Rinascimenti medievali
Rinascimenti medievali in senso stretto sono quelli del diritto e della filosofia, nel secolo 12°, perché il diritto che si riprese a studiare era quello romano, codificato dall’imperatore Giustiniano, e la filosofia tornata in auge era quella greca, in particolare Aristotele. Non manca perciò una certa giustificazione ad accostare questi movimenti culturali al Rinascimento propriamente detto, almeno in quanto questo venga configurato soprattutto, il che è solo in parte vero, come l’età che ha fatto rinascere la civiltà della Grecia e di Roma antiche. Il ≪rinascimento del secolo XII≫ è stato presentato dallo storico inglese C.H. Haskins, in un suo libro del 1928, addirittura in posizione concorrenziale rispetto a quello propriamente detto. Questa contrapposizione è stata alimentata anche da pregiudizi nazionalistici. Nonostante la parte non irrilevante che vi ebbe Bologna per ciò che riguarda lo studio del diritto, il ≪rinascimento del secolo XII≫ è stato spesso visto come un fatto prevalentemente francese per la parte che vi ebbero alcune scuole cattedrali della Francia settentrionale negli studi non solo filosofici, ma anche letterari, mentre il Rinascimento del secolo 15° è stato sempre considerato, e sarebbe stato difficile fare altrimenti, una gloria italiana. Altro rinascimento medievale e quello promosso dal semianalfabeta Carlomagno, che, desideroso di migliorare il livello dell’istruzione del clero, anche a fini politici, e di dotare le chiese del suo impero di libri liturgici chiaramente leggibili e corretti, riunì intorno a sé gli ecclesiastici più eruditi del tempo e affidò loro l’incarico di rimettere in onore, anzitutto, la grammatica e la sintassi, tenendo presenti come modelli gli autori della buona latinità. Questi sforzi e altri consimili, che hanno in comune fra loro il desiderio di ristabilire un contatto diretto con l’uno o con l’altro aspetto dell’antichità, di là da uno iato di cui si aveva oscuramente coscienza, e furono rivolti consapevolmente alla restaurazione del passato, non si limitarono al solo campo degli studi. Il programma per un governo politico-religioso del mondo, elaborato nella cerchia dei consiglieri dell’imperatore Ottone III, consisteva in una renovatio imperii romanorum. La certezza che, in termini di città terrena, il tempo che doveva trascorrere fra la Redenzione e il Giudizio finale appartenesse di diritto alla quarta e ultima delle monarchie universali del sogno di Nabucodonosor, cioè l’impero romano, non impediva che si auspicasse per esso un ritorno ai principi, una renovatio, un ≪rinnovamento≫. Anche il mondo pagano aveva conosciuto, in forme diverse, l’attesa di un rinnovamento (ritorno alla mitica età dell’oro ecc.), ma ora il modello di queste attese collettive era offerto prevalentemente dal postulato neo-testamentario del rinnovamento, o nascita a nuova vita, dell’uomo interiore, elemento fondamentale dell’esperienza cristiana. Il concetto di ≪rinascimento≫ ha, dunque, piena cittadinanza nel Medioevo. Il constatarlo non pregiudica né in un senso né nell’altro l’apprezzamento di ciò che il Rinascimento del secolo 15° ha prodotto di nuovo nella civiltà medievale. Quanto ai ≪rinascimenti≫ cronologicamente medievali, essi coincidono con i periodi più originali e creativi del Medioevo medesimo, ma il rapporto che essi stabiliscono con l’antichità classica è sempre ristretto a un campo determinato (la grammatica, il diritto, la filosofia), e non è comunque mai tale da diventare, come nel Rinascimento propriamente detto, l’elemento costitutivo di una nuova concezione del mondo. Diversi dai rinascimenti medievali sono i momenti di ripresa, soprattutto economica, che vengono impropriamente battezzati come tali e che, per lo più, non coincidono con quelli che abbiamo definito come i periodi più creativi del Medioevo. Economicamente parlando, il Medioevo non è un periodo unitario - e, del resto, lungo com’è, tale non può dirsi sotto alcun riguardo -, ma è diviso in una fase di recessione (secc. 3°-9°) e in una fase di espansione (secc. 10°-14°). Orbene, la gravissima crisi, seguita da un lungo periodo di stagnazione, che segnò il brusco punto d’arresto della fase espansiva, coincide esattamente con le prime manifestazioni della cultura umanistico-rinascimentale. Nel 1348, anno della grande epidemia di peste che si abbattè su una popolazione indebolita dalle carestie degli anni precedenti, Francesco Petrarca, che aveva quarantaquattro anni, era nel pieno della sua prodigiosa attività intellettuale. Proprio per dare risalto a questa sfasatura, gli storici economici amano parlare di un ≪rinascimento dell’economia nel secolo 10°≫. Si noti che, per la storiografia tradizionale, questo secolo è uno dei più ≪oscuri≫ dell’intero Medioevo. Ma in questo caso l’uso del termine ≪rinascimento≫ è chiaramente metaforico. Sta per ≪ripresa≫. Resta però aperto il problema, che è di sostanza (e non semplicemente terminologico o relativo alla pura sfera del periodizzamento), di una civiltà rinascimentale che ha alle spalle un’economia in crisi o, tutt’al più, stagnante.
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