Rimedi risarcitori in favore dei detenuti
Tra le novità introdotte dal d.l. n. 92/2014 in àmbito carcerario si segnala il rimedio risarcitorio in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell’art. 3 CEDU. In tale prospettiva, il legislatore nazionale ha predisposto, accanto al reclamo giurisdizionale “preventivo”, di cui al d.l. n. 146/2013, il rimedio di tipo “compensativo” espressamente richiesto dai Giudici di Strasburgo.
A completamento della riforma attuata con il d.l. 23.12.2013, n. 1461, il recente d.l. 26.6.2014, n. 92, convertito dalla l. 11.8.2014, n. 117, ha recepito le sollecitazioni della Corte di Strasburgo2, attraverso l’introduzione di un rimedio compensativo dei pregiudizi derivanti dall’«inosservanza da parte dell’amministrazione di disposizioni previste dalla [legge di ordinamento penitenziario] dal relativo regolamento, dalla quale derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti».
È questa l’innovazione di maggior rilievo del recente provvedimento legislativo (artt. 1 e 2), il quale incide anche sulle dinamiche del procedimento di sorveglianza (art. 3), nonché in materia di custodia cautelare in carcere (art. 8), di arresti domiciliari (art. 4), di misure cautelari per gli imputati minorenni (art. 5). Interventi ordinamentali, infine, sono contemplati sia in materia di organico dei magistrati (art. 5 bis), sia con riguardo al personale del Corpo di polizia penitenziaria (art. 6) e di quello appartenente ai ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (art. 7).
Attraverso il nuovo art. 35 ter ord. penit. il legislatore ha implementato il novero dei rimedi giuridici richiesti dalla sentenza Torreggiani (C. eur. dir. uomo, sez. II, 8.1.2013, Torreggiani e altri c. Italia)3 laddove la Corte di Strasburgo, constatata l’ineffettività del reclamo “generico” (artt. 35 e 69 ord. penit.) stigmatizzava la mancanza «d’un recours qui permettrait aux personnes ayant été incarcérées dans des conditions ayant porté atteinte à leur dignité d’obtenir une quelconque forme de réparation pour la violation subie», nonmancando di aggiungere «que la jurisprudence récente attribuant au juge de l’application des peines le pouvoir de condamner l’administration à payer une indemnisation pécuniaire est loin de constituer une pratique établie et constante des autorités nationales» (§ 97).
Ebbene: se con il d.l. n. 146/2013 è stato introdotto4 il rimedio preventivo5, con la legge in commento si è provveduto a completare il sistema6, prevedendosi due procedure diversificate, a seconda che la persona sia o meno detenuta7. Nella prima ipotesi, il magistrato di sorveglianza competente, qualora accerti che l’istante ha sofferto «il pregiudizio di cui all’articolo 69, comma 6, lett. b) [ord. penit.], per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni tali da violare» l’art. 3 CEDU, come interpretato dalla Corte europea8, «dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio». Nell’eventualità in cui non sia possibile operare una riduzione integrale, poiché il residuo di pena da espiare è inferiore all’ “abbuono” ovvero perché il periodo detentivo trascorso in violazione dell’art. 3 CEDU è stato inferiore a quindici giorni, il magistrato di sorveglianza liquida altresì al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari ad otto euro per ciascun giorno in cui l’istante ha subito il pregiudizio.
Il secondo schema procedimentale riguarda, invece, le persone in stato di libertà, nonché coloro che hanno subito il pregiudizio in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare. Per tali soggetti la legge prevede la competenza del tribunale civile del capoluogo del distretto in cui hanno la residenza, che decide, con procedimento camerale, in composizione monocratica con decreto non reclamabile. Anche in tale ipotesi il quantum risarcibile è stabilito in otto euro per ogni giorno di pregiudizio. La relativa azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello status detentionis9.
2.1 Il rimedio dinanzi al magistrato di sorveglianza
Inscritto nell’ambito di operatività del ricorso “preventivo”, ma esperibile anche in via autonoma, il rimedio compensativo disciplinato dall’art. 35 ter ord. penit. parrebbe postulare l’“attualità”, oltre alla “gravità” del pregiudizio all’esercizio dei diritti della persona in vinculis. Detto altrimenti, al magistrato di sorveglianza sarebbe riservata la giurisdizione risarcitoria esclusivamente nelle ipotesi in cui la lesione al diritto protetto dalla legge penitenziaria o dal relativo regolamento di esecuzione sia ancora in fieri, dovendo, in caso contrario, dichiarare inammissibile il reclamo per difetto di giurisdizione. Indubbiamente accattivante sotto il profilo della “logistica”, anche a fronte dell’esiguo organico della magistratura di sorveglianza, la tesi non pare condivisibile, a fronte della considerazione che l’interlocutore istituzionale della persona detenuta è il giudice di sorveglianza, il quale ha gli strumenti cognitivi necessari per pronunciarsi sui profili risarcitori.
