RIPARAZIONI di guerra (fr. réparations; ted. Reparationen; ingl. reparations)
Il principio di pagamenti da parte del vinto a favore del vincitore non è nuovo, risalendo esso alla più alta antichità. Ciò che si può considerare caratteristico dell'età moderna è in linea generale, che tali versamenti si presentano come rimborso delle spese di guerra e come riparazioni dei danni causati; sebbene anche di questa particolare concezione non manchino casi nell'antichità come, per es., nella guerra tra Samo e Atene del 440-439 a. C., in cui Samo dovette pagare ad Atene le spese dell'assedio che aveva dovuto subire.
Allo sviluppo moderno di detto principio, che col sec. XVIII tende a divenire parte inscindibile di ogni trattato di pace, hanno senza dubbio contribuito le dottrine mercantiliste, siccome quelle che attribuivano grande importanza ai passaggi di moneta fra i paesi e servirono a formare della nazione una concezione anche di entità economica. Il principio delle indennità, che al mercantilismo idealmente per molta parte così si ricollega, è sopravvissuto al tramonto del mercantilismo stesso. Le esperienze relativamente recenti si sono avute nelle guerre derivate dalla rivoluzione francese. Napoleone Bonaparte già nella sua prima campagna d'Italia si attenne rigorosamente alla norma del pagamento di somme da parte dei vinti. Non si concedono armistizî, non si concludono trattati di pace, se non sono fissati versamenti sia in moneta, sia in natura. Il Consolato e l'Impero continuarono la pratica del generale Bonaparte. I trattati di Badajoz e di Madrid del 1801, quelli di Presburgo del 1805, di Posen del 1806, di Parigi del 1808, solo per ricordarne alcuni, previdero pagamenti d'indennità. La caduta di Napoleone doveva riservare alla Francia uguale trattamento. Gli alleati vincitori imposero infatti nel 1815 un'indennità di 700 milioni di franchi. Il sistema assurse a pratica, e le guerre successive, tranne quella di Crimea, ebbero sempre il loro conto, che il vinto dovette liquidare. Così, dopo la sfortunata campagna del 1849, per il trattato di Milano al Regno di Sardegna fu imposto dall'Austria il pagamento di 75 milioni, e nel 1866 la Prussia fissò, agli stati tedeschi vinti, tributi per un ammontare complessivo di 220 milioni di lire oro. Se si esce dal campo europeo, si trovano numerosi casi d'indennità nei confronti dei paesi dell'America, dell'Asia e dell'Africa, imposti da stati del continente europeo.
L'indennità, che per la gravità del suo ammontare, tenuta presente l'epoca della richiesta, si può ritenere il precedente diretto delle riparazioni imposte dalla pace di Versailles, è quella stabilita dal trattato di Francoforte del 1871. La Germania, con detto trattato, ottenne dalla Francia il pagamento di 5 miliardi di franchi, più 301 milioni d'interessi sui versamenti differiti giusta un piano concordato, che prevedeva la liquidazione totale del debito per il 1874. In realtà la Francia adempì alla sua obbligazione prima dello scadere del termine fissato, dando prova di forza e di abilità finanziaria. Sia le operazioni di raccolta di fondi all'interno, sia quelle di trasferimento di tali somme alla Germania furono compiute con rapidità. Per quanto riguardò la raccolta di dette somme si provvide con due prestiti, uno di circa un miliardo e mezzo nel 1871 e uno di 3 miliardi nel 1872, con un'anticipazione di lieve entità della Banca di Francia e con gli avanzi di bilancio degli esercizî 1872 e 1873. Riguardo ai trasferimenti, atteso che il trattato aveva fissato che i pagamenti dovevano essere effettuati in moneta metallica tedesca o francese o in lettere di cambio e per un tenue ammontare anche in biglietti della Banca di Francia, 125 milioni furono versati in biglietti, 600 circa in moneta metallica e 4248 in lettere di cambio. A un'operazione così vasta si può dire che tutto il mondo bancario europeo abbia partecipato. La fiducia nella potenza finanziaria della Francia, che dopo la sconfitta non aveva subito menomazioni, grazie anche al prestito Morgan (1870), favorì l'opera del governo. Furono aperti dal Tesoro francese uffici a Bruxelles, Amsterdam, Londra, Berlino, Amburgo, Francoforte per acquisti di lettere di cambio. I grandi investimenti francesi all'estero alimentarono sia i prestiti all'interno, sia gli acquisti delle lettere di cambio. Titoli stranieri in possesso di francesi furono venduti in Francia e all'estero.
Riparazioni derivate dalla guerra mondiale. - Il principio delle riparazioni fu affermato per la prima volta dagli Alleati nella dichiarazione del 30 dicembre 1916 sugli scopi della guerra e fu ribadito in quella del 10 gennaio 1917. Fu ripetuto da Poincaré al principe Sisto di Borbone in occasione delle trattative per la pace separata con l'Austria (31 marzo 1917) e fu definitivamente fissato dal Wilson come caposaldo per addivenire alla fine della guerra.
