Rio de Janeiro, conferenza di
Rio de Janeiro, conferènza di <rìu dħe ʃ̌ḁnèiru ...> (it. <rìo de ʃ̌anèiro ...>). – La conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 viene ricordata come un momento di grande rilevanza per lo sviluppo dei rapporti tra l’uomo e l’ambiente, tanto che alcune successive conferenze internazionali sullo stesso argomento si sono ispirate, fin nel nome, al clima vissuto allora nella città del Brasile (ricordiamo le conferenze tenutesi a distanza di 10 anni denominate Rio + 10 e Rio + 20). Attraverso la piena adozione del principio dello sviluppo sostenibile, venne lanciato a Rio l’allarme sugli effetti nocivi dell’attività umana sull’ambiente, aprendo il campo a una riflessione allargata sul tema delle interazioni tra ecosistemi e comunità umane che avrebbe coinvolto, negli anni successivi, non solo la classe politica, ma la stessa opinione pubblica internazionale. Il successo dell’evento fu immediatamente evidente nell’attenzione che riscosse presso governi e organismi internazionali, grazie ai quali il dibattito scientifico sullo sviluppo sostenibile si tradusse ben presto in dibattito politico finalizzato all’adozione di strategie concertate per la salvaguardia degli ecosistemi. Infatti, lo sforzo di andare oltre la semplice enunciazione dei problemi e il tentativo di fissare principi utili a perseguire efficacemente l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile produssero a Rio alcuni documenti di grande valore scientifico e politico, che rappresentarono veri e propri atti di responsabilizzazione comune su alcune questioni ambientali di interesse generale. Tra questi Agenda 21, la Convenzione sulla biodiversità, l’Accordo sugli stock ittici, la Dichiarazione sulle foreste. Alla conferenza di Rio de Janeiro maturarono inoltre impulsi decisivi riguardanti gli agenti chimici tossici (divieto di esportazione dei rifiuti tossici da paesi industrializzati a paesi poveri ed eliminazione delle sostanze chimiche nocive) e l’ozono (messa al bando definitiva dei clorofluorocarburi). Il documento più importante tra quelli approvati fu però la Convenzione sul cambiamento climatico, dedicata alla riduzione delle emissioni di gas serra, e seguita qualche anno più tardi da una legge attuativa nota come Protocollo di Kyoto, firmata nel dicembre 1997 da 84 paesi, ma entrata in vigore solo nel febbraio 2005, con la quale sono stati fissati precisi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra specifici per ogni paese industrializzato (esentando però da ogni impegno alcuni grandi paesi come la Cina e l’India). Il Protocollo di Kyoto è stato per molti anni al centro del dibattito sull’ambiente, senza tuttavia produrre i risultati sperati a causa sostanzialmente delle differenti vedute circa la ripartizione degli oneri derivanti da una seria azione concertata di riduzione delle emissioni (che nei paesi più avanzati avrebbe comportato drastiche scelte di riconversione industriale). L’appello lanciato a Rio a integrare le questioni ambientali e sociali nelle politiche di sviluppo economico in un’ottica di prevenzione mirava a valorizzare quelle impostazioni di ricerca basate su un approccio integrato allo studio delle società umane, cioè sull’analisi delle interazioni congiunte tra popolazioni, economie, ambienti e culture. Come conseguenza, lo stimolo a esplorare le potenzialità di nuove categorie interdisciplinari ha prodotto novità rilevanti: l’integrazione di conoscenze e metodologie sviluppate in ambiti disciplinari diversi, ma suscettibili di confluire in un corredo comune sia alle scienze della natura che alle scienze dell’uomo. La stessa revisione del concetto di sviluppo umano operata negli ultimi anni dalle Nazioni Unite può ricondursi alle argomentazioni di fondo che hanno ispirato alcuni dei principi dichiarati a Rio: tendenza a un approccio integrato che tenga conto dei condizionamenti reciproci tra fenomeni economici, demografici, ambientali e culturali; riconoscimento dell’importanza delle diversità locali per la definizione di politiche adatte allo specifico contesto di applicazione.