RIMBOSCHIMENTO (fr. reboisement; sp. repoblación; ted. Aufforstung; ingl. reforestation)
Nel quadro generale dei problemi connessi col rimboschimento assumono importanza preponderante quelli relativi alla sistemazione idraulico-forestȧle della montagna. Occorre ricostituire su grandi superficie del territorio italiano, prevalentemente montuoso, l'equilibrio delle forze naturali turbato dalle precedenti generazioni o distrutto con i diboscamenti della montagna e con successive utilizzazioni del suolo, che ne hanno compromesso la stabilità, determinando la degradazione e la rovina della montagna stessa e l'insorgere di paurosi fenomeni torrentizî. Perciò attualmente il rimboschimento della montagna va considerato come parte integrante di tutto quel complesso di provvedimenti e di lavori che si devono attuare per sostenere le pendici montane, regolare le acque e ridonare il perduto equilibrio al regime dei nostri fiumi, tramutando in benefiche sorgenti di ricchezza e di forza quelle acque che ora sono causa di rovina e di miseria. E poiché la sistemazione e la restaurazione del monte è strettamente connessa alla prosperità del piano, ne deriva che il rimboschimento assume un'importanza di primissimo ordine nella bonifica integrale del territorio italiano.
Il problema del rimboschimento delle montagne deve essere considerato sotto aspetti molto diversi a seconda delle condizioni profondamente differenti che offre la montagna italiana, in dipendenza dei fattori fisici ed economico-sociali. E la diversità d'impostazione del problema si deve precisamente al fatto che il rimboschimento non può essere considerato quale unico mezzo di sistemazione delle pendici montane e di raggiungimento dell'equilibrio idrico, come per molto tempo si è ritenuto, basandosi sui grandiosi esempî di sistemazioni idraulico-forestali che ci hanno offerto le nazioni vicine, specialmente la Francia. Effettivamente, nella catena alpina, dove i torrenti hanno il loro bacino di raccolta in alte regioni, nelle quali predominano boschi e pascoli ed è quasi assente la coltura agraria, la sistemazione delle montagne non si può attuare che mediante il rimboschimento, connesso alla fissazione delle pendici e alle opere idrauliche da costruirsi lungo il corso del torrente (briglie, difese di sponda, arginature, ecc.). E se in un primo periodo vi fu la tendenza a dare la maggiore importanza a queste opere idrauliche, trascurando il rimboschimento delle pendici, si è ora venuta maturando, attraverso l'esperienza, la convinzione che il vero fine della restaurazione montana è il rimboschimento e che le opere d'arte, per lo più di modesta entità, sono da considerarsi come mezzi provvisorî, sebbene utili e talvolta indispensabili, per il raggiungimento di codesto fine.
Ma queste direttive, affermatesi per la sistemazione dei torrenti alpini, dovevano subire notevoli modificazioni e integrazioni nell'Appennino. Qui il massimo disordine di gran parte dei bacini torrentizî si verifica non nell'alto, ma nel medio bacino, cioè in zone nelle quali dominano le colture agrarie, che non si potrebbero sopprimere senza gravi conseguenze economiche per quelle popolazioni, spesso densissime; d'altronde tali colture possono essere razionalmente sistemate, sì da dominare e regolare le acque. Inoltre, nelle formazioni argillose eoceniche, che si trovano su grandi estensioni dell'Appennino, soprattutto nella catena centrale e meridionale, il rimboschimento non può arrestare e frenare da solo i profondi movimenti franosi a cui sono soggette. E, infine, nelle formazioni argillose plioceniche, situate nella zona collinare, il rimboschimento incontra gravissime difficoltà tecniche, mentre gli scopi del consolidamento del suolo e della regolazione delle acque possono venire raggiunti molto meglio con le colmate di monte e le sistemazioni agrarie. Dalle suesposte circostanze deriva che, mentre nelle Alpi le sistemazioni montane devono essere raggiunte sopra tutto con il rimboschimento, nell'Appennino questo deve essere integrato e spesso sostituito dalle sistemazioni idraulico-agrarie.
Un altro potente mezzo si è aggiunto in questi ultimi tempi per la regolazione delle acque, cioè il lago o serbatoio artificiale. Specialmente nell'Appennino meridionale e nelle isole, dove il regime fluviale disordinato è causa delle inondazioni e degl'impaludamenti al piano, lo sbarramento dei corsi d'acqua e la formazione di grandi serbatoi è un mezzo pronto ed efficace per regolare le acque e a un tempo tesaurizzarle per la produzione di energia elettrica e per l'irrigazione delle sottostanti pianure. Ma, a sua volta, l'efficienza e la durata dei serbatoi è in stretta relazione con le opere di sistemazione montana, poiché bisogna impedire che le acque apportino materiali solidi al bacino, determinandone in un tempo più o meno breve il riempimento. Se dunque i laghi artificiali possono essere un poderoso strumento della bonifica integrale, essi debbono essere presidiati dalla sistemazione del loro bacino imbrifero, sistemazione che, com'è detto, dev'essere o idraulico-forestale, o, più spesso, idraulico-forestale-agraria.
