di Petrarca curate da Francesco Alunno nel 1539, da Lucantonio Ridolfi nel 1551 (il primo rimario a versi interi), da Ludovico Dolce nel 1554.
Presto però si inaugura la serie delle raccolte di origine composita, anche a partire da autori in prosa: Benedetto Di Falco (Rimario Del Falco, Napoli, 1535); Onofrio Bonnunzio (Rimario di m. Honofrio Bonnontio, Cremona, 1556); soprattutto, il rimario incluso in Del modo di comporre in versi nella lingua italiana di Girolamo Ruscelli (Venezia, 1559), progressivamente ampliato e ripubblicato con diversi titoli fino al XIX secolo. Il primo rimario aperto è il Rimario toscano di voci piane, sdrucciole, e tronche tratte dal vocabolario della Crusca di Girolamo Rosasco (Padova, 1763), ristampato con il titolo di Rimario nel 1819 e nel 1826, successivamente ampliato in una edizione palermitana del 1840 e rielaborato dal milanese Francesco Antolini nel Rimario italiano di voci piane, sdrucciole e tronche ossia Vocabolario ortografico desinenziale (1839). L’ordinamento delle voci è ancora poco pratico: Rosasco le raggruppa per la categoria grammaticale; Antolini per numero di sillabe.
La produzione di rimari tra la fine del XIX e il XX secolo è molto ricca, nonostante la crescente fortuna letteraria di forme metriche non tradizionali svincolate dalla rima. Compare, per es., il grande Rimario universale della lingua italiana scientifico, storico, letterario, geografico, mitologico, biografico, ecc.: contenente oltre 70.000 voci classificate in 6350 rime di Rosario Platania D’Antoni (Acireale, 18921, 19192). L’opera di maggiore successo editoriale è l’agile Rimario letterario della lingua italiana, a cura di Giovanni Mongelli (Mongelli 1952). Tra i repertori più moderni vi sono, oltre alle ultime ristampe del Mongelli, il Rimario della lingua italiana di Giuseppe Giovanelli (Roma, 1912), il Trattato elementare di metrica e rimario pratico della lingua italiana di Alberto Cavaliere (Milano, 1966), il Rimario pratico della lingua italiana d’oggi di Emilio Renzi (Milano, 1990), il Dizionario delle rime: per poeti, parolieri, cantautori, copywriters, linguisti, enigmisti ecc. di Gianni Cesana (Milano, 1992), e il RLI, redatto a più mani. Hanno fatto la loro comparsa anche rimari dialettali (relativi, per es., al romanesco, al napoletano, al genovese).
La lessicografia inversa nasce solo alla fine del XIX secolo e ha grande sviluppo dalla seconda metà del Novecento anche grazie all’elettronica e all’informatica (➔ statistiche linguistiche). Fino al 1957 è stata applicata solo alle lingue morte (vedico, iranico, latino, greco, paleoslavo). Il primo dizionario inverso di una lingua viva, il romeno, fu il Dicţionar invers (Bucureşti, Academia republicii populare române, 1957; cfr. Alinei 1962: 7-9).
Tra i lavori di questo tipo sull’italiano vi sono il Lessico delle terminazioni italiane di Riccardo Miracchi (Trieste, 1958); il Lessico inverso alle pp. 939-968 di La Divina Commedia: testo, concordanze, lessico, rimario, indici, a cura di Carlo Tagliavini (Milano, 1965); l’Indice inverso compreso negli Spogli elettronici dell’italiano delle Origini e del Duecento a cura di Mario Alinei (Bologna, 1971).
Il primo dizionario inverso ‘completo’, il cui lemmario tende cioè a coincidere con quello dei grandi dizionari monolingui moderni, è però il Dizionario inverso italiano di Alinei (1962). Le voci ‘capovolte’ sono quelle del Prontuario etimologico della lingua italiana di Migliorini-Duro (Torino, 19583), con omissioni e aggiunte, per un totale di 43.506 entrate. Come avviene di frequente in questo tipo di dizionari, l’opera è arricchita da tre indici delle terminazioni (per ultimo monogramma, ultimo digramma e ultimo trigramma), con l’indicazione delle rispettive frequenze percentuali. In Ratti et al. (1988) sono elencate le 58.000 voci-madre dello Zingarelli ‘minore’ del 1987. La casa editrice Zanichelli ha messo in commercio nel 2004 Lo Zanichelli inverso: le parole dell’italiano in ordine alfabetico da destra a sinistra, pubblicizzandolo come un utile strumento per i linguisti interessati alla grammatica e alla semantica, ma anche per chi si diletta di enigmistica.
Sono seguiti esperimenti simili nel campo dei dizionari dialettali (Maria Rosaria Cerasuolo Pertusi, Dizionario inverso del dialetto triestino, Trieste, 1987; Diomiro Zudini, Dizionario inverso del dialetto muglisano, Trieste, 1982; cfr. inoltre Patrizia Del Puente, Lessico inverso del Dizionario degli albanesi d’Italia di E. Giordano, Salerno, 1990). Ad oggi, il dizionario inverso che meglio sfrutta le possibilità dell’informatica è quello di Giuliano Merz: è consultabile gratuitamente all’indirizzo web http://culturitalia.uibk.ac.at/wb/WB_it.asp e si giova del lemmario di De Mauro (2000) (ignorando le polisemie, per un totale di 123.291 lemmi).
Alinei, Mario (1962), Dizionario inverso italiano. Con indici e liste di frequenza delle terminazioni, The Hague, Mouton.
De Mauro, Tullio (2000), Dizionario della lingua italiana, Torino, Paravia.
Mongelli, Giovanni (1952), Rimario letterario della lingua italiana, Milano, Hoepli.
RLI (1993) = Rimario della lingua italiana, Milano, Vallardi.
De Luca, Enrico (2004), Il Compendium di Francesco Baratella nella tradizione metricologica tempiana, in Metrica e poesia, a cura di A. Daniele, Padova, Esedra.
Presa, Giovanni & Uboldi, Alessandra (1974), I rimari italiani, Milano, Vita e Pensiero.
Ratti, Daniela et al. (a cura di) (1988), Flessioni, rime, anagrammi: l’italiano in scatola di montaggio, Bologna, Zanichelli.
Serianni, Luca (1992), La lessicografia, in Italianistica. Introduzione allo studio della letteratura e della lingua italiana, a cura di G. Bárberi Squarotti et al., Torino, UTET, pp. 325-361.