DI CAPUA, Rinaldo
Ben poco si conosce della vita e della formazione artistica di questo compositore d'origine campana, attivo sulle scene teatrali italiane ed europee per oltre un trentennio, dal 1737 al 1770 circa. Tra le prime e più significative testimonianze al riguardo val la pena citare quella di C. Burney il quale, in occasione del suo viaggio in Italia nel 1770, ebbe modo di conoscerlo.
"A Roma mi incontrai spesso anche con Rinaldo di Capua, un vecchio ed ottimo compositore napoletano, figlio naturale di un uomo altolocato di quella città. Dapprima aveva studiato musica soltanto come complemento alla sua istruzione; ma avendolo il padre lasciato con una modesta fortuna assai presto dissipata, fu costretto a scegliere la musica come professione. ... Ho spesso ascoltato con diletto le sue composizioni; in questo momento non gode di grande favore, pur avendo composto l'inverno scorso un intermezzo per il teatro Capranica di Roma che ebbe grande successo ... Nel corso della sua lunga vita, la fortuna di Rinaldo di Capua ha subito varie vicissitudini; talvolta apprezzato, talvolta dimenticato. Tuttavia quando fu vicino alla vecchiaia, riunì le opere principali che aveva scritte quando era all'apice della sua fama e della sua capacità inventiva, pensando che avrebbero potuto costituire una risorsa per i tempi della sventura. Questi tempi vennero: parecchie disgrazie colpirono lui e la sua famiglia. Ma questa risorsa, l'unica che gli rimanesse, frutto di tante fatiche, fu venduta da un figlio senza senno come carta straccia!" (Viaggio music. in Italia, pp. 279 s.).
In un altro scritto sempre del Burney, di qualche anno successivo, il D. veniva descritto ancora come "a Neapolitan composer of greater genius and fire, and whose productions were the delight of all Europe during many years, is another melancholy instance of the transient state of a musician's fame and favour. He was living, or rather starving, in 1770 at Rome, the chief scene of all his former glory!" (Ageneral history of music, p. 841).
La testimonianza del Burney, una delle prime - e ancor oggi valide - fonti sulla biografia del D., costituisce il punto di riferimento al quale si rifecero, spesso quasi testualmente, molti degli storiografi successivi. Come ad es. J. S. Sainsbury che, nel 1824, oltre a rifarsi fedelmente alle parole dello studioso inglese circa i natali del D. ed i suoi meriti artistici, confermava il giudizio sulla sua preparazione musicale: "...his science was not equal to his genius; for, being educated as a dilettante, he probably did not submit to all the drudgery of a dry study, which every one intended for the profession of music must necessarily go through ...". O come lo Schilling che, confermata la paternità del D. ("Er war der natürliche Sohn eines sehr vornehmen Mannes..."), attribuiva il suo cognome alla città natale paterna indicando, inoltre, una precisa data di nascita ("...um 1706 geboren wurde"): data peraltro attendibile, tenuto conto che il Burney - nel 1770 - lo descrive in età assai avanzata e che alla fine del ms. d'una raccolta di cantate per solo e b.c. (Londra, British Library, Add. 14226), che comprende una composizione del D., si legge "Agosto 1726". O come, infine, il Fétis che, indicando a sua volta il 1715 come improbabile data di nascita, ribadiva che il cognome derivava dalla sua città d'origine. Dopo oltre due secoli dalla sua morte (che avvenne probabilmente attorno al 1780) scarse sono le notizie che a questi pochi dati biografici hanno aggiunto i due studi più esaurienti su questo compositore, cioè quello dello Spitta (1887) e del Bostian (1961): anche se molto, nel frattempo, è stato scoperto e analizzato della sua vasta produzione musicale.
È probabile che il D. sia effettivamente nato a Capua anche se nei libretti di diverse sue opere viene indicato come "maestro di cappella napoletano". In realtà, di una sua permanenza o attività a Napoli non si ha nessuna notizia, così come - in contrasto con quanto scriveva il De Brosses nel 1739 ("...dai numerosi seminari [di Napoli] dove la gioventù viene allevata in quest'arte sono usciti la maggioranza dei compositori famosi, Scarlatti, Leo, Vinci, ... Rinaldo, Latilla e il mio incantevole Pergolesi": pp. 256 s.) - non è stato rintracciato il suo nome nelle liste degli allievi dei conservatori napoletani. Si può presumere pertanto che l'indicazione suddetta fosse un riferimento generico, anche se assai frequente nel '700 per i musicisti d'area napoletana, alla città e all'ambiente musicale nei quali - seppure in modo anomalo - si era compiuta la sua educazione artistica.