Riparazioni tedesche. - Le condizioni di pace notificate alla Germania il 5 novembre 1918 contenevano fra l'altro questa precisa affermazione: "i governi alleati intendono che la Germania dovrà risarcire tutti i danni arrecati alla popolazione civile degli alleati e alle loro proprietà in conseguenza dell'aggressione della Germania per terra, per mare e per aria". Il problema fu posto allo studio della conferenza della pace alla fine del gennaio 1919 e subito si presentarono le più opposte domande. Vi fu chi chiese la totalità delle spese determinate dalla guerra, chi andò oltre, pretendendo risarcimemi per perdite e danni derivanti dal fatto che la guerra era terminata improvvisamente, producendo gravi pregiudizî finanziarî, e chi con maggiore moderazione sostenne che le domande alleate si dovevano limitare alla restaurazione e alla riparazione dei danni causati alla popolazione civile delle regioni invase e ai suoi beni, e all'indennizzo completo del Belgio. Quest'ultima tesi rappresentò la base per l'elaborazione degli articoli 231 e 232 dd trattato di Versailles, per i quali, ritenuti la Germania e i suoi alleati "responsabili di tutte le perdite e di tutti i danni subiti dai governi alleati e dai loro cittadini" attese le risorse limitate del Reich, vennero richieste le riparazioni "per i danni causati alla popolazione civile di ciascuna delle potenze alleate ed ai suoi beni", le pensioni di guerra e il pagamento al Belgio di tutte le somme ricevute a prestito dai governi alleati sino all'armistizio. Il trattato di pace lasciava insoluti due problemi: 1. la fissazione dell'ammontare del debito tedesco da determinarsi da uno speciale organismo, la Commissione delle riparazioni; 2. la ripartizione fra i creditori dei versamenti tedeschi.
Il lavoro di soluzione del primo problema fu quello che caratterizzò, si può dire, tutta la vita economica internazionale del dopoguerra e che trovò fine solo nel giugno 1932 in virtù degli accordi di Losanna. Il principio francese delle riparazioni integrali, matematicamente cioè rispondenti ai danni arrecati, si presentò subito di difficile attuazione e le conferenze di Londra (marzo 1920), Sanremo (19-26 aprile 1920), Hythe (15-16 maggio 1920), Boulogne (21-22 giugno 1920; per la conferenza di Spa, v. sotto) cercarono invano di fare accogliere alla Francia il principio di una cifra a forfait. Vari piani sortirono dalla riunione di esperti finanziari di Bruxelles del dicembre 1920 e dalla conferenza di Parigi (24-29 gennaio 1921), che fissò il debito tedesco in 226 miliardi di marchi oro e lo comunicò al governo del Reich, invitandolo a rispondere entro un mese a Londra. Qui (10-7 marzo 1921) si manifestò violento l'urto fra la concezione alleata sulla capacità di pagamento della Germania e quella tedesca. E si ebbero sanzioni economiche e finanziarie, con lo stabilimento di una linea doganale degli alleati sul Reno, e l'occupazione di Duisburg, Ruhrort e Düsseldorf. Il 27 marzo la Commissione delle riparazion) rendeva noto che il debito tedesco per riparazioni ammontava a 132 miliardi di marchi oro.
Una nuova conferenza, a Londra (29 aprile-5 maggio 1921), fissò il cosiddetto "stato dei pagamenti", che per varî anni rimase il fondamento di discussione col Reich. In virtù sua fu stabilito come ammontare del debito la cifra calcolata dalla Commissione delle riparazioni oltre al rimborso dei prestiti fatti dagli alleati al Belgio. Il Reich era così tenuto ai seguenti pagamenti annuali: 1. una somma fissa di 2 miliardi di marchi oro; 2. una somma corrispondente al 25% del valore delle esportazioni tedesche in ogni periodo di 12 mesi a partire dal 1° maggio 1921 o eventualmente una somma equivalente da fissarsi in base a un altro indice; 3. una somma supplementare eguale all'1% delle esportazioni o eventualmente una somma equivalente. Le annualità, prendendo come estremi il valore delle esportazioni tedesche nel 1921 (circa 4 miliardi di marchi oro) e il valore prebellico (circa 10 miliardi) potevano quindi variare da 3,04 miliardi a 4,6 miliardi di marchi oro. Lo "stato dei pagamenti" trovò la Germania concorde nel ritenerlo superiore alla sua capacità e fu accettato come un'imposizione, in seguito all'ultimatum presentato dagli alleati il 5 maggio, accettato dalla Germania il 13. Due diverse tendenze si notarono circa il modo di dimostrare l'impossibilità dell'esecuzione. Vi erano alcuni, che, per provare coi fatti l'incapacità tedesca a provvedervi, erano fautori della politica dell'adempimento, altri invece ritenevano ogni s10rzo inutile e dannoso. La prima corrente trionfò e un primo versamento di un miliardo fu compiuto il 31 agosto 1921, in un momento nel quale la Francia, secondo le direttive di A. Briand, pareva disposta ad accordarsi direttamente con la Germania (colloquî di Wiesbaden, tra L. Loucheur e W. Rathenau, 12-13 giugno, 26-27 agosto e accordo tra i due per le riparazioni m natura, 6-7 ottobre 1921). Tale pagamento fu prova evidente dell'incapacità del Reich a sostenere un aggravio sì elevato. Il governo dovette ricorrere alle riserve accumulate dai privati e dagl'istituti di credito e sopperire alle differenze ingenti con crediti esteri. Il cambio risentì sinistramente di questa operazione, e, se i crediti esteri ebbero il potere di arrestare la caduta del marco per breve tempo, non poterono però scongiurarla, ché la raccolta dei fondi da versarsi era alimentata da sempre nuove emissioni. La disastrosa situazione finanziaria, che comportava condizioni gravose per la concessione di prestiti esteri, determinò une sforzo intenso. A questa difficoltà si aggiungevano quelle derivanti dalla disorganizzazione monetaria internazionale: un acquisto di divise estere di 541 milioni operato dalla Germania in occasione di questo primo pagamemo rappresentò una spesa effettiva di 568,18 milioni, con una perdita di 27,18 milioni di marchi oro.