In ogni caso, al rimboschimento è sempre riservata una funzione di primissimo ordine nella sistemazione della montagna e nel ristabilimento del normale regime idrico. Purtroppo il rimboschimento non può essere che opera molto lenta e graduale. Il pascolo, benché magro, la coltura agraria, anche poco redditizia, sono elementi indispensabili alla vita delle popolazioni montane; perciò non è possibile sottrarre rapidamente grandi superficie di quei pascoli per destinarli al rimboschimento. Questo problema è specialmente grave nell'Appennino meridionale, dove la popolazione, sfuggita al piano malarico, si addensa sulle montagne e sempre più ne spreme le magre risorse di vita. E d'altra parte, prima che il bosco torni a essere fonte di ricchezza e di lavoro per le popolazioni del monte, occorrono decennî, durante i quali bisogna risolvere il problema della vita giornaliera dei suoi abitanti. Ecco dunque che il problema del rimboschimento non è solo tecnico, ma anche, e soprattutto, sociale; esso non può perciò risolversi, se non inquadrandolo nel più vasto problema dell'equilibrio delle colture, delle relazioni fra piano e monte, della distribuzione della popolazione a seconda delle risorse attuali e potenziali del suolo. Appunto a questo fine mira la recente legislazione italiana, culminante nella legge della bonifica integrale.
Accanto al rimboschimento della montagna ha notewole importanza anche quello delle spiagge e dei litorali, allo scopo di mettere in valore terreni sabbiosi spesso altrimenti improduttivi, di fissare le arene mobili e le dune, e di creare una cortina di foreste a difesa delle colture retrostanti dai dannosi venti marini carichi di salsedine.
Oltre agli scopi essenzialmente protettivi, i rimboschimenti delle montagne e del litorale hanno scopo produttivo, cioè quello di aumentare le scarse risorse del patrimonio forestale italiano, inadeguato alle esigenze del consumo nazionale di prodotti legnosi e loro derivati. Ma vi sono poi rimboschimenti che hanno uno scopo puramente produttivo; essi si effettuano per lo più in terreni di pianura, dove altre colture sarebbero meno redditizie. Esempî tipici di questi rimboschimenti sono le piantagioni di pioppi, quelle di robinie, di eucalipti, ecc.
Premessi questi brevi cenni, e passando a esaminare il lato puramente tecnico del problema, diremo che i rimboschimenti in Italia si effettuano seguendo direttive molto diverse, data l'estrema varietà delle condizioni d'ambiente dalle Alpi alla Sicilia. Questa diversità di direttive riflette tanto la scelta delle specie legnose quanto i metodi d'impianto e di coltura del bosco.
Sia nel rimboschimento delle pendici montane denudate e franose, sia in quello delle sabbie, l'impianto delle specie forestali è preceduto da lavori di consolidamento e di fissazione, nei quali ha larga parte l'impiego di piante erbacee e arbustive.
Consolidato il terreno, si effettua il rimboschimento, il quale può avvenire per semina diretta o per piantagione.
Le specie silvane più frugali, generalmente usate per i terreni sterili, sono il pino marittimo, il pino domestico, il pino d'Aleppo e il cipresso per la zona mediterranea a clima più caldo e arido; spesso anche specie più esigenti, come il leccio, la sughera, sono largamente impiegate, p. es., per i rimboschimenti in Sardegna. Nella zona del castagno, a clima più fresco e meno arido, il castagno stesso è ottima specie per rimboschire terreni silicei o vulcanici non troppo sterili; in quelli più poveri si usa il pino laricio o il marittimo. Per le terre calcari sono adatti il pino nero, il carpino; per i terreni argillosi il cerro, la rovere, l'olmo.
Sulle pendici più elevate, caratterizzate dalla zona del faggio, entrano in campo gli abeti e il faggio, oltre al pino silvestre, al pino laricio e al larice; però l'abete rosso e il larice si adattano meglio al clima delle Alpi che a quello dell'Appennino.
Sulle Alpi, al di sopra della zona del faggio, esiste una zona più fredda, dove i rimboschimenti si possono fare con larici, abeti e pino silvestre; più in alto ancora, sulle pendici ove la foresta trova il suo estremo limite, sono preziosi il pino montano, il pino cembro, l'ontano verde, il sorbo degli uccellatori.
La tecnica dei rimboschimenti è già bene affermata in Italia; molti progressi però essa dovrà fare ancora, sulla base di principî ecologici ed economici, al cui rafforzamento dovrà contribuire uno studio metodico e una vasta sperimentazione.