La notizia, fornita per primo sempre dal Burney, che a soli 17 anni il D. avesse composto un'opera per Vienna dove -secondo lo Schilling - assistette personalmente al successo della prima rappresentazione, è assai incerta: anche se la fama che attorno al 1740 già circondava il D. nel mondo musicale europeo (vedi i giudizi elogiativi del De Brosses, del Lalande ecc.) potrebbe essere un elemento a favore di una anticipazione della sua attività compositiva alla terza decade del Settecento. La prima opera di cui si abbia una testimonianza certa è tuttavia il dramma metastasiano Ciro riconosciuto, rappresentato al teatro di Tordinona di Roma nel gennaio 1737 con "scarsissimo applauso per mancanza di musici", tanto che "i Padroni dei palchetti volevano riportare le chiavi e protestarsi, onde l'impresario è stato costretto a mutare due musici" (dal Diario del Bagnari e Diario di Valesio: cfr. A. Cametti, p. 376).
Secondo lo Spitta (p. 95) l'affermazione del Burney potrebbe esser derivata dall'aver questi equivocato il racconto fattogli presumibilmente dal D. stesso, e cioè di essersi servito per la sua prima opera romana di un libretto "viennese", che altro poi non era che il testo originale - stampato appunto nella capitale austriaca - per l'opera musicata da A. Caldara ed eseguita a Vienna il 28 ag. 1736 "nel giardino dell'imperial Favorita, alla presenza degli augustissimi sovrani..." (cfr. B. Brunelli, I, p. 806). A quanto risulta, l'unico legame del D. con la corte austriaca è testimoniato da un lavoro composto nel 1745, su richiesta del card. austriaco principe Alessandro Albani (protettore dell'Impero dal 1745 e reggente dell'ambasciata austriaca a Roma dal 1744 al '48), e rappresentato a Roma con il titolo Componimento drammatico da cantarsi per l'elezione dell'augustissimo Francesco I Imperator de' Romani e per solennizzare il glorioso nome della Sacra Real Cesarea Maestà della Regina d'Ungheria e Boemia....
Incerto, anche se piuttosto circostanziato (e confermato dal Bostian, p. 23) quanto affermato dallo Schilling a proposito del Vologeso, una delle opere serie più acclamate del D., "welche 1739 zu Strassburg auf die Bühne kam und von der Handlung Breitkopf und Härtel als Manuscript aufgekauft wurde...". Degno di fede, invece, quanto scriveva il Ghezzi sotto la caricatura del D.: "...compositore napoletano, il quale mise in musica il Lucio Vero nel teatro Argentina per il signor Faticonti nell'anno 1739. In cambio del Lucio Vero fu intitolata detta comedia il Vologeso et ebbe un applauso da tutta Roma ... Il detto partì per Portogallo alli 18 marzo 1740 e partì con la moglie che era gravida di cinque mesi, e partì di Roma con mille scudi l'anno a che componesse l'opera". Non sappiamo a quale opera si riferisse con precisione il compenso cui accenna il Ghezzi; sappiamo tuttavia che per il teatro Novo da Rua dos Condes di Lisbona (nel quale in quel periodo veniva eseguito un repertorio prevalentemente italiano) vennero rappresentate - tra il 1740 e il 1741 - tre opere del D. su libretto di Metastasio: Catone in Utica, Ipermestra e Didone abbandonata, eseguite dalla medesima compagnia di cantanti italiani (Francesca Poli, Gaetano Valletta, Annibale Pio Fabri, Agata Lamparelli, Giuseppe Schiavoni e Giovanna Franchi). Nel corso o alla fine del 1741 ritroviamo il D. a Roma che, in quegli anni, era infatti uno dei centri più importanti di diffusione di opere musicali: "il posto d'onore per i compositori", lo definiva il Burney, aggiungendo che in genere "si crede che un artista o un compositore applaudito a Roma, non debba temere la severità dei critici delle altre città". A Roma, nel carnevale 1742, vennero eseguiti "nell'antico teatro della Pace" gli intermezzi La forza della pace e in seguito - con cadenza pressocché annuale - gran parte della sua produzione teatrale.