Dopo questo pagamento e dopo quello della quota della parte variabile dell'annualità, scadente il 15 novembre, la Germania comunicava il 14 dicembre 1921 di non potere adempiere agli obblighi delle scadenze dei prossimi mesi. Da qui le riunioni di Cannes (6-13 gennaio 1922) e Parigi (8-11 marzo 1922). La Commissione delle riparazioni il 21 marzo comunicava al governo del Reich la concessione di una moratoria parziale per il 1922 e l'ammontare da versarsi entro l'anno. Alla conferenza economica di Genova (10 aprile-19 maggio 1922) la Francia si oppose a che fosse riposto in discussione il problema delle riparazioni. Il peggiorare della situazione obbligò la Germania a richiedere il 12 luglio una nuova moratoria per i pagamenti in specie sino alla fine del 1924. Tale domanda fu posta in discussione a Londra (7-14 agosto) in una riunione all'uopo convocata. Le conclusioni sue furono però nulle e il problema fu rinviato allo studio della Commissione delle riparazioni, la quale con deliberazione del 31 agosto decise di soprassedere a ogni nuova moratoria, finché fosse ultimato un progetto di riforma delle finanze tedesche, e di accettare provvisoriamente dei buoni semestrali. Una nuova domanda di moratoria pervenne da parte del Reich il 14 novembre. Oltre alla moratoria, la Germania richiedeva una riduzione della cifra totale e l'appoggio per la conclusione di un prestito per risanare le finanze. Da qui la Conferenza di Londra del 9-11 dicembre, nella quale un solo progetto veramente organico di sistemazione generale fu presentato: quello di Benito Mussolini. La conferenza fu interrotta e rinviata al 2 gennaio 1923 a Parigi. Il 26 dicembre frattanto la Commissione delle riparazioni constatava l'inadempienza tedesca per le forniture in natura.
Gli Stati Uniti d'America frattanto, che avevano respinto il trattato di Versailles ed erano addivenuti in base a una deliberazione del congresso in data 2 luglio 1921 a un trattato di pace separata col Reich, parvero dare segni d'interessamento nelle questioni europee. Il segretario di stato Hughes in un discorso, tenuto a New Haven il 29 dicembre, consigliò di affidare la sistemazione del problema delle riparazioni a un comitato di esperti, nel quale anche gli Americani sarebbero stati rappresentati. La conferenza di Parigi, continuazione di quella di Londra, nulla concluse. L'irriducibilità francese a ogni concessione e l'attaccamento inglese a un progetto presentato dal governo del Regno Unito portarono a un solo risultato: il dissenso franco-inglese. La Francia, come conseguenza di questa riunione, si accinse al controllo del bacino della Ruhr. La Commissione delle riparazioni il 9 gennaio 1923 constatava l'inadempienza tedesca nelle consegne di carbone. Il giorno successivo la Francia comunicava l'invio nella Ruhr di una missione di controllo, che doveva essere accompagnata da truppe franco-belghe. Dal suo canto il governo tedesco il 13 gennaio dichiarava di sospendere le consegne agli stati occupanti. Il giorno 16 la Commissione delle riparazioni accertava nuove inadempienze e il 26 dello stesso mese constatava l'inadempienza generale tedesca nei confronti della Francia e del Belgio.
All'occupazione della Ruhr si oppose da parte tedesca la resistenza passiva: sabotaggio dei funzionarî, sciopero degli operai. Dopo quattro mesi di lotta il governo del Reich, spinto dalle dichiarazioni di lord Curzon alla Camera dei lord intese ad affermare che il primo passo incombeva al debitore, il 2 maggio 1923 presentò delle proposte, con le quali si fissava il debito a 30 miliardi. Tale offerta essendo stata respinta, la Germania il 7 giugno indirizzava altra nota, che in sostanza confermava quella precedente e faceva presente la volontà tedesca di rimettersi per la fissazione della sua capacità di pagamento a un organo internazionale imparziale. Il 9 di detto mese da parte belga si formulava un nuovo progetto. La nota tedesca a cui il conflitto diplomatico franco-inglese, in quanto, se il governo inglese ammetteva di non considerare il documento "una base di discussione", voleva però servirsene come "punto di partenza per la ricerca di tale base".