Sempre in riferimento alla causa petendi, il «pregiudizio», inoltre, deve concretizzarsi in condizioni di detenzione (per un periodo superiore ai quindici giorni) tali da violare l’articolo 3 CEDU, come interpretato dalla Corte europea. Al giudice, insomma, è richiesto di valutare la legittimità dello status detentionis, alla luce dell’interpretazione della Corte di Strasburgo.
Con riferimento al petitum, la riduzione della pena detentiva nella misura di uno a dieci configura «una sorta di risarcimento “esistenziale” a beneficio di chi ha patito, dalla condizione di detenzione, un’illegittima sofferenza aggiuntiva e che viene corrisposto al fine di compensare tale surplus del carico afflittivo con una riduzione, tendenzialmente proporzionata, della durata della pena»10. Talemeccanismo, avallato dalla Corte di Strasburgo anche in omologhi casi di sovraffollamento carcerario11, appare tuttavia poco proporzionato nella misura dell’uno a dieci: maggiormente equa sarebbe stata una riduzione di pena analoga a quella praticata in materia di liberazione anticipata12. Lo stesso è a dirsi in ordine al risibile risarcimento pecuniario (minore rispetto a quello generalmente accordato dalla Corte
di Strasburgo), inspiegabilmente “rigido”13 e non parametrato alla gravità del pregiudizio, nonché inadeguato alla luce dei differenti parametri utilizzati in altri contesti ordinamentali14.
2.2 Il rimedio dinanzi al giudice civile
Nell’ipotesi in cui lo stato di detenzione sia cessato15, ovvero quando la persona abbia subìto un periodo di custodia cautelare non computabile nella pena da eseguire, la competenza a decidere sulla domanda di risarcimento è del giudice civile, il quale decide a seguito di procedimento camerale (art. 737 c.p.c.) con decreto non reclamabile16. L’istanza risarcitoria può essere presentata, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla fine della custodia o della detenzione17, davanti al tribunale del distretto nel cui territorio il richiedente risiede.
Anche in tal caso, il quantum del risarcimento è di otto euro per ogni giorno in cui si è sofferto il pregiudizio.
Dubbi di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., si affacciano in relazione alla previsione di un “doppio regime” in materia risarcitoria: se, invero, il reclamo al magistrato di sorveglianza è reclamabile al tribunale di sorveglianza, quello proposto avanti il giudice civile non è soggetto a reclamo. Inoltre, mentre il primo non prevede oneri economici per l’istante, il procedimento di matrice civilistica richiede, invece, il pagamento del contributo unificato. Infine, sul versante probatorio, mentre la giurisdizione di sorveglianza esclude la sussistenza di un onere della prova a carico del reclamante (specie se detenuto), ravvisando, piuttosto, un mero onere di allegazione, lo stesso non è a dirsi in ordine alle categorie probatorie civilistiche, secondo le quali il detenuto è l’attore su cui incombe l’onus probandi.
2.3 Il procedimento di sorveglianza
L’inserimento di un nuovo co. 3-bis nel corpo dell’art. 678 c.p.p. risponde all’esigenza di regolamentare gli obblighi informativi derivanti da condanne pronunciate da corti penali internazionali18.
Nello specifico, i giudici di sorveglianza, nelle materie di rispettiva competenza, quando provvedono su richieste di provvedimenti incidenti sulla libertà personale di tali soggetti, danno immediata comunicazione della data dell’udienza e della pertinente documentazione al Ministro della giustizia, che tempestivamente ne informa il Ministro degli affari esteri e, qualora previsto da accordi internazionali, l’organismo che ha pronunciato la condanna19.
2.4 La “proporzionalità” cautelare
Al dichiarato fine di limitare il ricorso alla custodia cautelare, il legislatore d’urgenza è intervenuto sul testo dell’art. 275, co. 2-bis, c.p.p., estendendo, in primo luogo, anche alla misura degli arresti domiciliari il divieto di applicazione in presenza di una positiva prognosi di concessione della sospensione condizionale della pena20. In secondo luogo, e con esclusivo riferimento alla custodia cautelare in carcere21, l’originario art. 8 d.l. n. 92/2014, nel prevederne il divieto applicativo «se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni», armonizzava completamente (sia pur in una prospettiva prognostica) la disciplina della carcerazione preventiva a quella della sospensione dell’ordine di esecuzione22.
