ANDREINI, Rinaldo
Nato ad Imola il 30 genn. 1818, visse a Bologna, ove il padre Giuseppe era impiegato della polizia pontificia, e vi compì, pur fra ristrettezze economiche, gli studi di medicina, laureandosi nel 1842.
Seguace delle dottrine mazziniane, nel 1843 collaborò col Comitato rivoluzionario bolognese alla preparazione del vasto movimento insurrezionale che, organizzato da N. Fabrizi, esule a Malta, prevedeva una azione contemporanea nel Sud e nelle Romagne: cospirazione che non ebbe successo, poiché tutto si ridusse al moto di Savigno (agosto 1843). Rimasto in un primo momento a Bologna, nel 1844, accresciutisi i sospetti della polizia nei suoi riguardi, dovette rifugiarsi in Toscana e poi ad Algeri.
Nel maggio 1845 raggiunse Firenze. dove con altri esuli romagnoli organizzò una nuova cospirazione, sfociata nel moto di Rimini (settembre '45), di effimero successo, e partecipò al fatto d'armi delle Balze (28 settembre), estremo tentativo degli insorti contro i pontifici. Arrestato in Toscana dalla polizia granducale e imbarcato per la Corsica, emigrò a Marsiglia e, nel novembre '45, nuovamente ad Algeri, ove ottenne il posto di chirurgo nell'ospedale civile (26 giugno 1846).
Concessa l'amnistia da Pio IX, rientrò solo nel maggio '47 a Bologna e riprese la propaganda patriottica, in senso repubblicano e unitario, collaborando a L'Italiano, periodico sorto il 25 febbraio '47 e diretto da C. Berti-Pichat e A. Aglebert, e a Il Povero, foglio popolare,dove pubblicò un articolo particolarmente audace, intitolato Nazionalità, di ispirazione chiaramente mazziniana.
Arruolatosi nel marzo '48, prese parte con il battaglione dei "Cacciatori dell'Alto Reno" a tutte le operazioni militari nel Veneto, fino alla capitolazione di Treviso e successivamente, come chirurgo e aiutante maggiore del col. L. Zambeccari, alla difesa di Venezia e al combattimento di Mestre.
Tornato a Bologna, il 29 gennaio 1849 fu eletto rappresentante alla Costituente romana. Seguì i lavori dell'Assemblea con interventi e proposte sull'organizzazione militare. Durante la difesa di Roma fece parte della Conunissione per i feriti e di quella per le barricate. Caduta la Repubblica romana, dopo soste a Londra, Bruxelles, Ginevra, Nyon, Lione, nella vana ricerca di un'occupazione che gli offrisse i mezzi di sostentamento, tornò, nel maggio 1850, ad Algeri, dove riprese la sua attività professionale facendosi apprezzare come medico per l'opera di soccorso prestata durante l'epidemia di colera che funestò la città nel settembre-ottobre 1850.
Fin dal suo soggiorno a Nyon, nel novembre 1849,aveva iniziato la collaborazione a L'Italia del popolo di Losanna, nella quale appariva in appendice ai numeri del giugno-luglio 1851(ristampata nel 19106 da M. Menghini) la sua Cronaca epistolare dal 1843 al 1845, indirizzata a F. Pigozzi.
Preceduta da considerazioni sulla generale situazione dell'Italia, nella forma prolissa propria dell'A., questa cronaca è una fedele testimonianza della rete di cospirazione che aveva preparato i moti romagnoli, a cui l'autore aveva preso parte, e dei quali rivendicava la validità morale, contro le riprovazioni dei moderati. Attribuendo gli insuccessi essenzialmente alla mancanza di un preciso scopo su "piano nazionale", riconosceva tuttavia come tra gli stessi democratici fosse mancata ogni coesione e audacia nell'iniziativa.
Particolarmente sorvegliato, per la sua attività politica, dal console sardo, A. Vicari di Sant'Agabio, e ammonito più volte dal governatore generale francese, riuscì sempre a scagionarsi da ogni imputazione e continuò negli anni successivi la propaganda mazziniana e la collaborazione all'Italia e Popolo, con articoli che criticavano gli atti del governo imperiale, i provvedimenti delle autorità algerine o polemizzavano con quanti denigravano il partito repubblicano e il suo capo (Italia e Popolo, 1852, nn. 59, 96; 1853, nn. 97, 164; 1855, nn. 5, 31, 155).