La gravità del momento portò pure a un intervento del Sommo Pontefice. In una lettera, indirizzata il 27 giugno al cardinale segretario di stato, Pio XI elevò la sua voce, perché la questione delle riparazioni venisse esaminata "con quello spirito cristiano, che non distingue le ragioni della giustizia da quelle della carità sociale". Le discussioni franco-inglesi si prolungarono per tutti i mesi estivi, in quanto l'Inghilterra era favorevole allo sgombero della Ruhr a resistenza passiva finita e alla nomina di un comitato d'esperti internazionali. Il settembre portò la conciliazione fra Londra e Parigi (20) e la fine della resistenza passiva (26). Il 12 ottobre il governo inglese faceva richiedere agli Stati Uniti, se avessero gradito un invito alleato per partecipare all'inchiesta sulla capacità della Germania, che il Reich il 24 dello stesso mese formalmente richiese. La Commissione delle riparazioni poteva in tal modo il 30 novembre procedere alla nomina di due comitati di esperti incaricati di ricercare, il primo, "i mezzi per equilibrare il bilancio e le misure da adottarsi per stabilizzare la moneta", il secondo, "i mezzi per valutare e per fare rientrare in Germania i capitali evasi". Il problema delle riparazioni, sebbene nella cifra sua totale non fosse stato posto in discussione, venne riesaminato in funzione della ricostruzione finanziaria tedesca. Il 14 gennaio 1924 a Parigi si riunì il primo comitato, che dal suo presidente assunse poi il nome di Comitato Dawes, e pure in Parigi il 21 di detto mese cominciò i suoi lavori il secondo, presieduto da McKenna. Il 9 aprile i rapporti dei due comitati vennero rimessi alla Commissione delle riparazioni, il 16 dello stesso mese la Germania ne accettò in via generale il contenuto e il 24-25 l'Italia, il Belgio, l'Inghilterra e la Francia aderirono alle richieste formulate dagli esperti. Il 16 luglio si riunì a Londra una conferenza per l'esame delle questioni derivanti dall'applicazione del piano Dawes e il 16 agosto l'accordo fra alleati e Tedeschi era un fatto compiuto. Il 30 agosto si addivenne alla firma.
Il piano Dawes domandò anzitutto la ricostituzione dell'unità economica tedesca e formulò proposte per la creazione di una moneta stabile, e quindi di una nuova banca di emissione, per la realizzazione dell'equilibrio del bilancio statale, per la fissazione, per la raccolta e per il trasferimento delle somme, che annualmente dovevano essere versate agli Alleati.
Si fissò la costituzione di un nuovo istituto di emissione per l'introduzione di una moneta stabile in rapporto all'oro. Tale istituto doveva essere una banca privata, con capitale fissato in 400 milioni di marchi oro da sottoscriversi in parte in Germania, in parte all'estero. La sua direzione doveva essere affidata a un presidente tedesco e a un comitato di direzione pure tedesco; ma si prevedeva anche l'istituzione di un consiglio generale composto di 14 membri (7 tedeschi e 7 stranieri di nazionalità inglese, francese, italiana, belga, americana, olandese e svizzera) "con larghi poteri in relazione alle questioni d'organizzazione e di funzionamento della banca, che avrebbero potuto riguardare gl'interessi delle nazioni creditrici". Uno dei membri esteri, col titolo di commissario, doveva controllare l'emissione dei biglietti e la conservazione della riserva, fissata in ragione del 33⅓% dell'ammontare dei biglietti in circolazione. La nuova banca doveva essere la banca del governo, ma restare libera da ogni controllo governativo e doveva provvedere al servizio di deposito dei pagamenti derivanti dal trattato e alla fissazione del tasso ufficiale di sconto.