Ad eccezione del viaggio in Portogallo, non si ha notizia di altri spostamenti di questo compositore anche se, in conformità all'uso settecentesco che voleva che l'autore accompagnasse al cembalo le prime tre esecuzioni di una sua opera, è assai probabile che il D. abbia molto viaggiato. Diverse sue opere vennero infatti replicate - in tempi più o meno ravvicinati alla prima esecuzione romana - nei teatri delle più importanti città italiane che costituivano le tappe pressocché fisse del miglior repertorio operistico del tempo (come Firenze, Bologna, Venezia ecc.: cfr. elenco delle opere) e sui palcoscenici di diverse città minori. Ma è significativo, per una conferma del prestigio conquistato dal D. in ambito europeo, che alcune sue opere venissero eseguite per la prima volta (o replicate) in importanti città straniere. Così ad es. La comedia in comedia (Roma 1738) fu replicata a Londra e a Vienna nel '48, a Monaco nel '49 e - in una versione modificata e con il nuovo titolo La donna superba - a Parigi nel '52; il Vologeso del 1739 replicato forse a Strasburger nello stesso anno e a Malta nel '40 (cfr. Bostian, p. 23); oppure La zingara, l'opera di maggior successo del D., eseguita dalla compagnia dei bouffons di Eustachio Bambini a Parigi nel giugno 1753 e replicata - con adattamenti e il titolo La bohémienne - in molte città straniere negli anni succesivi (Bruxelles '56; L'Aia e Vienna '58; Norimberga '63; Dresda e Francoforte '65; Stoccolma '68; Varsavia '78; Göteborg '83; Mosca '88). Sappiamo inoltre che diverse arie o la partitura completa di alcune sue opere erano conservate, nel Settecento, in importanti biblioteche o collezioni private italiane o straniere (ed es., quella di padre G. B. Martini a Bologna); arie dal Ciro riconostiuto e da La libertà nociva, insieme alla partitura completa del Vologeso, erano in vendita nel catalogo di manoscritti musicali di Breitkopf nel 1764 (cfr. Spitta, pp. 94 e 97). Va infine ricordato che nella seconda metà del Settecento moltissime raccolte di ariettes italiennes pubblicate in Francia comprendevano brani del D. (cfr. Recueils imprimés).
Il centro dell'attività e della fama del D. fu, comunque, sempre Roma dove, dopo il successo del dramma giocoso La libertà nociva (1740), che confermò anche a livello europeo le sue doti comiche, scrisse molti intermezzi (per teatrini come il Valle, il Capranica, la Pallacorda ...) ed altre opere serie, riservate ai più importanti teatri Argentina e Alibert (o delle Dame): Turno Herdonio Aricino, 1743; Mario in Numidia, 1749; Attalo, 1754; infine Adriano in Siria, 1758. Dopo quest'ultima opera seria, che segnò il culmine della fortuna e del prestigio del D. (per questo lavoro percepì un compenso di 302 scudi, mentre a N. Piccinni ne vennero dati solo 173 per l'Alessandro nelle Indie rappresentato nella stessa stagione all'Argentina: cfr. Celani, p. 39), negli anni successivi ed almeno fino al 1771 seguirono ancora alcuni intermezzi e farsette: lavori in qualche misura minori che testimoniano del favore che ancora in quegli anni godeva il D., ma che non dovettero assicurargli un reddito sufficiente per un dignitoso livello di vita (il Burney, nel 1770, lo descriveva infatti come in età assai avanzata e in grande povertà). Dedicatosi nel frattempo anche all'insegnamento (tra i suoi allievi vi fu Giacomo Rust), è al 1760 circa che risale l'inizio della lunga, proficua - e fino ad oggi in gran parte sconosciuta - collaborazione del D. con il collegio "Nazareno" di Roma dove - come avveniva anche in altri istituti d'istruzione romani (il collegio "Clementino", il Seminario Romano ecc.) - si svolgeva un'intensa attività musicale: soprattutto per la festa per la Natività della Beata Vergine (prima decade di settembre), in occasione della quale veniva eseguita una cantata appositamente composta da un musicista di prestigio (ad es. G. Amadori, G. Valentini, F. Doria, A. Scarlatti o N. Jommelli) che, spesso, instaurava un lungo e stabile rapporto di collaborazione con il collegio. E quanto avviene proprio con il D. che dal 1753 fino al '68 (ad eccezione degli anni '59, '64 e '67, in cui l'attività musicale fu sospesa per motivi economici o altro), compose dodici cantate - tutte su libretto di padre Gian Luca Bandini - per ognuna delle quali percepiva il compenso modesto di 20 scudi e 50 baiocchi romani.
Le ricerche sull'attività musicale del collegio "Nazareno" non hanno permesso, a tutt'oggi, di far luce su una eventuale partecipazione del D. alle rappresentazioni per il carnevale: in un foglio manoscritto (carte sparse dell'Archivio del collegio) contenente l'elenco di alcune tragedie e commedie ivi eseguite, troviamo tuttavia il titolo La comedia in comedia e la data 1759 relative, forse, ad una replica del dramma giocoso del D., eseguito a Roma per la prima volta nel 1738. Tali ricerche hanno però permesso di far luce su di un eventuale rapporto di parentela tra il D. e Marcello di (da) Capua (o Marcello Bernardini) che potrebbe forse essere il "figlio senza senno" ricordato dal Burney del compositore campano. Tre in particolare le considerazioni su cui potrebbe basarsi quest'ipotesi: a) era consuetudine del "Nazareno", come di altre istituzioni romane, chiedere ai compositori e suonatori al suo servizio di proporre il nome del proprio successore il quale, generalmente, era il figlio o il nipote o comunque un parente stretto; b) il D. cessò di scrivere cantate per il "Nazareno" nel 1768: l'anno successivo, l'incarico di scrivere le musiche per la Natività della Beata Vergine venne affidato dai padri scolopi proprio a Marcello di Capua (o "Marcellino" - come si legge spesso nei documenti mss. dell'Archivio; v. Bernardini Marcello in Dizionario biografico degli Italiani, IX, Roma 1967, pp. 185 ss.). Questi per quindici anni circa - dal 1769 al 1784 - continuò a comporre la cantata di settembre per la Beata Vergine; c) nel 1769, anno d'inizio della collaborazione di Marcello di Capua con il "Nazareno", se questi era effettivamente il figlio del D. doveva avere ventinove anni (secondo la testimonianza del Ghezzi): un'età giusta per essere chiamato da un'istituzione di grande prestigio, tenuto anche conto che già dal '64, sulle scene romane, erano state presentate sue opere. Si tratta semplicemente di una ipotesi che - se confermata - potrebbe illuminarci non poco sulla biografia ancora piena d'ombre di Rinaldo Di Capua.