Oltre al tradizionale sistema della piantagione o semina in buche si vanno affermando attualmente altri sistemi, che rispondono assai meglio nelle zone a clima caldo arido, quali sono la mediterranea e, in parte, quella del castagno. Tali sistemi consistono o nella semina sul terreno sodo e successiva lavorazione superficiale andante o nella sistemazione del terreno a gradoni. Il primo metodo, conosciuto anche sotto il nome di sistema Allegretti, dà ottimi risultati, per le specie adatte alla semina, nelle zone a clima tipicamente arido, in terreni pianeggianti, o anche ripidi, purché non facilmente erodibili dalle acque. Il secondo (che consiste nella preparazione di piccole terrazze lungo le linee di livello della larghezza di m. 0,80-1,20 e a distanza variabile) si va molto diffondendo nell'Italia centrale e, più limitatamente, in quella meridionale, sulle pendici aride e più soggette all'erosione. Sui limiti di convenienza tecnica e economica dei due sistemi sta eseguendo accurate indagini la R. Stazione sperimentale di selvicoltura di Firenze, coadiuvata dalla Milizia nazionale forestale. Particolari difficoltà offrono i terreni argillosi; generalmente si usa seminare in solchi a ritocchino e comunque si tende ad evitare con opportuna sistemazione del terreno le dannose conseguenze del ristagno dell'acqua.
I rimboschimenti e le sistemazioni montane in Italia cominciarono ad assumere una certa importanza in seguito alla legge forestale del 1877. Grazie a questa legge, l'azione diretta dello stato fu fiancheggiata da quella dei consorzî di rimboschimento costituiti tra lo stato e le provincie, i quali operarono su terreni ceduti volontariamente da proprietari, o sui beni comunali.
Tra i consorzî più attivi e benemeriti è da segnalare quello di Genova, al quale si deve la creazione di circa 8000 ettari di boschi, in gran parte bellissime pinete.
Col progredire della legislazione forestale e della sempre più diffusa valutazione degli altissimi benefici del rimboschimento, sia lo stato sia gli enti pubblici intensificarono via via la loro opera; ai privati proprietarî lo stato concesse, dapprima gratuitamente, poi a modico prezzo, le piantine e i semi forestali, e inoltre una serie di agevolazioni fiscali, nonché un concorso in denaro per ogni ettaro rimboschito. In base alle leggi del 1877 e del 1910 si concedevano premî fissi; mentre con la legge forestale attualmente in vigore, del 1923, il concorso può giungere ai 2/3 della spesa complessivamente sostenuta dal privato o ente per il rimboschimento.
Si ebbe così una progressiva intensificazione dei lavori di rimboschimento, che, interrotta e rallentata dalla guerra mondiale e dalla crisi del dopoguerra, ebbe nuovo e vivo impulso in questi ultimi anni. Infatti, i rimboschimenti eseguiti dallo stato a totale suo carico o col suo concorso, compresi quelli nelle foreste demaniali, che erano estesi complessivamente su circa 38.000 ettari dal 1867 al 1911, nel successivo periodo dal 1912 a tutto il 1922 si estesero su altri 13.000 ettari circa, giungendo alla cifra di circa 50.000 ettari. Ai privati e ad enti varî furono distribuite piantine e semi in tale quantità, che si calcola siano stati rimboschiti altri 20-25.000 ettari.
L'istituzione della Milizia forestale segnò l'inizio di un'opera ancora più vasta. Crebbero i consorzî di rimboschimento, furono iniziati i lavori di sistemazione idraulico-forestale in numerosi perimetri montani, si intensificò la produzione delle piantine nei vivai forestali.
Così, mentre dal 1867 al 1922 la superficie annualmente rimboschita per azione diretta dello stato era di ha. 926, nel periodo fascista anteriore alla creazione della Milizia forestale (1922-1926) tale cifra si elevò a ha. 2629 e nel periodo 1926-1934 è passata a ha. 7593. Nel 1° dodicennio fascista sono stati rimboschiti 71.260 ettari di terreni, cifra che supera di oltre 20.000 ettari quella dei 55 anni anteriori all'avvento del fascismo. Nell'anno 1933-34 la superficie dei rimboschimenti è aumentata di 12.774 ettari.
Le quantità di piantine collocate a dimora e di semi affidati al suolo hanno subito anch'esse un incremento notevolissimo; così, per limitarci agli ultimi anni, si passa da 17.775.000 piantine e 96.660 kg. di semi dell'anno 1929-30, rispettivamente a 42.308.000 e 254.550 nell'anno 1930-31; 49.743.000 e 270.154 nell'anno 1931-32; 59.737.000 e 485.115 nel 1932-33; 60.395.000 e 587.639 nel 1933-34
Le cifre su riportate sono globali e si riferiscono anche a rimboschimenti privati, a Boschi del Littorio, Parchi della rimembranza, ecc.
V. tavv. LIX e LX.
Bibl.: A. Pavari, Le sistemazioni montane e i rimboschimenti, Firenze 1926; id., La tecnica dei rimboschimenti secondo le più recenti vedute ed esperienze, Piacenza 1927; id., Esperienze ed indagini sulla tecnica del rimboschimento nelle regioni a clima caldo arido, Firenze 1930; A. Agostini, Il problema dei rimboschimenti in Italia, Roma 1930; A. Merendi, Il problema dei rimboschimenti nelle regioni del Mediterraneo e il sistema a gradoni, Firenze 1933.