Nel maggio 1859, offrì i suoi servizi di medico militare al gen. G. Ulloa, che non poté arruolarlo per sovrabbondanza di personale. Partito ugualmente per l'Italia il 24 giugno, a Livorno gli fu impedito di sbarcare, a causa di una segnalazione del console Sant'Agabio, che lo accusava di furto; raggiunta Marsiglia, fu arrestato e obbligato a tornare ad Algeri. L'anno dopo, giunto troppo tardi nella penisola per partecipare alla campagna meridionale, si fermò a Bologna, dove nel dicembre assunse la direzione del Corriere del Popolo, fondato da F. Stanzani e finanziato da A. Bertani. L'A. accettò di dirigere il giornale solo dopo averne discusso il programma, che Bertani voleva impostato sulla formula "Italia e Vittorio Emanuele", ma che egli cambiò in quella di "patria e libertà", pur enunciando nel primo numero (2 dicembre '60) di concordare "coll'universale suffragio che saluta Vittorio Emanuele re d'Italia".
Lasciato il giornale nel giugno '61, si ritirò ad Algeri, dedicandosi completamente al lavoro professionale e agli studi. Tradusse in francese le opere mediche di F. Rizzoli e G. B. Ercolani; scrisse sulla Bibbia e sulla vita di Cristo.
Durante il conflitto franco-prussiano del '70 organizzò un'ambulanza militare, raccogliendo i mezzi con una pubblica sottoscrizione, e partì per Marsiglia. Aggregato alla I brigata agli ordini del gen. S. Canzio, prima che potesse raggiungere il fronte la guerra si concluse.
Trascorse gli ultimi anni in Algeri, in precarie condizioni fisiche e finanziarie.
Morì a Fort de l'Eau il 25 febbraio 1890.
Altri scritti notevoli dell'A.: Fasti e sventure del col. G. Tordo, Bologna 1848; Rome à la France. Révélations sur la question romaine par un membre de la Constituante, recueillieset publiées par S. F. Bernard, Paris 1850; Il Pontificato, Lugano 1851; Voleur et volé, Genève 1860 (memorie autobiografiche sul soggiorno algerino).
Bibl.: L. C. Farini, Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, III, Firenze 1853, pp. 235, 353; Archivio triennale delle cose d'Italia, Chieri 1855, s. 1, III, pp. XLIII-XLVI; A. Negri, Lettere inedite di G. Mazzini e del gen. Ulloa, Imola 1897 (notizie biografiche dell'A. nella prefazione, pp. 1-9); F. Comandini, Cospirazioni di Romagna e Bologna (1831-1857), Bologna 1899, pp. 62, 119, 267, 409; A. Saffi, Ricordi e scritti, IV, Firenze 1899, pp. 13, 16; Le Assemblee del Risorgimento, III, Roma 1911, pp. 519-21, 760-63, 891-93 e passim; IV, pp. 359, 433, 473, 495-500 e passim; Ediz. naz. degli scritti... di G. Mazzini, XLV, pp. 31-35; LXXI, pp. 47-49; A. Dallolio, La difesa di Venezia, Bologna 1519, pp. 11, 193, 302; M. Menghini, R. A. e i moti di Romagna del 1845, in Rass. stor. del Risorgimento, III(1916), pp. 445 516; O. Montenovesi, I casi di Romagna, ibid, VIII(1921), pp. 329, 378, 382, 422; R. Galli, Gli avvenimenti di Bologna nel maggio 1849 alla luce di docum. Inediti, in L'Archiginnasio, XXI(1926), pp. 86-90; G. Maioli, Il Padre di don G. Verità, Faenza 1933, pp. 16 s., 19-21; E. Michel, Esuli ital. in Algeria (1815-1861), Bologna 1935, passim; G. Natoli, Corpi franchi del '48, in Rass. stor. del Risorgimento, XXII(1935), pp. 187, 191 s., 199, 205, 223, 234; G. Maioli, R. A. e il "Corriere del Popolo" (1860-1862), in Studi romagnoli, VI(1955), pp. 90-102; F. Mancini, Le carte di R. A. conservate nella Bibl. comunale di Imola, in Rassegna storica del Risorgimento, XLV (1958), pp. 294-313.