Incisivamente modificato dalla legge di conversione23, che opera riferimento alla «pena detentiva irrogata» (e non più «da eseguire»24), il vigente art. 275, co. 2-bis, c.p.p. introduce rilevanti deroghe al divieto, il quale non si applica ai casi contemplati dall’art. 275, co. 3, c.p.p., all’ipotesi in cui l’imputato agli arresti domiciliari abbia trasgredito le relative prescrizioni (art. 276, co. 1-ter, c.p.p.), all’ipotesi in cui l’imputato abbia trasgredito le prescrizioni inerenti
ad altra misura cautelare (art. 280, co. 3, c.p.p.) ed ai procedimenti per i delitti di incendio boschivo, maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, furto in abitazione e furto con strappo, nonché per tutti i delitti contemplati dall’art. 4 bis ord. penit. Infine, il divieto non opera in tutte le ipotesi in cui, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possono essere disposti per mancanza di luogo di esecuzione idoneo ai sensi dell’art. 284, co. 1, c.p.p.
2.5 Gli arresti domiciliari
L’art. 4 del d.l. sostituisce l’art. 97 bis disp. att. c.p.p., prevedendo, quale regola generale, che l’imputato lasci il carcere e si rechi presso il domicilio senza accompagnamento. In via d’eccezione, sarà disposto l’accompagnamento, quando il giudice, anche a seguito della segnalazione operata dal p.m., dal direttore dell’istituto penitenziario o dalle forze di polizia, ritenga sussistere esigenze processuali o di sicurezza.
In sede di conversione, è stato soppresso il co. 3, che prevedeva la permanenza in carcere dell’indagato quando non fossero materialmente disponibili i dispositivi di controllo (c.d. braccialetto) elettronico eventualmente prescritti dal giudice.
2.6 Le misure cautelari per i minorenni
Attraverso la modifica dell’art. 24 d.lgs. 28.7.1989, n. 272, si è stabilito che l’esecuzione delle pene detentive, delle misure di sicurezza, delle sanzioni sostitutive e delle misure cautelari debbano aver luogo secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni quando l’interessato, pur avendo commesso il fatto da minorenne, non ha compiuto 25 anni al momento dell’esecuzione della misura restrittiva. In sede di conversione, la Camera dei deputati ha previsto che l’applicazione di tale normativa di favore sia comunque subordinata ad una valutazione del giudice competente, che può escludere tale applicazione per la persona che abbia già compiuto il ventunesimo anno ove ricorrano particolari ragioni di sicurezza, tenuto conto altresì delle esigenze rieducative. Sul piano operativo, detti soggetti saranno affidati al personale dei servizi minorili.
Pertanto, in tali casi, gli uffici di servizio sociale per i minorenni dovranno partecipare alla osservazione scientifica della personalità, mentre, sul versante giurisdizionale, la competenza sarà della magistratura di sorveglianza minorile.
L’art. 6 bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, nel ridurre di sei mesi la proroga delle funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie già disposta dall’ art. 4, co. 1, del d.l. 1.7.2013, n. 78, sancisce la fine della gestione commissariale al 31 luglio 2014.
Le misure necessarie ad assicurare la necessaria continuità ed il raccordo operativo con le attività già svolte saranno dettate da un decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
1 V. in questa Area, 7.1.1 Tutela dei diritti fondamentali dei detenuti.
2 V. Tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, cit., nt. 2 e 6.
3 Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, lo scorso 5 giugno 2014, si è espresso positivamente sugli interventi compiuti dallo Stato italiano per migliorare la situazione carceraria, rinviando al giugno 2015 per un’ulteriore valutazione.
4 V., già, i moniti indirizzati dalla Corte costituzionale al legislatore: C. cost., 11.2.1999, n. 26 e C. cost., 23.10.2009, n. 266.
5 Cfr., specialmente, Bortolato, M., Torreggiani e rimedi “preventivi”: il nuovo reclamo giurisdizionale, in Arch. pen., 2014, 205; Buzzelli, S., Il rompicapo penitenziario italiano nello spazio unico europeo, ibidem, spec. 202 ss.; De Rubeis, A., Quali rimedi per riparare alla detenzione in condizioni disumane e degradanti? Le indicazioni della giurisprudenza europea ed i più recenti interventi normativi, ibidem, 75; Fiorio, C., Cronache dal terzo millennio: politiche legislative e libertà personale, ibidem, 165.
6 Sulle linee-guida per la costruzione del modello compensativo v. Montagna,M., Torreggiani e rimedi “compensativi”: prospettive de iure condendo, in Arch. pen., 2014, 226 ss.
7 Secondo Fiorentin, F., Un «rimedio compensativo» a forte criticità, in Guida dir., 2014, fasc. 30, 24, la frammentazione della competenza tra giudice di sorveglianza e giudice civile delinea uno scenario «del tutto asistematico rispetto al principio generale per cui il giudice naturale in materia risarcitoria è il giudice civile».