Con l'unica eccezione de La zingara (replicata con successo anche in tempi recenti: Genova, teatro Politeama, autunno 1971) nulla è rimasto della produzione del D. nella pratica esecutiva del nostro tempo: eppure il suo posto nell'ambito della cultura musicale del Settecento fu notevole e immediatamente apprezzato dai contemporanei. Ricordato e lodato dal Burney, come si è visto, fu stimato anche da padre Martini che possedeva alcune sue partiture (secondo lo Spitta, quella del Farnace e della Libertà nociva) e che veniva informato dei successi romani del D. da Girolamo Chiti (cfr. A. Schnoeben, p. 174); o come Rousseau che lo ricorda tra altri compositori (Corelli, Vinci, Perez, Jommelli, Durante ...) che "le génie" aveva condotto "dans le sanctuaire de l'harmonie". Il D. dunque fin dalla esecuzione delle sue prime opere si impone come rappresentante di prestigio del filone drammatico dell'opera per musica italiana: basterà ricordare il recitativo "Berenice ove sei?" e l'aria "Ombra che pallida", dal terzo atto del Vologeso del 1739, come esempio tipico del grado di perfezione raggiunto dalla musica drammatica italiana già nei primi decenni del Settecento ("Die Freiheit der Gestaltung, Eigenthümlichkeit der Erfindung, Mannigfaltigkeit und Wahrheit des Gefühlsausdruckes macht dieses Stück in der That zu einer hervorragenden Erscheinung in der Geschiclite der Oper" - scriveva lo Spitta, p. 96). Considerato uno dei precursori della sinfonia in forma-sonata, il D. proseguì lungo la strada aperta da G. B. Sammartini delineando - come scrive il Lang (p. 604) - "the contours of the subsidiary thematic group. There was as yet no new idea in this group, which used material already stated, but the delineation of its position was a great formal innovation, it designed the frame of the symphonysonata. Rinaldo's excellent instinct for articulation was accompanied by the prophetic desire to bind these sections by links that give the feeling of logical continuity...". Di notevole interesse - e di chiara derivazione scarlattiana - è inoltre la tendenza del D. a far ricorso a ritornelli strumentali piuttosto sviluppati nell'ambito di recitativi che esprimevano forti passioni e sentimenti profondi.
L'interesse di questo musicista nell'ambito più generale dell'opera italiana settecentesca non va limitato, tuttavia, alla sua produzione seria, ma deve essere considerato anche per i risultati conseguiti come autore di un gran numero di intermezzi e farsette per musica, rappresentate con successo e per un lungo arco di tempo sui palcoscenici italiani ed europei dove, a volte, venivano presentate sotto forma di "pasticcio" o con aggiunte musicali di altri compositori (è il caso di B. Galuppi, che aggiunse nuovi brani per alcune repliche de La libertà nociva e de L'ambizione delusa). Produzione certamente minore, e in larga misura ancora tutta da studiare, nella quale è stato possibile tuttavia ipotizzare (E J. Dent, p. 114) la presenza di alcune prime forme di concertato finale, e che annoverò nel D., con La donna superba e La zingara, uno dei protagonisti di maggior successo della stagione dei Buffi italiani diretti da Eustachio Bambini alla Académie royale de musique di Parigi nel 1752-53.
Casuale fu forse l'incontro del D. con l'impresario Bambini, avvenuto probabilmente qualche anno prima in occasione delle stagioni primaverili organizzate da costui al teatro Ducale di Milano nel 1745 e 1746 (vi furono rappresentate L'ambizione delusa e La libertà nociva). Autentico fu però il successo decretato dal pubblico e dalla critica francesi alle rappresentazioni parigine de La donna superba e de La zingara giudicata - quest'ultima - "plus gaie, plus folle que La Servante Maîtresse..., son succès est indépendant du sujet; on doit l'attribuer aux charmes de la musique" (C. d'Orville, p. 71). Nonostante alcune stranezze del libretto (uno dei protagonisti compariva infatti sulla scena travestito da orso), il successo di questo intermezzo, la cui partitura venne stampata con titolo e dedica in francese e alcune varianti a Parigi dal cantante-protagonista Giuseppe Cosimi con dedica al conte di Clermont ("...Encouragé par les bontés dont Votre Altesse Serenissime m'honore, j'ose Lui presenter cet ouvrage. L'Illustre Musicien qui en est l'auteur, jouit dans son pays même et de son vivant de la plus grand réputation..."), è testimoniato dalle "parodie" che in anni successivi ne fecero Clément e poi Favart (cfr. elenco delle opere).
