rinascimento nucleare, sospensione del
rinasciménto nucleare, sospensióne del. – All’inizio del 2011 erano in funzione nel mondo 442 reattori nucleari in 30 paesi. Una ventina di questi paesi appartenevano all’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e possedevano più dell’85% della potenza nucleare mondiale in esercizio (circa il 50% in soli tre paesi: Stati Uniti, Francia e Giappone). La diffusione dell’energia nucleare è piuttosto ridotta e non sta crescendo dagli anni Novanta del 20° sec., tuttavia laddove il nucleare è presente il suo peso nel settore elettrico è considerevole. Le prospettive dell’uso di questa fonte sono incerte, soprattutto dopo il gravissimo incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima dell’11 marzo 2011 (v. Fukushima, catastrofe di). Da un lato, infatti, l’incremento delle preoccupazioni per i cambiamenti climatici e la ricerca di mezzi di produzione di energia elettrica a bassa o nulla emissione di carbonio ha dato una forte spinta a riprendere in considerazione questa fonte, entrata in crisi dopo l’incidente alla centrale russa di Černobyl’ nel 1986. Quasi tutti i documenti elaborati negli ultimi anni da agenzie o centri di studi specializzati (in partic. dall’IEA, International energy agency) assegnavano a questa fonte un ruolo centrale nelle politiche di riduzione delle emissioni. Inoltre alcuni paesi avevano manifestato un forte interesse a intraprendere o a riprendere il cammino della costruzione di centrali nucleari, tanto che si è cominciato a parlare di rinascimento nucleare: a fine 2004 i reattori in costruzione erano 26, e a inizio 2011 il loro numero era salito a 64 (di cui 27 in Cina, 11 in Russia, 5 in India e 5 nella Corea del Sud). D’altro canto, però, l’incidente alla centrale di Fukushima ha risvegliato le preoccupazioni del pubblico per la sicurezza di questi impianti e per le conseguenze di eventuali incidenti. Importanti paesi oltre al Giappone, che ha sospeso i piani di sviluppo del nucleare, hanno stabilito la pianificazione dell'accantonamento dell'energia nucleare: per es., la Germania ha confermato il programma del suo abbandono definitivo entro il 2022; la Svizzera ha fermato tre progetti di centrali già in fase di approvazione; il Belgio ha stabilito il piano per lo spegnimento graduale dei suoi sette reattori in attività; l'Italia attraverso un referendum popolare (2011) ha bloccato la pianificazione della ripresa dei programmi nucleari; la stessa Francia, leader mondiale nella percentuale di energia elettrica da nucleare (77%), ha manifestato secondo le dichiarazioni del nuovo presidente F. Hollande la volontà di ridurre questa dipendenza al 50% entro il 2025. In effetti, l’accettazione sociale della fonte nucleare è sempre stata problematica e i movimenti ambientalisti ne hanno fatto il bersaglio preferito delle loro battaglie fin dagli anni Settanta del 20° secolo. Il ripetersi di incidenti gravi, anche se distanziati nel tempo, e la mancata soluzione del problema delle scorie radioattive continuano a impedire all’energia nucleare di essere considerata come tutte le altre fonti e quindi scelta o abbandonata a seconda della sua convenienza economica. Peraltro altri paesi hanno confermato i piani di sviluppo del nucleare civile, in particolare Cina, Russia e India, che annoverano al 2012 il maggior numero – rispettivamente 26, 10 e 7 – dei 65 reattori in costruzione su scala mondiale (progetti dei quali soltanto 15 sono provvisti della data di connessione in rete). Un altro problema dell’energia nucleare riguarda il rischio di proliferazione: i paesi con un programma nucleare civile hanno un più facile accesso alle armi nucleari, qualora decidano di dotarsene (v. ). Questa preoccupazione geopolitica ha sempre condizionato soprattutto la politica statunitense, che ha cercato di favorire soluzioni tecniche meno proliferanti. Nell’ultimo decennio questo ha portato gli Stati Uniti a lanciare prima il Generation IV international forum (nel 2000) e poi la Global nuclear energy partnership (nel 2006) per sviluppare con la collaborazione internazionale reattori di quarta generazione che, oltre a essere più sicuri, siano anche più resistenti alla proliferazione. Tali reattori devono corrispondere a specifici requisiti, essenzialmente nelle seguenti aree: sostenibilità come capacità di soddisfare le esigenze attuali, rafforzando nel contempo la capacità di approvvigionamento delle future generazioni a tempo indeterminato, rendendo possibile la produzione di nuovi vettori energetici, quali l’idrogeno e, per quanto riguarda i reattori veloci, permettere sia l’utilizzo dell’uranio-238, sia una drastica riduzione dei rifiuti a lunga vita, utilizzando il plutonio e gli attinidi minori come combustibile; competitività ed economicità dei sistemi e dell’energia prodotta, con bassi rischi finanziari, attraverso innovazioni e semplificazioni progettuali per aumentare il ciclo di vita degli impianti, ridurne le dimensioni, abbassare i costi di esercizio e del combustibile, ridurre le incertezze e i rischi economici, attraverso lo sviluppo di impianti modulari; sicurezza e affidabilità, attraverso una consistente progettazione, per minimizzare la gestione e le conseguenze incidentali e al fine di ridurre le necessità di evacuazione della popolazione; resistenza alla proliferazione e protezione fisica, con interventi progettuali innovativi, misure e mezzi per controllare e gestire in sicurezza il materiale nucleare, per prevenirne il potenziale uso bellico e proteggere gli impianti da atti di sabotaggio o terrorismo. Sulla base di questi criteri, sei sistemi sono in fase di sviluppo tecnologico, di cui tre reattori veloci, raffreddati rispettivamente a sodio, piombo e gas, per la chiusura del ciclo del combustibile con la trasmutazione degli attinidi, e tre reattori termici per usi specifici, tra i quali il reattore ad alta temperatura destinato principalmente alla produzione di calore ad alta temperatura per la gassificazione del carbone e la produzione di idrogeno, quale nuovo vettore energetico. I primi prototipi dei reattori di quarta generazione sono previsti a partire dal 2020, mentre la piena maturità industriale è attesa nella seconda metà del secolo.