8 Rileva Fiorentin, F., Un «rimedio compensativo», cit., 23 s., trattarsi «di una ben precisa categoria di danno subito dalla persona detenuta o internata, coincidente con la sofferenza psicologica e morale patita in conseguenza di un trattamento penitenziario non conforme ai parametri elaborati dalla giurisprudenza europea».
9 L’art. 2, co. 1, del d.l. provvede a dettare disposizioni transitorie, stabilendo in sei mesi dalla data di entrata in vigore del d.l. stesso il termine di decadenza entro il quale coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva ovvero non si trovino più in stato di custodia cautelare possono proporre l’azione risarcitoria. L’art. 2, co. 2, prevede, invece, la possibilità di trasferire presso la giurisdizione nazionale (entro sei mesi dall’entrata in vigore del d.l.) il ricorso già presentato alla Corte europea, salvo che non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilità del ricorso.
10 Si veda il Parere del C.S.M. sul d.l. n. 92/2014, in www.csm.it, 7.
11 C. eur. dir. uomo, sez. I, 10.1.2012, Ananyev e altri c. Russia, § 222.
12 V. ilDocumento conclusivo della Commissione di studio in tema di ordinamento penitenziario emisure alternative alla detenzione istituita dalMinistro della giustizia (cd. Commissione Giostra), in www.penalecontemporaneo.it, 20.12.2013; nonché Montagna,M., Torreggiani e rimedi “compensativi”, cit., 243.
13 Cfr., specialmente, Fiorentin, F., Così la misura fissa “lega le mani” al giudice, in Guida dir., 2014, fasc. 36, 29. Nel senso che spetti al giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio, v. Cass., sez. III, 9.10.2012, n. 17161.
14 Cfr., soprattutto, Fiorentin, F.,Un rimedio compensativo a forte criticità, in Guida dir., 2014, fasc. 30, 30. V., in materia di libertà controllata, l’art. 102 l. 24.11.1981 n. 689; nonché il d.m. 20.6.2014, in G.U., Serie Generale, n. 153 del 4.7.2014, in materia di importi per la liquidazione del danno biologico da lesioni micropermanenti di lieve entità.
15 Nonché, secondo il Parere del C.S.M. sul d.l. n. 92/2014, cit., anche quando manchi l’ “attualità” del pregiudizio. In argomento v. Fiorentin, F., Risarcimenti: restano i dubbi sulla competenza, in Guida dir., 2014, fasc. 36, 33.
16 V., ancora, Parere del C.S.M. sul d.l. n. 92/2014, cit., 15, secondo cui sarebbe stato preferibile il ricorso al procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.p., che, a differenza del procedimento camerale, avrebbe l’attitudine a concludersi con cosa giudicata sostanziale (art. 2909 c.c.), con maggiore certezza dei rapporti giuridici.
17 Si è già detto di come la norma transitoria (art. 2, co. 1, del d.l.) abbia stabilito in sei mesi dalla data di entrata in vigore del d.l. stesso il termine di decadenza entro il quale coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva ovvero non si trovino più in stato di custodia cautelare possono proporre l’azione risarcitoria. Va rilevato come la novella taccia del tutto sul termine iniziale dal quale far decorrere l’accertamento della detenzione illegittima. V., a tal proposito, Fiorentin, F., Lacuna nella disciplina transitoria del dies a quo, in Guida dir., 2014, fasc. 36, 38.
18 La Relazione illustrativa al d.l. motiva questa disposizione con «alcune doglianze rappresentate da Tribunali e Corti penali internazionali e riguardanti la mancata comunicazione della pendenza di procedimenti incidenti sullo stato di libertà personale di soggetti condannati da questi organismi e detenuti in Italia».
19 Cfr. l’art. 19 l. 20.12.2012, n. 237.
20 Pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza (cfr. Cass. pen., sez. VI, 19.9.2013, Amorello).
21 Nonché alle forme custodiali previste dagli artt. 285 bis e 286 c.p.p.
22 Fiorentin, F., Non c’è carcere se la pena è inferiore ai tre anni, in Guida dir., 2014, fasc. 30, 37.
23 V. Fiorentin, F., Parziale “retromarcia” sulla custodia cautelare, in Guida dir., 2014, fasc. 36, 45. In ordine al dibattito consumatosi in letteratura, cfr., Viganò, F., Una norma da eliminare: l’art. 8 del d.l. 92/2014, in www.penalecontemporaneo.it, 7.7.2014; Ceresa Gastaldo, M., Tempi duri per i legislatori liberali, ibidem, 10.7.2014.
24 Cfr. Fiorentin, F., Sul carcere preventivo si guarda alla pena irrogata, in Guida dir., 2014, fasc. 36, 48.