Alle raccomandazioni per la riforma monetaria seguivano quelle per la sistemazione del bilancio statale, per il cui equilibrio si richiedevano, oltre che una piena sovranità fiscale ed economica e una moneta stabile, il massimo rendimento delle imposte, e la fissazione delle somme da pagarsi agli alleati in una "cifra che rappresentasse la differenza fra il massimo delle entrate e il minimo delle spese, che la Germania doveva effettuare per i suoi bisogni". Si disponeva inoltre che, in un primo periodo il carico dei pagamenti fosse minore, e che andasse poi aumentando in ragione della crescente capacità della Germania. Tre erano le fonti alle quali la Germania doveva attingere per adempiere all'obbligo delle riparazioni:1. il bilancio ordinario; 2. le ferrovie e l'imposta sui trasporti; 3. l'industria. Il contributo del bilancio statale non sarebbe però stato pieno che al quinto anno. Per l'anno finanziario 1924-1925 nulla, infatti, si doveva versare, data l'opera di assestamento del bilancio; per il 1925-1926 era stabilita la somma di 250 milioni di marchi oro, ottenuti dalla vendita di azioni di preferenza delle ferrovie; per il 1926-1927 di 410 milioni; per il 1927-1928 di 500 milioni e per il 1928-29 (anno considerato "normale") e seguenti, di 1250 milioni. Alle ferrovie, che gli esperti ritenevano dovessero divenire redditizie, allorché, tolte allo stato, sarebbero state costituite in società anonima, si richiedevano, a titolo di pagamento del capitale d'impianto, 11 miliardi di marchi oro, rappresentati da obbligazioni ipotecarie di primo grado portanti annualmente l'interesse del 5% più l'i % per il servizio del fondo d'ammortamento. Nei primi anni, per permettere la riorganizzazione dell'amministrazione, i pagamenti sarebbero stati ridotti, e solo con l'anno normale avrebbero risposto al servizio delle obbligazioni emesse. La società esercente le ferrovie avrebbe avuto un capitale azionario di 15 miliardi di marchi oro, dei quali 2 miliardi in azioni privilegiate da realizzarsi dalla compagnia a profitto del governo tedesco e del suo proprio tesoro e 13 miliardi in azioni ordinarie di proprietà del governo. L'industria doveva partecipare al pagamento delle riparazioni per l'ammontare di 5 miliardi di marchi oro, somma rappresentata da obbligazioni ipotecarie di primo grado portanti il 5% d'interesse e l'1% per quota di ammortamento da rimettersi dal governo tedesco al trustee nominato dalla Commissione delle riparazioni. Date le particolari condizioni dell'industria, si stabiliva la rinuncia completa al servizio di tali obbligazioni per il primo anno e la fissazione dell'interesse al 2½% per il secondo, al 5% per il terzo e al 5% più l'1% per quota di ammortamento per gli anni successivi.
Le annualità in milioni di marchi oro venivano stabilite complessivamente nelle seguenti cifre:
L'ammontare complessivo del debito tedesco, come già si disse, non fu fissato. Gli esperti si limitarono a stabilire una cifra da richiedersi anche negli anni successivi al 1928-29, primo anno "normale", cifra soggetta a quelle variazioni che l'indice di prosperità avrebbe potuto determinare. Si prevedeva quindi una variazione a seconda dell'aumento o della diminuzione del valore dell'oro, clausola questa di altissimo valore per un'esatta valutazione del reale aggravio delle annualità.
Si confermavano le consegne in natura (carbone, metalli, legnami, macchine varie, prodotti chimici, colori, materiale ferroviario, motori, piroscafi; battelli fluviali, ecc.), che venivano ritenute "un elemento indispensabile dal punto di vista economico per parecchie potenze alleate" e, se contenute nei giusti limiti, "uno stimolo per la produttività della Germania" e di conseguenza un mezzo "per contribuire ad accrescere l'eccedenza della bilancia commerciale".
Quali garanzie per l'esecuzione dei pagamenti, gli esperti suggerivano i proventi delle dogane, delle imposizioni sull'alcool, sul tabacco, sulla birra e sullo zucchero, proventi che sarebbero stati versati direttamente nelle mani di un controllore e il cui ammontare sarebbe stato destinato con assoluto privilegio ai pagamenti del trattato a favore degli alleati dall'autorità esercitante il controllo.
Particolari disposizioni erano stabilite inoltre per regolare il trasferimento delle somme alle quali la Germania era tenuta, di modo che si potesse effettuare "senza compromettere la stabilità della moneta".
Il secondo comitato degli esperti, presieduto da McKenna, data la natura del compito affidatogli, non poté che presentare un rapporto di grande interesse generale, ma di effetto pratico negativo. La raccomandazione in esso formulata era di dare applicazione al piano Dawes, in quanto solo dalla sua esecuzione era previsto il ritorno "di una grande parte delle somme tedesche attualmente all'estero".
Il risultato del piano Dawes in relazione alle riparazioni può essere misurato dai trasferimenti appresso indicati (in milioni di marchi oro).
