rimatore
La parola è usata in Vn XXV 7 per indicare i poeti in lingua volgare, distinguendoli da quelli in lingua latina (se alcuna figura o colore rettorico è conceduto a li poete, conceduto è a li rimatori); suoi sinonimi sono dicitori per rima (§§ 3 e 8) e poete volgari (§§ 4, 6 e 7). Ma al § 4 si ha la sostanziale identificazione fra poeti in latino e rimatori in volgare (dire per rima in volgare tanto è quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione), ribadita poi in VE II IV 2-3; a entrambi è richiesta la perizia retorico-stilistica e una riposta sapienza, che si manifesti sotto vesta di figura o di colore rettorico (Vn XXV 10). Si noti che in r., di. ‛ rima ' si manifesta, più che il valore stretto (quella concordanza che ne l'ultima e penultima sillaba far si suole, Cv IV II 12), il senso più ampio, di poesia appunto in volgare (tutto quel parlare che 'n numeri e tempo regolato in rimate consonanze cade, § 12); v. RIMA.
La nascita della poesia volgare in rima, in lingua d'oc e in lingua di sì, è fatta risalire da D. a centocinquant'anni prima; la ragione che indusse il primo rimatore in volgare a scrivere nella lingua materna fu la volontà di fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole d'intendere li versi latini, donde la drastica limitazione della poesia dei rimatori alla materia amorosa: E questo è contra coloro che rimano sopra altra materia che amorosa, con ciò sia cosa che cotale modo di parlare fosse dal principio trovato per dire d'amore (Vn XXV 6). Tale posizione, dominante al tempo della Vita Nuova, è decisamente superata dall'esperienza poetica successiva di D. (le rime d'amore e di virtù materiale) e quindi dall'esaltazione del volgare, della sua bellezza, espressività e capacità di esprimere un complesso contenuto filosofico e di costituirsi come linguaggio poetico dello stile elevato, atto a esprimere i magnalia (armi, amore, virtù): in VE II IV 3, D. invita i r. a emulare le ‛ doctrinatae poetriae ' dei poeti in lingua latina, onde attingerne la superiore eccellenza. La distinzione fra r. e poeti è radicalmente abolita nella Commedia, dov'egli pone sé stesso, r. volgare, su una linea di continuità e parità coi grandi poeti antichi, Omero, Virgilio, Ovidio, Orazio, Lucano (If IV 88-102).