Val la pena ricordare, infine, a conferma della fama e del successo conquistati dal D. durante la sua carriera, che tra gli interpreti delle sue opere figurano alcuni dei più celebrati cantanti del suo tempo, come ad es. i sopranisti Gaetano Majorani detto Caffarelli, Antonio Uberti detto il Porporino, Gioachino Conti detto Gizziello, il "buffo" romano Francesco Baglioni detto Carnace, i virtuosi Giovanni Manzoli e Ferdinando Mazzanti; o come quel Pasquale Bondini di Fermo (interprete del ruolo di Fazio ne Il ripiego in amore, Bologna 1757) che nel 1787 ritroveremo a Praga come impresario della compagnia che avrebbe portato sulle scene per la prima volta il Don Giovanni di Mozart.
Fama e successo che accompagnarono il D. - in Italia e nel resto d'Europa - per oltre un trentennio dalla data di rappresentazione della sua prima opera conosciuta (1737); ma che poi in età piuttosto avanzata lo abbandonarono, lasciandolo in precarie condizioni finanziarie e in uno stato d'animo di grande pessimismo e disincantamento. Ed è appunto un compositore famoso ma ormai quasi dimenticato e stanco che si presenta al Burney in occasione del suo soggiorno romano del 1770 e che così ci viene descritto: "La sua conversazione è intelligente; ma, sebbene abbia una buona indole, esprime giudizi piuttosto singolari e severi sui suoi colleghi compositori. Pensa che non sia loro rimasto nulla di nuovo da fare, e che l'unica possibilità di ottenere fama di originalità sia riposta nell'ignoranza e nella poca memoria del pubblico" (p. 279).
Opere teatrali (salvo indicazioni contrarie il libretto è conservato): Ciro riconosciuto, dramma per musica di P. Metastasio, dedica dell'impresario G. Polvini Faticonti a Ottavia Strozzi Corsini (Roma, teatro di Tordinona, 19 genn. 1737; poi Perugia, teatro de' Nobili detto del Pavone, carnevale 1738). Rimane il duetto "Sappi che al nascer mio": Londra, British Library, Add. 31596 e Parigi, Bibl. nazionale, Vm. 4-921; e l'aria "Dammi o sposa", ibid., Vm. 4-914.
La comedia in comedia, dramma giocoso di G. Barlocci "romano" dalla omonima commedia di C. A. Pelli, dedica di A. Valle alla contessa Giulia Massimi Petroni (Roma, teatro Valle, 8 genn. 1738; poi Firenze, teatro di via del Cocomero, autunno 1741; Parma, teatro Nuovo degli Erranti, 1747; Bologna, teatro Formagliari, 1748; Londra, teatro Haymarket, 1748: libretto riveduto da F. Vanneschi; Vienna, teatro Imperiale, 1748; Venezia, teatro Tron di S. Cassiano, carnevale 1749; Monaco di Baviera, Residenz Theater, 1749; Milano, coll. Longone, carn. 1752 e 1766; Fano, teatro S. Costanzo, maggio 1757). Rimangono alcune arie - The favourite songs in the opera called La comedia in comedia, London 1749: Londra, British Library, G.805.r.(2). Rappresentata ancora, con l'inserzione di musiche di B. Galuppi e con il titolo L'ambizione delusa (Venezia, teatro Tron di S. Cassiano, carnevale 1744 e 1745; Genova, teatro del Falcone, primavera 1744; Milano, teatro Ducale, primavera 1745 ed estate 1746); ridotta ad intermezzo e con il titolo La donna superba (Parigi, Acad. royale de musique, 19 dic. 1752; partitura Parigi, Bibl. de l'Opéra); infine come intermezzo dal titolo Il vecchio amante (Torino, teatro Carignano, primavera 1748; Pesaro, teatro del Sole, genn. 1755). Rimane l'aria "Così mi piacete", Parigi, Bibl. nazionale, Vm. 7-152.(13).