I cinque anni d'applicazione del piano Dawes stanno a significare la ricostruzione finanziaria del Reich. Il piano Dawes si può considerare come il mezzo di liquidazione della pace guerreggiata. Il piano Young infatti, che gli succede col 1930, si potrebbe definire la fine di ogni pregiudizio politico nel problema delle riparazioni. L'origine sua va ritrovata nell'accordo intervenuto a Ginevra il 16 settembre 1928 fra le cinque principali potenze creditrici, le quali disposero per la riunione di un comitato di esperti col mandato di elaborare "proposte per un regolamento completo e definitivo del problema delle riparazioni". Fatto nuovo fu l'invito a parteciparvi esteso ai delegati tedeschi. Il comitato iniziò, sotto la presidenza dello Young, i suoi lavori a Parigi il 9 febbraio 1929. Primo scopo fu fissare le somme, che la Germania doveva ancora a completa liquidazione del suo debito e che il piano Dawes non aveva naturalmente potuto determinare. I pagamenti furono stabiliti in modo da tener conto dei seguenti principî: divisione delle annualità in una parte incondizionata e in una parte differibile, necessità di continuare le consegne in natura per alcuni anni, norme per la parte differibile in tempi d'eccezionale difficoltà. Le annualità vennero così a comporsi della parte fissa di 600 milioni di Reichsmark, compreso il servizio del prestito tedesco del 1924 (prestito Dawes), e della parte variabile, che doveva portare i versamenti a un massimo di 2428,8 milioni nell'anno 1965-66 (somma globale, che non comprende però il servizio del prestito Dawes), per poi gradatamente diminuire sino a toccare nell'ultimo anno (1987-88) 897 milioni. Le somme da versarsi negli ultimi 22 anni furono fissate sulla base dei pagamenti esteri per i debiti di guerra, che i creditori erano temuti a effettuare. Le sorgenti delle annualità furono stabilite nella compagnia delle ferrovie tedesche e nel bilancio del Reich. Scomparve così come sorgente diretta l'industria. I titoli, che il piano Dawes aveva fatti sorgere a rappresentare le obbligazioni dell'industria e delle ferrovie, vennero annullati. Del pari furono abolite tutte le forme di controllo politico. L'istituzione, che del piano Young venne a formare il fondamento, fu la Banca dei regolamenti internazionali, giustificata, oltre che dalla liquidazione dei controlli politici, come conseguenza delle operazioni bancarie da effettuarsi in uno o più momenti fra il pagamento iniziale delle annualità e la distribuzione finale dei fondi". Le funzioni del nuovo istituto, che scelse per sua sede Basilea, furono previste di due ordini: una prettamente attinente al problema delle riparazioni (compiere tutto il lavoro di amministrazione esterna del piano) e l'altra generale, che fece pensare agli esperti la possibilità, che la banca col tempo "divenisse un'organizzazione offrente al commercio e alla finanza internazionale" facilitazioni finora mancanti, "quali quelle attinenti al movimento dei capitali e alla cooperazione degl'istituti di emissione". Il piano Young stabilì inoltre precise norme per il differimento del trasferimento della quota non condizionata dell'annualità, norme che prevedevano la riunione di un comitato consultivo allo scopo di esaminare la situazione che aveva condotto il debitore alla domanda di differimento. Il piano ha provveduto anche a rimaneggiare le quote di riparto dei pagamenti del debitore, che erano state in precedenza fissate dalla conferenza di Spa del 5-16 luglio 1920 (52% alla Francia, 22% all'Inghilterra, 10% all'Italia, 8% al Belgio, 0,75% al Giappone, o,75% al Portogallo e 6,5% alla Grecia, alla Romania, alla Iugoslavia e alle altre potenze non firmatarie dell'accordo ammesse al beneficio delle riparazioni). Il nuovo criterio adottato fu quello di far sì che ogni paese potesse coprire con i proventi di riparazione le sue obbligazioni per i debiti alleati e si riparò così all'ingiustizia, dalla quale gl'interessi italiani erano stati lesi a Spa. Il piano Young ottenne la sua sanzione giuridica con la conferenza dell'Aia, convocata nell'agosto 1929 per fissare le linee dell'accettazione di tale piano e contrassegnata dall'intransigenza inglese nell'esigere una parte cospicua delle annualità incondizionate; intransigenza cui Belgio, Francia e Italia dovettero accedere per i tre quarti, e accettazione perfezionatasi con l'accordo del 20 gennaio 1930 firmato del pari a L'Aia. Il 13 marzo 1930, nonostante una violenta campagna contraria, il presidente Hindenburg ratificò gl'impegni assunti, i quali, col mese di maggio per il deposito delle ratifiche a Parigi da parte delle potenze interessate, entrarono in vigore.
Il piano Young ebbe la sventura di nascere nella fase incipiente della depressione mondiale e di entrare in esecuzione nel momento, nel quale la crisi dilagava, sommando i suoi effetti ai fattori specifici di debolezza del Reich. La crisi di sfiducia nel marco fu uno dei fenomeni più salienti della situazione, che rapidamente andò precipitando. La gravità del momento determinò il Hindenburg il 20 giugno 1931 a rivolgersi telegraficamente al presidente Hoover, denunciando le condizioni del Reich, che già avevano avuto forti ripercussioni di sfiducia a Wall Street; strettamente interessata per i larghi investimenti americani in Germania. L'immediata risposta di Hoover fu l'offerta di dilazione di un anno per tutti i debiti governativi. Tale offerta determinò una riunione a Londra di esperti per il 17 luglio. Frattanto la crisi tedesca sempre più andava peggiorando e il 13 luglio fu tra i giorni più neri della storia economica del Reich. Seguirono le conferenze di Parigi (16 luglio) e di Londra (20 luglio). Da quest'ultima derivò il comitato finanziario della B. R. I. presieduto dal Wiggin (9-19 agosto), che denunciò la politica contraddittoria perseguita dal creditore principale, che richiedeva i pagamenti dei debiti e impediva nello stesso tempo, con l'ostacolare il movimento delle merci, la loro esecuzione, tesi questa, che da anni l'Italia aveva sostenuto. Tale affermazione doveva naturalmente aprire la via alla revisione del problema delle riparazioni, e il 19 novembre 1931 il governo tedesco richiese, giusta il piano Young, la costituzione del comitato consultivo speciale, che, presieduto da A. Beneduce, si riunì a Basilea (7-23 dicembre). Le conclusioni raggiunte portarono alla necessità di una conferenza, che risolvesse nella sua pienezza il problema delle riparazioni. Fu questa quella di Losanna, convocata per il 18 gennaio 1932, e tenuta poi dal 16 giugno al 9 luglio. B. Mussolini frattanto con due articoli apparsi in Il popolo d'Italia (12 e 14 gennaio) segnava le linee della liquidazione generale delle obbligazioni sorte dalla guerra. A Losanna si sanzionò la fine delle riparazioni. Il debito tedesco si estinguerà col versamento della somma di 3 miliardi di marchi oro in obbligazioni redimibili 5% da rimettersi alla B. R. I., che le negozierà, se e quando possibile, dopo un triennio dalla firma dell'accordo. L'opposizione americana a ogni revisione dei debiti, rivelatasi anche in occasione della ratifica da parte del Congresso della moratoria Hoover, portò però a includere negli accordi di Losanna la clausola della sospensione della loro ratifica collettiva sino al regolamento dei debiti alleati.
