riparazione
L’azione di riparare, il fatto di venire riparato, il modo stesso con cui si effettua e il risultato, con riferimento a danni, mali, offese, difetti materiali e morali. In particolare, indennizzo dovuto da uno Stato a un altro, in seguito a una guerra svoltasi tra essi, come risarcimento per le perdite subite.
La sconfitta bellica ha spesso portato con sé il pagamento di indennità al vincitore per ‘riparare’ ai danni provocati dalla guerra, fin dall’epoca antica. Per es. Brenno, dopo avere vinto i Romani, richiese un ammontare di oro pari alla sua pesante spada per andarsene da Roma. In epoca contemporanea, il riferimento più immediato è alla drammatica vicenda dell’indennità richiesta alla Germania da parte degli Alleati alla fine della Prima guerra mondiale. Fu l’unica volta in cui il risarcimento non venne quantificato in un modesto ammontare da pagare in breve tempo: a partire da uno dei 14 punti del Trattato di Versailles (1919), si insediò una commissione a Berlino che si propose di calcolare l’ammontare delle r. non in base alla capacità di pagare della Germania sconfitta, ma in base alla stima dei danni arrecati. La commissione stabilì un totale che era pari a 6 volte il reddito nazionale tedesco, una richiesta esorbitante e impossibile da soddisfare. Seguirono complesse trattative tra il governo tedesco e la commissione, che portarono all’invasione della Ruhr da parte di truppe francesi e belghe e alla resistenza passiva della Germania, che lasciò correre l’inflazione fino alla completa rovina del marco nell’ottobre 1923. Giunse allora in Europa una delegazione americana, guidata da C. Dawes, con un piano di stabilizzazione del marco e un programma di pagamento delle r. a rate annuali. Per rimettere l’economia tedesca in funzione e dare riserve auree al nuovo gold standard (➔ aureo, sistema), che venne reintrodotto, prestiti americani affluirono alla Germania fino al 1928. Nel 1929 un altro americano, O. Young, sostituì il piano Dawes con un nuovo schema, che prevedeva la diminuzione delle rate annuali e un orizzonte fissato in 37 anni. Poiché, tuttavia, i capitali americani vennero a mancare e il mondo piombò nelle grave crisi del 1929, riuscì sempre più difficile alla Germania continuare i pagamenti, finché si arrivò nel giugno 1931 alla loro sospensione, che si tradusse poi nella fine dei risarcimenti; Hitler, infatti, una volta salito al potere, dichiarò che non avrebbe più pagato.
J.M. Keynes, rappresentante ufficiale del ministero del Tesoro inglese a Versailles, era sempre stato contrario a qualsiasi indennità che non fosse simbolica, perché riteneva che avrebbe aumentato l’amarezza degli sconfitti e dunque la probabilità che una nuova guerra venisse preparata per vendicare gli affronti subiti, come in effetti avvenne; a causa di questo dissenso si dimise dall’incarico ricevuto. L’impatto della vicenda sull’economia tedesca fu devastante, e anche il risultato finale dei pagamenti effettivamente effettuati dai tedeschi non poteva che essere irrilevante rispetto alla soluzione dei problemi dei Paesi che dovevano affrontare la ricostruzione, problemi che avrebbero dovuto essere fronteggiati con strumenti diversi, come si fece dopo la fine della Seconda guerra mondiale.