Vologeso re de' Parti, dramma per musica di G. E. Luccarelli da Lucio Vero di A. Zeno, dedica di G. Polvini Faticonti a Carlo Edoardo principe di Galles (Roma, teatro della Torre Argentina, gennaio 1739; poi Malta, 1740; Terni, autunno 1745; Pistoia, teatro degli Accademici Risvegliati, carnevale 1749). Rimangono alcune arie: "Nell'orror di notte oscura" (Genova, Bibl. d. Ist. mus. N. Paganini: A.7.17), "Dal sen del caro sposo", "Ombra che pallida", "Benché turbar si veda", "Luci belle più serene", e "Vò sperar" (Londra, British Library, Add. 31601 e 31602), "Leon che i propri figli", "Pensa ben mio", "Che timoro" e "Son qual legno" (Parigi, Bibl. nazionale, Vm. 4-906, 918, 919 e Vm. 7-145); il duetto "Non pensar idolo mio" (Firenze, conservatorio "L. Cherubini", D.1617); inoltre, altre arie alla Bibl. du Conservatoire di Bruxelles e alla Sächsische Landesbibliothek di Dresda.
Famace, dramma per musica di A. M. Lucchini da Goldoni, dedica dell'impresario D. Lalli a don Fernando de Baeza Manrrique di Lara Vezentelo e Silva (Venezia, teatro S. Giovanni Grisostomo, autunno 1739).
La libertà nociva, dramma giocoso di G. Barlocci, dedica di A. Valle alla marchesa M. Virginia Patrizi (Roma, teatro Valle, 17 genn. 1740; poi a Genova, primavera 1742; Firenze, teatro di via del Cocomero, autunno 1742; Bologna, teatro Formagliari, carn. 1743; Venezia, teatro Tron di S. Cassiano, autunno 1744; Milano, teatro Ducale, primavera 1746; Torino, teatro Carignano, carnevale 1747; Roma, teatro Argentina, 1749). Rimangono alcune arie: "Chi vidde mai" e "Pallido e mesto in volto", (Parigi, Bibl. nazionale, Vm. 4-916 e 920) e il duetto "Ascoltami o caro" (Londra, British Library, Add. 31596).
Catone in Utica, dramma per musica di P. Metastasio, dedica alla nobiltà di Portogallo (Lisbona, teatro Novo da Rua dos Condes, 1740; Milano, teatro Ducale, genn. 1748 "con musica tutta nuova di Rinaldo Capua"). Rimane la partitura ms. dell'edizione del '48 (Lisbona, Bibl. da Ajuda, 47.VI.14) e l'aria "Un certo non so che" (Bruxelles, Bibl. du Conservatoire de musique, 4693).
Ipermestra, "drama para musica" di P. Metastasio (Lisbona, teatro Novo da Rua dos Condes, 1741).
Didone abbandonata, dramma per musica di P. Metastasio (Lisbona, ibid., 1741).
La forza della pace, intermezzi a tre voci di G. Aureli, dedica di G. Puccinelli a Marianna della Vetera Bonechi (Roma, teatro della Pace, carnevale 1742; ivi replicata nel 1751 e 1752).
Li finti pazzi per amore, farsetta a quattro voci di T. Mariani, dedica dell'impresario G. B. Cola a Olimpia Barberini duchessa di Cirifalco (Roma, ibid., carnevale 1742 e ivi replicata nel 1770). Rimane la partitura: Roma, Archivio Doria Pamphili.
Le nozze di don Trifone, intermezzi a quattro voci di N. G. Neri (Roma, teatro di Torre Argentina, 12 genn. 1743).
Turno Herdonio Aricino, dramma per musica di S. Stampiglia, dedica alla nobiltà (Roma, teatro Capranica, 11 febbr. 1743).
L'ambizione delusa (vedi sopra La comedia in comedia del 1738).
Il bravo burlato, intermezzo a tre voci di A. Pavoni (Roma, teatro della Pallacorda, 1745; poi ibid., teatro degli Intrepidi, 1749; Gubbio, teatro de' Nobili, carnevale 1757). Successivamente replicato, con talune modifiche e con il titolo Ilcapitano napoletano (Firenze, teatro di via del Cocomero, primavera 1756) e con il titolo Ilcapitan Fracasso (Stoccolma, teatro Reale, 1768). Rimane la partitura della replica svedese del '68 nella Bibl. del Teatro Reale di Stoccolma (cfr. Bostian, p. 24).
La Forza del sangue, intermezzo di F. Silvani (?) (Roma, teatro della Pallacorda, 1746).
Il bravo e il bello, intermezzo a tre voci dedicata alla principessa Teresa Odescalchi Caracciolo di Santobono (Roma, teatro de' Granari, 1748).
Il vecchio amante (vedi sopra La comedia in comedia del 1738).
Mario in Numidia, dramma per musica di Giampietro Tagliazucchi (Roma, teatro delle Dame, gennaio 1749). Rimangono alcune arie ("Deh, se pietà": London, British Library, Add. 31597; "Da quel labro", "Ahi si pietà" "Al mio cor" e "Fui lieto ancor": Parigi, Bibl. nazionale, Vm. 4-908, 911, 912-913, 917; "Saggio nocchier s'ammira" e il duetto "Vanne, addio", "Più non provo alcun ritegno": Napoli, cons. "S. Pietro a Maiella", 22.3.20); altre arie infine presso la Staatsbibliothek. di Monaco. Questo dramma venne probabilmente replicato a Roma nel 1770: alla fine di un'aria conservata presso l'ist. "N. Paganini" di Genova ("Da quel labro": B.2b.62. A.1.18) troviamo infatti scritto "Alle Dame 1770".