Per quel che riguarda la situazione economica e finanziaria della Germania nel periodo in esame, v. Germania: Finanze, XVI, p. 708 segg.
Austria. - L'obbligazione delle riparazioni fissata dal trattato di S. Germano a carico dell'Austria, che era sopravvissuta alla sospensione dei pagamenti concessa nel 1920 dalla Commissione delle riparazioni, è stata completamente annullata dall'accordo dell'Aia del gennaio 1930.
Ungheria. - Anche l'Ungheria per il trattato del Trianon era tenuta all'obbligo delle riparazioni. Nel 1924, in occasione della ricostruzione finanziaria operata dalla Società delle nazioni, la Commissione delle riparazioni provvide a formulare uno "stato dei pagamenti" sino al 1943 e la conferenza dell'Aia, che si trovò a trattare pure della questione degli optanti, portò ai successivi accordi di Parigi (aprile 1930), con i quali furono fissate le annualità successive al 1943. La moratoria Hoover intervenne anche nei confronti dell'Ungheria, e gli accordi di Losanna stabilirono la costituzione di un comitato per il riesame delle "riparazioni non tedesche". Non essendosi costituito tale comitato, l'Ungheria ebbe a fruire di un prolungamento della moratoria.
Bulgaria. - Il trattato di Neuilly fissò l'ammontare del debito di riparazione della Bulgaria, a differenza degli altri trattati, che lasciarono insoluto il problema. La Bulgaria si assunse di pagare 2,5 miliardi di franchi oro in 37 annualità. L'impossibilità di fare fronte al primo versamento determinò l'invio a Sofia nel febbraio 1921 di una commissione interalleata. Successivamente furono condotte trattative per alleviare le annualità. L'accordo dell'Aia del gennaio 1930 provvide a rimettere parte del debito. La sospensione dei pagamenti Hoover ripose pure per la Bulgaria il problema delle riparazioni, problema che, rientrando nella ricordata disposizione degli accordi di Losanna, rimase sospeso in attesa della riunione del comitato previsto.
Debiti interalleati. - Dato che il problema delle riparazioni è intimamente connesso, sia per la comune origine, sia per i suoi sviluppi, con quello dei debiti interalleati, sarà bene accennare qui brevemente anche alla storia di questi ultimi. L'opera di finanziamento alleato si può dividere in due periodi: il primo di prevalenza inglese, anteriore all'intervento degli Stati Uniti, il secondo di prevalenza americana. Per le spese da effettuarsi nei paesi alleati fu posto il principio che ogni stato dovesse finanziare gli associati per gli acquisti fatti entro i proprî confini. Il governo inglese, appena ultimata la guerra, prospettò a quello americano la cancellazione dei debiti. Alla conferenza della pace il problema fu ripreso, ma urtò contro la netta intransigenza americana, chiaramente espressa nel marzo 1919. Con legge 9 febbraio 1922 il Congresso americano tolse al Tesoro le facoltà relative ai prestiti, demandandole a una speciale commissione, la World War Foreign Debt Commission. Conseguenza di questo indirizzo politico fu la nota dell'Inghilterra, detta Nota Balfour, del 1° agosto 1922 ai suoi debitori, con la quale si richiedeva il pagamento dei crediti inglesi in proporzione di quanto era necessario per fare fronte ai suoi obblighi verso gli Stati Uniti. Alla conferenza di Londra del dicembre 1922 B. Mussolini faceva consacrare per la prima volta in un comunicato ufficiale la connessione del problema delle riparazioni con quello dei debiti alleati. L'intransigenza americana a ogni cancellazione portò agli accordi di regolamento dei varî debiti, iniziati dall'Inghilterra nel 1923 e successivamente conclusi nel 1925 dal Belgio, dall'Italia e dalla Romania nel 1926 dalla Francia, dalla Iugoslavia e dalla Grecia. In pari tempo accordi erano conclusi fra l'Inghilterra e i suoi debitori. L'opposizione americana a riconoscere il rapporto d'interdipendenza, che unisce riparazioni e debiti alleati, costantemente mantenuta, anche quando il piano Young stabilì una dipendenza di fatto fra i due debiti, rappresentò il fattore di maggiore turbamento nella liquidazione finanziaria della guerra. La moratoria Hoover pareva avere aperto una via alla chiara comprensione della situazione europea. Al suo scadere nessun accordo è intervenuto a regolare la gravosa questione. Il 15 dicembre 1932 i debitori furono invitati a fare fronte ai loro pagamenti. La Francia si oppose a ogni versamento e sorse allora la divisione fra debitori solventi e insolventi, che nella mente di Hoover doveva condurre a facilitazioni a favore dei primi per la pronta definizione dei rapporti. Nel gennaio 1933 dopo l'intervista Hoover-Roosevelt il governo americano si dichiarò disposto a un riesame del problema e a richiedere per il marzo l'invio di una delegazione inglese a Washington. I successivi incontri fra Roosevelt e gli uomini di stato europei lasciarono insoluta la questione e il 15 giugno 1933, atteso il fatto della conferenza mondiale di Londra, fu richiesto ai creditori un pagamento simbolico a conferma della loro obbligazione. L'esito negativo di tale conferenza determinò il governo inglese a richiedere a Washington il riesame della questione. Una delegazione inglese partì da Londra il 27 settembre e il 5 ottobre furono iniziati i colloquî, che stante la preoccupazione di Roosevelt per la situazione interna a nulla approdarono. Un nuovo pagamento simbolico fu richiesto alla scadenza del 15 dicembre 1933. La questione è tuttora insoluta.
