Scrovegni, Rinaldo degli
Notabile padovano, posto da D. nel terzo girone del settimo cerchio dell'Inferno tra gli usurai (XVII 64 ss. E un che d'una scrofa azzurra e grossa / segnato avea lo suo sacchetto bianco, / mi disse... / Con questi Fiorentin son padoano).
Comunemente considerato il capostipite della famiglia S., figlio di un Ugolino che non riveste importanza né sociale né economica, sa imporsi sfruttando sapientemente le favorevoli condizioni offerte dallo sviluppo commerciale del sec. XIII.
Rinaldo si unisce in matrimonio con Capellina, figlia di Enrico Malcapelli da Vicenza, iniziando così la serie dei legami tra gli S. e i più importanti casati di Padova e dintorni; questa unione infatti offre un possibile sviluppo alla posizione sociale della famiglia, che con i figli di Rinaldo tenderà alla supremazia politica nella città.
Non è casuale che la sposa sia una vicentina se si considera e la politica espansionistica di Padova, che in Vicenza estende la propria legislazione nel 1266, e le necessità finanziarie del comune vicentino, che stabilisce frequenti e produttive relazioni con i prestatori padovani, in particolare con lo Scrovegni. Pochi sono i documenti sugl'inizi dell'attività di Rinaldo a Padova: una pergamena del maggio 1261 l'indica creditore di un debito di cento lire e venti denari veneti; un documento successivo a questo di due mesi, sempre relativo al medesimo negozio, attesta che Rinaldo cede i suoi diritti sui beni ricevuti, per il detto debito, a un veneziano. Nel 1263 lo S. è testimone a una compravendita di terre poste in Vigonza.
Nel 1268 troviamo lo S. esattore per il vescovo di Padova delle decime di Montecchio, Creola, Veggiano e Saccolongo: questo ci mostra come la sua attività avesse raggiunto proporzioni tali da garantirgli la fiducia del clero. Rinaldo fu infatti un accorto curatore delle sue sostanze, impiegandole sempre fruttuosamente in prestiti e terreni che scelse oculatamente nelle zone, in stretta relazione con i luoghi in cui godé delle decime.
Nel 1271 è nominato quale confinante di un sedimine posto in Selvazzano; terre nel ‛ comitatus ' di Selvazzano, tenuto in feudo dai vescovi di Vicenza, le compera da Manfredo Dalesmanini. Non si conosce la data del contratto, anche se è presumibilmente anteriore al febbraio 1271. Il luogo, oltre a essere contiguo ai feudi concessi dal vescovo, è nei pressi dell'argine del Bacchiglione, proprio al confine tra Padova e Vicenza, e nel 1297 con il castello di Trambache, acquistato dal figlio Manfredo, costituirà un notevole blocco di territorio capace di facilitare il passaggio a Vicenza, importante data l'attività finanziaria svolta da Rinaldo in questa città. I documenti attestanti le somme concesse a titolo di mutuo o prestito al comune vicentino iniziano nel 1282 e si esauriscono nel 1297.
Come Vicenza, così i Da Camino, bisognosi di denaro, si rivolgono a Rinaldo che concede loro un grosso prestito, presto ripagato, nel 1284; ci fu inoltre un successivo prestito, rimborsato nel 1288.
Testimonianze di altre proprietà dello S., dopo il 1271, si trovano con una certa insistenza tra il 1285 e il 1290: mancano i contratti di compravendita, ma è nominato come confinante di terre poste a Praglia presso il monastero, ad Arquà e a Saccolongo. Tali proprietà permettono certamente una diramazione del suo commercio.
Rinaldo, costruendo il suo edificio economico-sociale, non mostra di avere intenzioni politiche, ma la sua parola nel palazzo del comune deve avere un peso dal momento che, per " servicia et beneficia gratiosa in palatio communis Paduae ", i vescovi Giovanni, nel 1283, e Bernardo, nel 1288, lo infeudano.
Da questa data non si hanno più notizie di R., ma nel 1290 l'attività finanziaria degli S. è in mano ai suoi figli: possiamo dedurre quindi che la sua morte sia avvenuta entro il biennio 1288-1290. Alla sua morte, secondo il racconto del Selvatico, la sua casa venne assalita dalla folla inferocita: si sa che nel 1290 le case degli S. vennero distrutte da un violento incendio, ma anche questa calamità non produsse danni rilevanti alla potenza economica della famiglia. Il giudizio dantesco sul personaggio è nettamente negativo, ma tale giudizio non colpisce lo S. nella sua individualità, bensì il mondo che rappresenta: la borghesia in ascesa e, soprattutto, il conseguimento della facile ricchezza mediante l'usura (v. USURA; usurai).
Bibl. - Fonti su Rinaldo S. sono nell'Archivio di Stato di Padova ai fondi Diverse n. 341; Archivio Corona n. 8057 b 115, n. 7921 b 154; Archivio Diplomatico n. 1994 b 14, n. 3894 A e B b 31, n. 3193 b 23, n. 3238 b 23; Archivio Capitolare della cattedrale di Padova, Feudorum I f. 20, II f. 136r; Archivio Vescovile di Vicenza, Feudorum IV, c. 169; Archivio di Stato di Venezia, codex Tarvisinus, c. 331 v. Oltre alle opere citate nella bibliografia della voce Scrovegni, si veda: F.S. Dondi Orologio, Dissertazioni sopra l'istoria ecclesiastica padovana, VII-VIII, Padova 1805; G. Gennari, Delle usure degli antichi padovani, ibid. 1846; P. Selvatico, Visita di D. a Giotto nell'Oratorio degli S., in D. e Padova. Studi Storico critici, ibid. 1865, 101-193; G.B. Picotti, I Caminesi e la loro signoria in Treviso dal 1283 al 1312, Livorno 1905, 106 n. 6, 256; V. Bortolaso, I prestatori di denaro padovani a Vicenza al tempo di D., in " Atti e Mem. R. Accad. Scienze Lettere Arti Padova " n.s., XXVIII (1911-12) 109-119; ID., Vicenza dalla morte di Ezzelino alla signoria scaligera (1259-1311), in " Nuovo Archivio Veneto " n.s., XXIV (1912) 5-54, 336-395.