RINALDO di Montalbano
Cavaliere dell'epica francese, divenuto eroe popolarissimo nella letteratura italiana.
R. appartiene alla grande "gesta" dei Narbonesi; la sua stirpe fa capo a Garin de Monglane, il terzo capostipite, accanto a Carlo Magno e a Doon de Mayence, di tutta l'epopea francese. Egli porta le caratteristiche della sua fecondissima famiglia, soprattutto il coraggio e la dura disciplina che le derivano dalle lotte aspre e continue contro i Saraceni, da cui è sempre minacciata, nella sua terra di confine e di avanguardia della "dolce Francia ". Nelle prime Chansons de geste in cui compare, la figura di R. partecipa delle vicende comuni a cui sono esposti i suoi numerosi fratelli: soprattutto un'esperienza feudale, severa, marziale, che ha imparato a conoscere il rigore paterno e la sacra obbedienza al re di Francia, ma che non ignora la rivolta orgogliosa e l'affermazíone della propria indipendenza. Nel poema dei Narbonnais (la cui composizione risale verso il 1210), R. con altri due dei suoi sette fratelli offre i proprî servigi a re Carlo, per ritornare poi a difendere le proprie terre, ancora una volta assalite dai secolari nemici. Insieme con i suoi, R. è ritratto nella sua vita eroica in altri poemi (Guibert d'Andrenas; Prise de Cordre et de Sébille; Siège de Barbastre, ecc. - tutti della fine del sec. XII e dei primi anni del successivo), sempre in forma episodica e slegata, che non giunge mai a tracciare una lunga e compiuta azione biografica. Via via che ci s'inoltra nel sec. XIII, la figura di R., al pari e più degli altri fratelli, si circonda di romanzesco e di bizzarro: si viene a costituire una fisonomia particolare del cavaliere valoroso e prepotente, un po' avventuroso e scaltrito dalla ricca conoscenza di uomini e di terre, che perfino osa gabbare e sostituire sul trono il suo grande imperatore. L'immaginazione dei cantastorie italiani, francoveneti prima e poi specialmente toscani, ha dato a questa vita epico-romanzesca una autonomia e una continuità singolari. R. è il signore di Montalbano, è cugino di Orlando, è il migliore rappresentante della forte e leale casa di Chiaramonte, quella che si contrappone alla perfidia dei Maganzesi. Parecchi cantari in ottava rima e qualche ampia compilazione in prosa (Storia di Rinaldo; Rinaldo di Montalbano, del sec. XIV; Storia di Rinaldino da Montalbano; Storie narbonesi, ecc.) ne fissano e tramandano il temperamento esuberante e impulsivo, intelligente e a volte furbesco, sempre generoso anche se non sempre disinteressato, pronto a punire l'odiato Gano di Maganza e a ribellarsi all'ormai senile impero di Carlomagno. Nel Morgante del Pulci R., insieme con i suoi fratelli, entra largamente, già segnato nel tipo tradizionale, con quel misto di vigoroso e di spregiudicato in cui si era stilizzata la sua figura: siamo all'ultimo stadio della poesia popolareggiante. Viceversa col Boiardo, nell'Orlando innamorato, anche R. subisce la trasformazione in senso cortese e lirico, contrapponendosi a Orlando per valore d'armi e per ardore di passione, e accomunato nella stessa alternativa di amore e odio verso Angelica. Sotto queste spoglie trapassa nell'Orlando Furioso dell'Ariosto. Ma la vitalità poetica della sua figura non si smorza, ché è ripreso in opere autonome, come in un Rinaldo ardito, poema noioso e incolore, una volta attribuito senza alcun fondamento all'Ariosto. Il Tasso ne ha conservato il nome e qualche caratteristica nella Gerusalemme liberata, ma con una rielaborazione del tutto individuale e con una fisionomia umana più accentuata; in un poema a parte, intitolato appunto Rinaldo, il Tasso stesso aveva inoltre realizzato, diciottenne, la prima esperienza epica; in quest'opera giovanile l'artista sviluppava, accanto alle altre avventure, quella pur sentimentale degli amori di R. con Clarice. Alcuni momenti della vita cavalleresca, avventurosa e amorosa di R. furono ripresi dal grande teatro spagnolo, spesso per il tramite della letteratura italiana: Las probezas de Reinaldos di Lope de Vega, La casa de los celos y selvas de Ardenia di Cervantes, fino a El mejor Par de los Doce di Matos Fragoso e Moreto y Cabaña.
Bibl.: J. Bédier, Les légendes épiques, 3ª ed., I, Parigi 1926. Per la fortuna di R. in Italia: P. Rajina, in Propugnatore, III, i (1870), p. 213 segg. e ii, p. 58 segg.; id., Frammenti di un'edizione sconosciuta del R. da M. in ottava rima, in Bibliofilia, IX (1907-1908), p. 132 segg. Per il resto, cfr. V. Rossi, Il Quattrocento, 2ª ed., Milano 1933, p. 414 e passim.