Il ripiego in amore, farsetta di A. Luigi, dedica di A. Luigi e G. Puccinelli a Valerio Publicola Santa Croce grande di Spagna (Roma, teatro Valle, carnevale 1751; poi a Bologna con titolo Ilripiego in amore di Flaminia finta cameriera e Turco, teatro Marsigli Rossi, gennaio 1757).
Il cavalier Mignatta, intermezzi a tre voci, dedica di F. Vandoni a Faustina Mattei Orsini Santa Croce duchessa di Paganica (Roma, teatro Capranica, carnevale 1751; poi a Montepulciano, teatro dell'Accademia degli Intrigati, 1756; Lucca, teatro Pubblico, carnevale 1763; Padova, 1775); rimane la partitura: Roma, Bibl. Casanatense. Sei brani vennero ripresi e rielaborati per La zingara.
Il galoppino, intermezzi a tre voci di A. Pavoni (?), dedica di F. Vandoni "a tutta la nobiltà" (Roma, teatro Capranica, carnevale 1751).
Gli Impostori, opera in musica (Modena, teatro Ducale, 1751). Rimane la partitura: Modena, Bibl. Estense, Mus. F. 138.
La Donna superba (1752; vedi sopra La comedia in comedia).
La serva sposa, intermezzi a tre voci, dedica dello stampatore M. Silvestri alla marchesa Camilla Raggi Crescenzi (Roma, teatro Valle, carnevale 1753). Rimane l'aria "Sbagliate sior conte": Napoli, cons. "S. Pietro a Maiella", 22.3.20.
L'Amante deluso, farsetta a tre voci di A. Pavoni, dedica dell'impresario F. Bacchelli alla contessa Drusilla Strozzi Bonaccorsi (Roma, teatro di Tordinona, maggio 1753).
La zingara, intermezzo in due parti (Parigi, Académie royale de musique, 19 giugno 1753; poi Pesaro, teatro del Sole, gennaio 1755; Magonza, 1758; York, ottobre 1763, forse con il titolo The Fortune teller). Rimane la partitura: Parigi, Bibl. dell'Opéra. Sei arie "Ho ragione, si signore", "Si, caro ben sarete", "Amor, oh che diletto", "Perfidi che volete", "Ogni tromba, ogni tamburo", "Tu non pensi" e il recitativo "O voi possenti Numi" sono riadattamenti di brani tratti da Ilcavalier Mignatta. Sempre a Parigi, successivamente, vennero eseguiti due adattamenti di questo intermezzo: La bohèmienne, "Pièce en deux actes et en vers, mélée d'ariettes: Pariodée de la Zingara... représentée sur le Théâtre de la Foire St. Laurent... le 14 juillet 1755", testo di Moustou e musiche di C. F. Clément rielaborate dal D. ed altri compositori; e La Bohèmienne, "comédie en deux actes et en vers, meslée d'ariettes, traduite de La Zingara ... représentée ... le 28 juillet 1755";musica di Ch. S. Favart del D. ed altri. Quest'ultima replicata poi a Bruxelles e Liegi, 1756;L'Aja e Vienna, 1758, con il tit. L'egyptienne; Norimberga, febbraio '63;Francoforte e Dresda, rispettivamente il 5 aprile e il 1º maggio 1764;Stoccolma, ottobre '68; Varsavia, settembre '78;Göteborg, aprile '83; Mosca, '88, con il tit. Le tzigane. Rimane la partitura nelle più importanti biblioteche del mondo: in Italia, alla Bibl. nazionale di Torino e presso il conservatorio di Bologna.
La chiavarina, intermezzi a tre voci, dedica di A. Luigi e G. Puccinelli al marchese Giulio Sinibaldi (Roma, teatro della Pace, carnevale 1754).
Attalo, dramma per musica di Cleofante Doriano P. A. [conte Ant. Papi], dedica a Livia Borghese Altieri (Roma, teatro Capranica, febbraio 1754).
La smorfiosa, intermezzi a tre voci, dedica di A. Luigi e G. Puccinelli alla marchesa Margherita Sparapani Gentili (Roma, teatro Valle, carnevale 1756; poi a Firenze, teatro di via del Cocomero, carnevale '58; Lucca, teatro Pubblico, carnevale '62;Faenza, carnevale '63).
Il capitano napoletano (1756: vedi sopra Il Bravo burlato).
Adriano in Siria, dramma per musica di P. Metastasio (Roma, teatro Torre Argentina, 2 genn. 1758). Rimane la partitura: Lisbona, Bibl. da Ajuda, 44-IV.40. a 42, e le arie "Se non ti moro al lato": Londra, British Library, Add. 31653 e "Disperato in van m'affanno", Parigi, Bibl. nazionale, Vm 7-144.