Bibl.: Sulle riparazioni pagate dalla Francia in seguito alla sconfitta del 1870, v. L. Say, Les finances de la France sous la troisième République, I, Parigi 1898. Sulle riparazioni derivate dalla guerra mondiale, v., per una bibliografia completa sino al 1929, H. Svejstrup, Die Schuldenlast des Weltkrieges, Berlino 1929 e inoltre: J. M. Keynes, The economic consequences of the Peace, Londra 1920; id., A revision of the Treaty, ivi 1922; H. G. Moulton e C. McGuire, Germany's capacity to pay, New York 1923; R Dawes, The Dawes Plan in the Making, Indianapolis 1925; K. Bergmann, Der Weg der Reparationen, Francoforte 1926; E. Fossati, Dalla Corona allo Schilling, Pavia 1927; id., L'Ungheria economica, Padova 1929; id., Il Rapporto del Comitato consultivo speciale della B. R. I., Pavia 1931; id., Le problème des Réparations, Budapest 1931; id., Le conseguenze finanziarie della guerra. Il problema delle riparazioni e i debiti alleati, Padova 1931; G. P. Auld, The Dawes Plan and the new economics, New York 1927; H. G. Moulton e Pasvolky, World War Settlements, Londra 1927; H.-D. Gideonse, Transfert des Réparations et Plan Dawes, Losanna 1928; M. Sering, Deutschland unter dem Dawesplan, Berlino 1928; A. Cabiati, Da Versailles all'Aia, Torino 1929; B. M. Baruch, The making of Reparations and economic sections of the Treaty, New York 1930; H. Beckerath, Reparationsagent und deutsche Wirtschaftspolitik, Berlino 1930; M. J. Bonn, Der neue Plan, ivi 1930; F. Flora, La liquidazione finanziaria della guerra. I piani Dawes e Young, Padova 1930; id., La contabilità della guerra, Milano 1933; E. Salin, Die deutschen Tribute, Berlino 1930; C. Bresciani Turroni, I limiti del trasferimento di un tributo, Padova 1930; id., Le vicende del marco tedesco, Milano 1931; id., Le previsioi economiche, Torino 1933; id., Inductive verificatin of the theory of international payments, Cairo 1933; H. Schacht, as Ende der Reparationen, Oldemburgo 1931; D. Lloyd George, La verità sulle riparazioni e i debiti di guerra, trad. ital., Milano 1932; G. E. Heinecke, L'heure finale des Réparations, Ginevra 1932; J. Jessen, Reparationen, in Wörterbuch der Volkswirtaschaft, Jena 1933; G. F. Simonetti, Fra Versailles e Washington, Milano 1933.
Documenti ufficiali: Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano. Verbali e documenti delle conferenze interalleate di Londra e di Parigi sulle questioni delle riparazioni tedesche e dei debiti interalleati, 26 febbraio 1923 (Roma); Combined annual Reports of the World War Foreign Debt Commission, fiscal years 1922, 1923, 1924, 1925, 1926, Wasghinton 1927; Commission des Réparations, Rapport des Comités des Experts, Parigi, 9 aprile 1924; id., Rapport du Comité des Experts constitué en vertu de la décision prise à Génève le 16 Septembre 1928, ivi 1929; Rapporto del Comitato finanziario costituito dietro raccomandazione della Conferenza di Londra del 1931, Basilea 1931; Rapporto del Comitato consultivo speciale della B. R. I., ivi 1931; The execution of the Experts' Plan (Reports of the Agent General, ecc.), Berlino 1925-1930; Banca dei regolamenti internazionali, Relazioni annuali, Bsilea 1930-1934.