Le donne ridicole, intermezzo a quattro voci forse da Le virtuose ridicole di Goldoni, dedica di G. Balestra alla principessa F. Barberini Corsini (Roma, teatro Capranica, gennaio 1759).
Il Caffè di campagna, farsetta a quattro voci da P. Chiari, dedica alla principessa Cecilia Mahony Giustiniani (Roma, teatro della Pace, carnevale 1764). Rimane la partitura ms. del I atto: Lisbona, Bibl. da Ajuda, 44.IV.43.
La donna vendicativa e l'erudito spropositato, intermezzo a quattro voci dell'ab. A. Pioli, forse da Goldoni, dedica degli impresari O. Vignati e N. Saichelli alla principessa Ippolita Boncompagni Ludovisi Rezzonico (Roma, teatro della Pace, carnevale 1771. Probabilmente la ripresa di una rappresentazione avvenuta a Venezia nel 1740 o a Roma nel 1742). Rimane la partitura ms. del I atto: Londra, British Library, Add. 16116.
La Giocondina, intermezzo a quattro voci di D. O., dedica alla principessa Camilla Riario Gabrielli (Roma, teatro della Pace, carn. 1778. Secondo il Dent, si tratterebbe di una replica, dopo la morte del compositore, di una rappresentazione avvenuta molti anni prima).
Cantate (eseguite tutte, tranne la prima, al collegio "Nazareno" di Roma su testo del padre Gian Luca Bandini. Salvo indicazioni contrarie, le partiture sono conservate presso l'Archivio generale delle Scuole pie a S. Pantaleo, mentre i libretti si trovano presso la Biblioteca del "Nazareno"). Cantata a cinque voci (partitura della Iª parte a Parigi, Bibl. naz.: Vm. 7-85); Cantata per la Natività della Beata Vergine a tre voci (9 sett. 1753; inc. "E qual maligna è questa"); Cantata per la Natività a tre voci (15 sett. 1754; inc. "Dunque a me si contende"); Cantata per la Natività a tre voci (7 sett. 1755; inc. "Si' del cumeo presagio"); Cantata per la Natività a tre voci (12 sett. 1756; inc. "Dunque ognor per noi s'addensa"); Cantata per la Natività a tre voci (11 sett. 1757; inc. "Già partì dal gran fonte"); Il pontefice Jaddo, cantata a quattro voci (10 sett. 1758; inc. "Perché si mesti in volto"); Cantata per la Natività a tre voci (7 sett. 1760; inc. "Nè ancor giunse il Giordano": rimane solo il libretto); Elia al Carmelo, cantata a tre voci (13 sett. 1761; inc. "Strani eventi son questi"); L'Arca del Testamento, cantata a tre voci (11 sett. 1763; inc. "Signor, de' vasti tuoi ...": solo il libretto); Eva riparata, cantata a tre voci (15 sett. 1765; inc. "Ove fuggo infelice?"); L'angelo di Tobia, cantata a tre voci per il triduo di s. Giuseppe Calasanzio (17-19 sett. 1768; inc. "Non chiedermi di più").
Del D. rimangono inoltre le seguenti composizioni: l'oratorio La Visione di Ezechiello (menzionato solo dallo Schmidl e dall'Enc. d. spettacolo); una cantata per soprano e basso continuo Scoglio, ch'in mezzo all'onde (Londra, British Library: Add. 14226); il Componimento drammatico "da cantarsi per l'elezione dell'augustissimo Francesco I Imperator de' Romani, e per solennizzare il glorioso nome della Sacra Real Cesarea Maestà della Regina d'Ungheria e Boemia" (Roma, 1745, libretto di Gioacchino Pizzi: Bologna, Bibl. d. Conservatorio), alcune sinfonie (in re magg.: Basilea, Bibl. universitaria, Kr.IV.53; in re magg., in re min. e in la magg.: Vienna, Gesellschaft der Musikfreunde; in la magg. e in re magg.:Dresda, Sachsische Landesbibl., 3041 nn. 2 e 3); alcune ouvertures (Roma, Arch. S. Pantaleo: Reg. M.n. 33b; Bruxelles, Bibl. du Conservatoire: 8136; Dresda, Sachsische Landesbibl.: 3041/N/1), Bassetti per violoncello e Cimbalo ... Op. XXII (Napoli, Cons. "S. Pietro a Majella": Oc. 3.9); alcune arie delle quali non si conosce l'opera di provenienza: "Sento che l'alma" e "Torna agli affetti" (Firenze, Bibl. d. Conservatorio: D. 105 e D. 1617); "Fingo per mio diletto", "Finché nel mio sembiante" e "Adesso è bizzarria" (di 'Rinaldino': Roma, Bibl. Corsiniana, Musica M 15/2); "Povero genitore" (Parigi, Bibl. naz., Vm. 4-909-910).
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